sabato 28 marzo 2015

La STRADA verso ITACA


La Compagnia Teatrale FIORI di CARTA ha il piacere di invitarti ad assistere alla performance
 La   STRADA   verso   ITACA
                                       ideata  e  diretta  da  CLELIA CUCCO
                                                                                                                                                                                                                 con
                   CLELIA CUCCO (attrice), GABRIELLA di NAPOLI (aiuto regia/attrice), GIUSEPPE MONTAPERTO (attore), STEFANIA SPERANDEO (attrice), CLAUDIA ARGENTO (performer wing tsun), ALESSIO CAMPOFIORITO (performer wing tsun), ALESSIO RAMPOLLA (performer thai chi) costumi, FIORI di CARTA, GABRIELLA DI NAPOLI, effetti sonori
 
          domenica 29 marzo ore 12 / ex-scuderie del Castello dei Ventimiglia / Museo Civico di Castelbuono
 
      nell’ambito della inaugurazione della mostra  “ Sirens” di VIRGINIA RYAN e FREDERIC BRULY BOUABRE’
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per comunicazioni:
Associazione Culturale Fiori di Carta
Associazione Culturale Enzo La Grua
Cucco dott. Vincenzo – cell. 329 4516427
Cucco dssa  Clelia      – cell. 320 4207741

1° CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA

L’Associazione “Cento per l’arte e la cultura” in collaborazione con “l’Accademia della Cultura - Teatro Giani” Indice ed organizza il

1° CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA
“URBE PARTHENICUM” – prima edizione

Art.1 - Il concorso si compone di 5 sezioni :
Sez.A : poesia edita o inedita in vernacolo siciliano a tema libero “Targa Antonino Oliveri”
Sez.B : poesia edita o inedita in lingua italiana a tema libero “Targa Giuseppe Longo”
Sez.C : racconti editi o inediti in lingua italiana a tema libero  “Targa Raffaele Ganguzza”
Sez.D : libri editi di narrativa pubblicati da case editrici dal 2008 al 2015 riportanti il codice ISBN “Targa Salvatore Bonnì”;
Sez.E : Libri editi di carattere storico sulla Sicilia pubblicati da case editrici dal 2008 al 2015 riportanti il codice ISBN “Targa Giuseppe Maria Di Bartolomeo”
Art.2 – Il concorso è aperto a tutti i residentI nel territorio Italiano;
Art.3 - I partecipanti dovranno inviare un’opera edita o inedita entro il 15 luglio 2015. Farà fede la data del timbro postale o la data e l’ora dell’email  ricevuta;
Art.4 - Gli elaborati dovranno essere spediti nelle seguenti modalità:
- Per posta : in busta chiusa indirizzata alll’Ass.Cento per l’arte e la cultura” via Bellini,3 90047 Partinico (PA). Il plico di partecipazione dovrà contenere : per le sezioni A, B, C 4 copie dell’elaborato, per le sezioni D, E n. 2 copie; i dati personali dell’autore ( nome, cognome, indirizzo, città, cap, numero di telefono, cellulare,indirizzo e-mail); dichiarazione firmata che l’opera è di propria esclusiva creazione; l’autorizzazione al trattamento dei dati personali prevista dalla vigente normativa sulla privacy; solo ai fini del concorso, la rinuncia ad ogni diritto nascente dall’opera che si trasmette;  la ricevuta del versamento o banconote in contanti; n.1 CD contenente il file dell’elaborato.
- Via e-mail : all’indirizzo di posta elettronica dell’Associazione : segreteria@centoxlarteelacultura.it
L’e mail dovra contenere il file dell’elaborato, i dati personali dell’autore nonché la dichiarazione firmata che l’opera è di propria esclusiva creazione e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali prevista dalla normativa vigente sulla privacy; solo ai fini del concorso, la rinuncia ad ogni diritto nascente dall’opera che si trasmette e la ricevuta del versamento della quota d’iscrizione. Per i minori è d’obbligo l’autorizzazione firmata dai genitori.
Art.5 - Le opere relative alla sez. A e B (edite o inedite) non dovranno superare i 50 versi. Le opere relative alla sez.C (edite o inedite) dovranno essere di max 10 cartelle ( 30 righe a cartella).
Le opere relative alla sez. D(edite) : qualsiasi lunghezza e qualsiasi genere.
Le opere relative alla sez. E(edite) : qualsiasi lunghezza e riferite alla storia della Sicilia.
Art.6 - Per le sez. A e B si potrà partecipare con massimo due opere poetiche. Per le sez.C, D ed E si potrà partecipare con una sola opera.
Art. 7 - Le opere non saranno restituite  e faranno parte della Biblioteca dell’Associazione. Inoltre non è previsto alcun  rimborso per i partecipanti.
Art. 8 - La quota di partecipazione è fissata in € 10,00 per ogni sezione. L’importo,  da inserire nella busta contenete i dati, dovrà essere corrisposto in contanti o versato sul c/c dell’Associazione “Cento per l’arte e la cultura” via Bellini 3 Partinico :  IBAN-  IT75L0760104600001001598992.
Art.9 - L’associazione declina ogni responsabilità in caso di smarrimento del plico durante la spedizione.
Art.10 - Gli elaborati, divisi nelle sezioni come indicato dall’autore, saranno sottoposti al giudizio di una giuria nominata dal Promotore del concorso. La giuria determinerà una classifica basandosi sulla propria sensibilità artistica ed umana, in considerazione della qualità dello scritto, dei valori dei contenuti, della forma espositiva e delle emozioni suscitate. Il  giudizio della giuria sarà inappellabile ed insindacabile. Ogni elaborato deliberatamente offensivo o volgare verrà squalificato ed escluso dal proseguo della manifestazione.
Art. 11 – Sono previsti i seguenti Premi:
- 1° classificato per ogni sezione: Targa d’argento, diploma, Litografia;
- 2° classificato per ogni sezione :  Medaglia, diploma, litografia;
- 3° classificato per ogni sezione  : Medaglia, diploma, litografia;
La Giuria si riserva la facoltà  di assegnare   menzioni e segnalazioni.
Ad ogni concorrente non premiato sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
Art.12 - La manifestazione di premiazione verrà realizzata nella splendida cornice del  Teatro “Lucia Gianì” di Partinico presumibilmente nel mese di Ottobre 2015. L’evento verrà pubblicizzato attraverso la stampa nazionale, Tv locali e regionali.
Art.13 - I vincitori saranno avvisati via email o telefonicamente o per raccomandata postale relativamente alla data, luogo, e ora della premiazione. Coloro che verranno contattati e non potranno presenziare alla cerimonia di premiazione, perderanno ogni diritto sul premio che andrà all’autore che segue in graduatoria. E’ obbligatoria la conferma della presenza da comunicare almeno 15 giorni prima della data dell’evento.
Art. 14 – Gli autori degli elaborati, per il fatto stesso di partecipare al concorso, cedono il diritto di pubblicarli su una eventuale Antologia in formato digitale o cartaceo senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore. I diritti rimangono comunque di proprietà dei singoli autori.
Art.15 – La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del presente regolamento, senza alcuna condizione o riserva. La mancanza di una sola delle condizioni che regolano la validità dell’iscrizione determina l’automatica esclusione dal concorso letterario.
Partinico li 20 Marzo 2015
                                                                                                       IL Presidente
                                                                                                    (Prof.Vincenzo Di Paola)

domenica 22 marzo 2015

L'Arte corre in soccorso alla Cultura - Mostra di arte contemporanea (27 marzo 2015)

La Biblioteca Francescana di Palermo

è lieta di invitarvi alla seconda edizione de

 L'Arte corre in soccorso alla Cultura
 Mostra di arte contemporanea
 27 marzo 2015, ore 17.00
 

 

Con “Economia e Medicina nella Storia dell’Italia Moderna” del Prof. Giorgio Cosmacini di Milano si aprono le Giornate Culturali dell’Acqui Storia 2015

Il ciclo delle Giornate Culturali dell’ “Acqui Storia”, tradizionale iniziativa aperta al pubblico, in cui valenti figure del panorama culturale italiano presentano propri volumi , su rilevanti tematiche storiche  e di attualità, propone uno dei più importanti cattedratici e storici della medicina italiani. Sarà ospite del Premio Acqui Storia il Prof. Giorgio Cosmacini, docente di “Storia della Medicina” dell’Università Statale di Milano, nonché docente di “Storia della Scienza” dell’Università “Vita-Salute San Raffaele” di Milano. L’incontro si terrà in Acqui Terme giovedì 26 marzo alle ore 17,30 presso la sala conferenze di Palazzo Robellini, in piazza Levi 5. Nell’occasione il prof. Cosmacini presenterà il suo libro “La scomparsa del dottore – storia e cronaca di una estinzione”, edito da Raffaello Cortina Editore in Milano. L’incontro è promosso dal Premio Acqui Storia, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dall’Istituto Nazionale dei Tributaristi, presieduto dal dott. Riccardo Alemanno. La figura di Giorgio Cosmacini è di tutto rilievo. Laureato in Medicina e Chirurgia ed in Filosofia, è stato per alcuni anni Primario radiologo presso l’Ospedale Maggiore – Policlinico di Milano. La passione per gli studi storici e filosofici lo hanno portato a dedicarsi allo studio della Storia del Pensiero Medico, fino a farne un vero e proprio protagonista. E’ attualmente considerato il più rilevante storico della Medicina italiano vivente.
Di grande spessore sono i suoi studi che ripercorrono il cammino nei secoli della Scienza e della Professione medica (in edizioni di Laterza e Raffaello Cortina). Emblematici della sua attività di medico e studioso sono i volumi “Lettera a un medico sulla cura degli uomini”(Laterza 2003), “Testamento biologico” (Il Mulino 2010), “Compassione” (Il Mulino 2012). Membro onorario di Comitati Scientifici e Società mediche, nonché collaboratore nelle pagine culturali del “Corriere della Sera”,dirige per l’editore Laterza la collana “Storia della Medicina e della Sanità”.
Il tema affidato a Cosmacini vuole offrire all’uditorio un taglio in parte storico, in parte di grande attualità, oltretutto ben noto ai cittadini acquesi oggi:il manifestarsi nell’Italia moderna di un contesto socio-politico in cui le esigenze economiche emergenti hanno vieppiù condizionato l’offerta sanitaria nazionale. In tale contesto, che si può collocare nei decenni seguiti al secondo dopo-guerra, la stessa figura del medico si è andata gradualmente modificando. La meritoria immagine del “mio dottore”, nota a tante generazioni, è andata via via in dissolvenza, si è svuotata fino a lasciare di sé, soprattutto nelle persone più mature, soltanto un ricordo permeato di rimpianto. Oggi, “il dottore” non c’è più, ma quello che conta, nell’approccio che emerge dagli scritti di Cosmacini, al di là dell’elogio del passato, è il non rassegnarsi all’idea che i suoi pregi e principi debbano considerarsi un patrimonio irrimediabilmente perduto, pur nella crisi socio-economica attuale. In essa, i tagli al fabbisogno, la leva fiscale e le nuove imposte per la sicurezza sociale,l’imposizione di ticket unita al taglio dei posti-letto ed alla revisione dei budget, hanno imposto rilevanti mutamenti alla elargizione dei servizi sanitari. In questi,il medico, pur nella disponibilità di rilevanti innovazioni nelle cure, sembra manifestarsi in netta discontinuità col passato. La benemerita socializzazione della Medicina ,infatti,si è ribaltata in una crescente medicalizzazione della Società. Da qui il paradosso di dover apportare “umanità” a comportamenti che umani dovrebbero essere per definizione, ma che tali non sono. Un medico dunque “impersonale” e lontano da quella figura che un tempo si era soliti definire come “il mio dottore”.
Argomenti, si può ben capire, di grande interesse ed attualità per tutti, che sicuramente accenderanno il dibattito fra il pubblico, i giornalisti presenti ed il relatore. Introdurrà e modererà l’incontro Carlo Sburlati, Responsabile Esecutivo del Premio Acqui Storia. L’oratore sarà presentato dal dott. Giuseppe Gola, docente presso l’Università “Vita – Salute San Raffaele” di Milano.

“Sii Saggio, Guida Sicuro” (incontri formativi e concorso)

NAPOLI, 18 MARZO 2015 - “Sii Saggio, Guida Sicuro”: è questo lo slogan attraverso il quale anche nel 2015 l’Associazione culturale e di promozione sociale “Meridiani”, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, il Comune di Napoli e l’Associazione Nazionale Amici delle Strade, con il patrocinio della Regione Campania, Anas e Bucher Municipal, chiama a raccolta tutte le Scuole secondarie di primo e secondo grado campane. Il progetto, giunto alla quinta edizione, è stato presentato questa mattina presso la Sala del Centro Europeo di Studi di Nisida e punta a stimolare la discussione e la riflessione sui temi della sicurezza stradale, delle misure di prevenzione e della tecnologia, aprendo le porte al dibattito e al confronto tra famiglie, scuole, Enti Locali e Forze dell’Ordine per sensibilizzare i giovani ai corretti comportamenti da assumere in strada. All’incontro erano presenti Gianluca Guida, Direttore Istituto Penale per Minorenni di Napoli, Agostino Pedone, Presidente Onorario Associazione Meridiani, Annamaria Palmieri, Assessore alla Scuola e all'Istruzione del Comune di Napoli, Luisa Franzese, Direttore MIUR-Campania, Stefano Granati, Presidente Associazione Nazionale Amici delle Strade, Sergio Vetrella, Assessore Regionale con delega ai Trasporti e Viabilità E don Tonino Palmese, Vicario Episcopale per la Carità e la Pastorale Sociale.
A partire da domani e fino al 20 maggio, l’Associazione “Meridiani” inviterà le Scuole secondarie di primo e secondo grado di tutte le province campane a incontri formativi incentrati sul tema della sicurezza stradale e a partecipare al concorso di idee “Scrivi sul pannello a messaggio variabile!”.
I momenti formativi
Educare alla sicurezza stradale, infatti, significa anche prevedere momenti formativi dedicati all’approfondimento dei fattori di rischio che influenzano la sicurezza dell’utente della strada, sia esso pedone, ciclista, motociclista o automobilista. Il progetto “Sii saggio, guida sicuro” prevede  incontri formativi in tutte le province campane all’interno dei quali gli alunni delle scuole  incontreranno personale esperto messo a disposizione da ANAS, Bucher Municipal (azienda leader nella produzione di veicoli comunali per la pulizia stradale, la rimozione della neve e la raccolta dei rifiuti per spazi pubblici e privati), Associazione Nazionale Amici delle Strade, Istat, Esercito Italiano, Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia Stradale, Polizia Locale, Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana e Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Il concorso di idee
Parallelamente le classi degli istituti campani potranno partecipare al concorso di idee “Scrivi sul pannello a messaggio variabile!”, inviando entro il 20 maggio un messaggio sulla sicurezza stradale lungo non più di 45 caratteri e incentrato sui comportamenti non corretti alla guida, sull’uso improprio del telefono cellulare, sull’eccesso di velocità e sui rischi connessi alla guida in stato di ebbrezza. I messaggi andranno inviati tramite PEC all’indirizzo di posta elettronica certificata associazionemeridiani@pec.it. Una commissione costituita da esperti in sicurezza stradale e giornalisti del settore selezionerà i messaggi più efficaci che appariranno sui pannelli a messaggio variabile presenti lungo i tratti di competenza ANAS su tutto il territorio nazionale; i primi dieci istituti classificati vinceranno pc e tablet mentre i lavori pervenuti saranno inseriti sul sito www.stradeanas.it e sul network di ANAS. La cerimonia di premiazione avrà luogo il prossimo 6 giugno in piazza Plebiscito, dove sarà allestito il villaggio “Sii saggio, guida sicuro” nel quale saranno presentati agli studenti materiali e mezzi per la sicurezza stradale e sarà distribuito materiale informativo da parte degli Enti coinvolti nel progetto.

BRIGANTI SE MORE - Concorso letterario sull'insorgenza

 
Festival dell'Appennino
presenta
 
BRIGANTI SE MORE
 Concorso letterario sull'insorgenza

 FOLIGNANO (AP)


BANDO DI PARTECIPAZIONE
La partecipazione al concorso letterario BRIGANTI SE MORE è riservata a 5 scrittori o giornalisti individuati dall'organizzazione del Festival dell'Appennino aventi in curriculum almeno un titolo pubblicato in lingua italiana.
 Gli scrittori o giornalisti possono essere italiani e non e dovranno accettare e sottoscrivere le condizioni del presente bando:
 1) potranno partecipare solo coloro che sono disponibili a vivere un residenziale di 5 giorni e 4 notti da tenersi nel territorio del Comune di Folignano da lunedì 18 a venerdì 22 maggio 2015. Il vitto e l'alloggio saranno a carico delle famiglie di Folignano coinvolte nel progetto che ospiteranno gli iscritti nelle proprie case. I partecipanti saranno a contatto con la famiglia rispettandone i ritmi, le ideologie e le abitudini e tenendo un rapporto di amicizia e decoro per tutta la durata del soggiorno.
 2) potranno partecipare solo coloro che sono disponibili a tornare a Folignano sabato 13 giugno 2015 per la serata di premiazione del concorso.
 3) I partecipanti dovranno produrre un'opera originale di prosa o poesia o dialogo teatrale o reportage in lingua italiana sul tema dell'insorgenza non più lunga di 4 cartelle e non più breve di 2 cartelle scritte in foglio A4 con carattere Times New Roman formato 12.
 4) I 5 giorni di residenziale saranno utilizzati per raccogliere fonti, informazioni e spunti per l'opera nel territorio dei comuni di Folignano (AP) e Civitella del Tronto (TE). La stesura definitiva dell'opera dovrà essere invece inviata entro venerdì 29 maggio alle ore 24 alla mail mortimermcgrave@libero.it, corredandola con nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza e codice fiscale.
 Ai 5 partecipanti verrà riconosciuto un rimborso spese viaggio pari a 300 € a testa, da consegnare durante la serata della premiazione. All'unico vincitore del concorso verrà consegnato un assegno supplementare di 300 €.
Il tema dell'insorgenza è imprescindibile dal territorio e dal concorso. Tra Folignano e Civitella del Tronto passava il confine tra Stato della Chiesa e Regno delle Due Sicilie e parecchi furono gli scontri con gli insorgenti. Sarà compito dell'organizzazione agevolare la ricerca mettendo in contatto gli autori con storici, artisti, persone, fonti e archivi per approfondire le vicende territoriali.
 Le opere saranno valutate, ad insindacabile giudizio, esclusivamente da una giuria di esperti formata da letterati, cultori delle tradizioni del territorio, giornalisti ed editori.
 Il responso della giuria verrà emesso solo nel corso della serata di premiazione dove degli attori professionisti, con accompagnamento musicale, reciteranno tutti i testi nella loro forma integrale. Gli autori saranno chiamati a partecipare e a ritirare i rimborsi nel corso della serata. Non ci saranno piazzamenti ma solo il riconoscimento dell'opera vincitrice del concorso.
 Le opere resteranno di diritto proprietà degli autori ma potranno essere utilizzate dai Comuni di Folignano e Civitella del Tronto e dall'organizzazione del Festival dell'Appennino per scopi promozionali del territorio
 Per ogni altra informazione scrivere a mortimermcgrave@libero.it

martedì 17 marzo 2015

A proposito di Penitenti

di Carmelo Fucarino
 
C’è a Trastevere una chiesetta dedicata a San Francesco d’Assisi a Ripa Grande, il primo e unico santuario francescano, ornato di preziosi tesori, per tutti la sconvolgente statua giacente di Gian Lorenzo Bernini (1674), agonia della beata Ludovica Albertoni, estasi di esplosiva sensualità, stupore del bianco marmoreo su quell’abbagliante drappo in diaspro. Nonostante l’antichità dell’ordine i fraticelli in povertà istituzionale si sono valsi del modernissimo crowdfunding sul diffuso kickstarter per raccogliere 130 mila euro. Mi commuove in proposito il ricordo del fraticello che, metodico come le rondini, giungeva sulla nostra aia con l’asinello e la bisaccia per l’offerta del grano. Il nostro umile fra’ Caldino prizzese alla cerca del grano. L’odierna “cerca” elettronica è dedicata e necessaria per un intervento assai particolare e straordinario. C’è nel convento del santuario trasteverino una cella in cui soleva soggiornare nei sui viaggi a Roma (quattro tra il 1209 e il 1223) S. Francesco, quando scendeva a piedi la valli umbre per incontrare Innocenzo III e chiedergli l’approvazione della Regola.
Qui sorgeva l'abitazione del nobile romano Graziano Frangipane del ramo dei Settesoli, famiglia usa, come rivela il cognome, a distribuire pane ai poveri. Stava sui resti del ninfale Septizonium, eretto nel 303 da Settimio Severo come ala aggiunta della sua Domus Augustana. Qui si sarebbe tenuto il conclave del 1198 che elesse l’energico Innocenzo III, il tutore di Federico II, stupor mundi. Nella vicina Torre della Moletta la vedova Jacopa de’ Settesoli avrebbe ospitato Francesco e i suoi penitenti di Assisi nel 1223. Forse quei compagni che nel 1208 diedero inizio alla fraternità dei viri poenitentiales de civitate Assisii oriundi. Erano i primi e assai celebri Penitenti. O almeno così passarono nelle Cronache del Tredicesimo secolo, anche se l’ordo dei Frates de poenitentia era assai più antico e serviva alla Chiesa come strumento di lotta contro le eresie. Tralasciamo gli orrendi Flagellanti, anche se ancora oggi si sa di cristiani milanesi che di giorno fanno i politici e di notte praticano il cilicio. L’elemento che li distingueva indistintamente era la mutatio habitus, la scelta di quello scuro saio di lana grezza che tanti adottarono e che marcò la loro scelta di vita. La penitenza volontaria da una semplice apparizione pubblica in chiesa fu in seguito sottoposta ad una ferrea iniziazione di un anno. Si imponeva come altro distintivo la tonsura e la scarsa cura di barba e capelli. Esclusa naturalmente la vita mondana, esecrandi gli spettacoli di giullari e menestrelli, banditi i banchetti, peccaminosi e occasioni di risse, proibito il commercio, occasione di truffe. Il ricco mercante era pubblico peccatore.
Ci sarebbe tanto da dire, ma a noi interessa la vicenda della Jacopa, detta anche de’ Normanni, vedova tra il 1210 e il 1216, con la sua “casa dei frati”. Si trattava dell’Ospedale di S. Biagio a Trastevere cedutole dai Benedettini e ove almeno una volta soggiornò anche S. Francesco. Nel 1231 dopo la sua canonizzazione fu trasformato in convento e qui si mostra oggi la cella ove avrebbe soggiornato il Poverello. Il rapporto di devozione e di amicizia tra frate e vedova divenne così stretto che lui chiamò Chiara “sorella”, lei “frate Jacopa”. Celebre l’affidamento dell’agnellino che divenne compagno inseparabile della donna, tanto che «la signora teneva con ammirazione e amore quell'agnello, discepolo di Francesco e ormai diventato maestro di devozione» (S. Bonaventura, Leg. maior, cap. VIII, n. 7). E il ritratto fattosi fare per avere sempre vicina la sua immagine, ora nel romitaggio di Greccio. Ma soprattutto commovente il miracolo nell’approssimarsi della morte. Sentendo giunta la fine Francesco inviò a Jacopa una lettera: «A donna Jacopa, servo dell’Altissimo, frate Francesco, poverello di Cristo, salute nel Signore e unione nello Spirito Santo. Sappi, carissima, che Iddio, per sua grazia, mi rivelò che la fine della mai vita è ormai prossima. Perciò, se vuoi trovarmi vivo, vista questa lettera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli. Se verrai non prima di sabato non mi potrai trovare vivo. E porta con te un panno oscuro in cui tu possa avvolgere il mio corpo, e i ceri per la sepoltura. Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo a Roma.» (FF 253-255). Narra ancora Celano che il messo si accingeva a partire quando si ode uno scalpitio di cavalli, un rumore di soldati, l'affluire di una comitiva. Era Jacopa. All’annunzio Francesco «Benedetto Iddio, il quale ci ha mandato il fratello nostro donna Giacoma! Ma aprite le porte, fatela entrare e conducetemela, perché per frate Giacoma non va osservata la clausura stabilita per le donne». Esultano gli ospiti tra le lacrime e perché nulla mancasse al miracolo, si ritrova che la santa donna aveva recato con sé un panno di color cinericcio, nel quale involgere il povero corpo del morente, e molti ceri, la sindone pel volto, un cuscino pel capo, e un certo cibo che al Santo piaceva, e tutto ciò che aveva desiderato lo spirito di lui, aveva suggerito pure il Signore (Celano, Trattato dei Miracoli, nn. 37-38).
Nello Speculum perfectioni (XI, 112) Francesco diceva al messo che avrebbe per grande grazia e consolazione se le spiegasse il suo stato e specialmente le spiegasse di mandargli quel panno religioso simile alla cenere e con esso anche quel cibo che gli faceva spesso nell’Urbe (ut de panni religioso qui in colore assimilari cineri mittat mihi et cum ipso panno mittat etiam de illa comestione quam in Urbe mihi pluries fecit). Si spiegava che i Romani chiamano quel cibo mortariolum, quae fit de amygdalis et zucario et de aliis rebus. La pia, innamorata del Santo, gli preparava nei suoi soggiorni romani i dolci nostri mustazzoli.
Questo piccolo dono ho voluto fare a quei sant’uomini e quelle sante donne dei Penitenti, amici devoti di Tommaso Romano (come si dice, tra parentesi e in segreto la Maria Patrizia Allotta, Elide Triolo, Giuseppe Bagnasco, Vito Mauro), per esaltare un dolce nostro che va troppo imbastardendosi rispetto all’uso antico. Basta un giro online per conoscere le ricette più bizzarre.
E nello stesso tempo ricordare il “Memoriale del progetto di vita dei fratelli e delle sorelle della penitenza, viventi nelle proprie case”, iniziato nell’anno del Signore 1221, «Incomincia la regola di vita dei fratelli e delle sorelle penitenti».

mercoledì 11 marzo 2015

AMOR LIBRORUM e VIAGGIATRICI STRANIERE IN SICILIA - MOSTRA BIBLIOGRAFICA

AMOR LIBRORUM e VIAGGIATRICI STRANIERE IN SICILIA
MOSTRA BIBLIOGRAFICA

14 e 15 marzo 2015
Sala azzurra dell’Hotel delle Palme, Palermo.
 
Sabato 14 e domenica 15 marzo 2015, la dodicesima edizione della mostra di stampe e libri antichi AMOR LIBRORUM sarà affiancata dalla mostra bibliografica sulle VIAGGIATRICI STRANIERE IN SICILIA. Ambedue le mostre si terranno nella sala azzurra dell’Hotel delle Palme in via Roma n. 398 a Palermo con orari dalle 10,00 alle 20,00 e ingresso libero.
Le incisioni settecentesche da quadri di Rubens e Van Dyck affiancheranno le fotografie ottocentesche di Palermo dei fratelli Tagliarini, di Sommer e di Incorpora. La prima edizione che è anche opera prima, rarissima, degli “Ossi di seppia” di Eugenio Montale del 1925 starà accanto alla prima edizione del dizionario siciliano-italiano del Mortillaro stampata a Palermo nel 1838.
Delle 24 viaggiatrici straniere in Sicilia, di cui vengono esposti i libri pubblicati tra il 1799 e il 1957, risultano notevoli alcune affermazioni che sfatano i più sgradevoli stereotipi come quella che scrive Emily Lowe nel 1859: “In Sicilia, come in Norvegia, potevano viaggiare tranquillamente donne sole senza accompagnatori”. Altre affermazioni confermano i più odiosi luoghi comuni come scrive Frances Elliot nel 1879: “La severa e repellente solitudine dei dintorni di Palermo dispone l’anima al crimine”. Luci ed ombre, così ieri come oggi, nei resoconti di donne che hanno visitato la Sicilia in lungo e in largo.

MOSTRA DI LIBRI ANTICHI + MOSTRA BIBLIOGRAFICA: VIAGGIATRICI STRANIERE IN SICILIA
 
di Damiano Calabrese
 
Sono ventiquattro le viaggiatrici che dal 1799 al 1957 hanno visitato la Sicilia di cui sono presentati i resoconti a stampa, quasi tutti in prima edizione.
Ventiquattro donne, pittrici, scrittrici, scienziate che hanno “scoperto” la Sicilia anche quando i testi dei viaggiatori uomini erano diffusi in tutta Europa.
La scoperta cioè di un’isola spesso visitata da sole (che è già un viaggio interiore di per sé) quando in Sicilia le strade, gli alberghi, la sicurezza, la sanità e lo sviluppo sociale ed economico erano molto diversi da quello che esse avevano lasciato nei Paesi di provenienza e il viaggio aveva tutte le caratteristiche di una “avventura”.
Provenivano da Paesi anglofoni prevalentemente, e Inghilterra in particolare, dove più di tutti l’emancipazione femminile ha visto germogliare i primi fermenti in termini moderni che nello specifico hanno significato poter decidere di essere libere di scegliere dove andare e dove viaggiare, anche da sole.
Esse non erano più Penelopi, che attendevano pazienti a casa il ritorno di Ulisse, ma si sentivano libere di impegnarsi in viaggi avventurosi diventando protagoniste del loro itinerario alla ricerca di conoscenze e della consapevolezza di se stesse e della propria identità di donne.
Interessantissime sono le considerazioni sulle tradizioni, i costumi e gli usi dei siciliani, con acute osservazioni sull’economia domestica e i balli, sulla galanteria degli uomini, sulle abitazioni e sui mercati, sulla cucina e la moda, sulla natura e la politica.
Molte sono le affermazioni che sfatano i più sgradevoli stereotipi come quella che scrive
Emily Lowe nel 1859 “In Sicilia, come in Norvegia, potevano viaggiare tranquillamente donne sole senza accompagnatori”. Beninteso, altre affermazioni confermano i più vieti luoghi comuni come scrive Frances Elliot nel 1879: “La severa e repellente solitudine dei dintorni di Palermo dispone l’anima al crimine. Le montagne dai profili duri escludono l’accesso alla pietà…la lugubre macchia e la boscaglia appaiono luoghi in cui nascondersi. Perché non rapinare e pugnalare, quando la Natura ha apposto alla terra un contrassegno che la rende adatta ai criminali?”.
I volumi, tutti provenienti da una collezione privata, sono per buona parte mai tradotti in italiano o tradotti solo per passi antologici, perché scontano, esattamente come quelli dei colleghi viaggiatori, un’errata valutazione da parte degli storici.
Questa raccolta di libri vuole mostrare le tappe di un cammino di civiltà che passa anche dai modi del viaggiare e dalla circolazione delle informazioni sulla nostra isola in Europa e nel mondo.
 
I libri esposti sono ventiquattro, alcuni in due volumi. Sono stati pubblicati da una polacca di cultura francese uno, uno da una tedesca e uno da una austrica. Ventuno sono inglesi o americane. Vittoriane ed eduardiane principalmente, ma non esclusivamente. Ciò appare naturale. La Regina Vittoria fu una instancabile viaggiatrice ( l’Impero coloniale era immenso!) e questa abitudine deve aver influito sui sudditi. Nonostante la cultura dominante fosse patriarcale, la volontà di fuggire dalla quotidianità ha trovato sfogo, e ciò soprattutto nelle classi agiate, nei viaggi. Viaggi in luoghi lontani, Patagonia, Giappone, America, Sumatra ecc… che hanno dato alle viaggiatrici la sensazione di realizzare un sogno lungamente accarezzato, un senso di libertà dalle convenzioni cui si erano soggette in patria. I codici comportamentali introiettati profondamente in patria, però, difficilmente venivano messi in discussione e quasi mai in maniera aperta.
Per restare alle viaggiatrici in Sicilia ciò si manifesta nel trinciare giudizi che trasudano il senso di appartenenza ad una civiltà superiore, vedi ad esempio la brutalità dei giudizi di Frances Elliot che viaggiò nel 1879. Però questo sentimento è corretto, quasi sempre, dalla tendenza a riferire aneddoti curiosi e a simpatizzare con gli abitanti delle campagne e con i ceti indigenti più che con quelli della città e nobiliari, o da sentimenti “intermedi” come la consapevolezza della propria condizione privilegiata di donna inglese (Emily Lowe) o l’atteggiamento di divertita e tollerante curiosità (Marianne North) sino all’egocentrismo che sperimentava la propria capacità di attrazione sugli uomini del sud di Margareth Fountaine passando per l’interesse etnografico-naturalistico di Norma Lorimer e Ethel Brilliana Alec-Tweedie.
Va detto che alle donne vittoriane, il viaggio conferiva una competenza culturale che derivava non dall’istruzione ma dall’esperienza. Pubblicare un libro di viaggi, per esse, era anche uno strumento di promozione socio-culturale. Il pubblico cui esse si rivolgevano, e a cui ammiccavano, era quello delle possibili future viaggiatrici. Ad esse con una consapevolezza via via crescente esse si rivolgevano, sino a quando esplicitamente non venivano pubblicate guide con tanto di indicazioni pratiche (Mariana Starke). Non mancano le viaggiatrici, però, che viaggiano in Sicilia per motivi scientifici, come la pittrice botanica Marianne North, l’entomologa Margaret Fountaine e l’antropologa Nevill Jackson.
Per quasi tutte, il viaggio in Sicilia rappresentava ancora l’esperienza della “viaggiatrice” che non era ancora diventata “turista”, per la quale traspare l’emozione di fronte ad un paesaggio, ad un giardino, ad uno spettacolo naturale. E ciò anche quando era accompagnata da stati d’animo di stupore, di disgusto e anche di pietà per le condizioni di vita materiale della gente del luogo negli anni in cui la Sicilia ( per i disagi stradali, alberghieri, sanitari, di sicurezza) era stata inclusa da poco nel raggio di interesse delle donne che spesso viaggiavano da sole. Tutte, nei loro libri e ognuno con stili e timbri diversi, raccontano “che il viaggio in Sicilia rappresentava un’esperienza intensa e coinvolgente, una scoperta, l’appagamento di un desiderio lungamente coltivato, lo stupore di rivivere sui luoghi reali gli eventi appresi sui libri, l’emozione di un paesaggio ineffabile e lo stordimento di una luce abbagliante e di colori brillanti così diversi dalle atmosfere cupe e smorzate degli inverni nordici”. Tutte coloro che viaggiano senza la compagnia di un uomo tradiscono l’intima soddisfazione di cavarsela da sole. Per questo, indipendentemente da quanto si fosse già scritto sulla Sicilia, ognuna di queste donne si sente esploratrice sia dei luoghi non noti sia delle proprie emozioni altrettanto sconosciute. Tutte, prima o poi e anche le più smaliziate, incontrano un oggetto che fa loro esclamare di non aver mai visto prima o immaginato una cosa simile prima di allora. Il viaggio di scoperta della Sicilia come il viaggio di scoperta di se stesse, insomma!

 

Testimonianza per Luzi

di Elio Giunta
 
Non so se la mia presenza in questa città quale scrittore, giornalista o intellettuale che dire si voglia, abbia recato qualche apporto utile, è certo però che per un fatto posso vantarmi di averle giovato: l’essere stato tramite perché Mario Luzi, figura di primo piano del Novecento europeo, venisse ad allacciarvi rapporti fertili con quanto vi ferveva nel campo letterario e delle istituzioni culturali.
Eravamo negli inquieti anni settanta, il 1977 per l’esattezza, quando venne per la prima volta da me invitato  per tenere un incontro sul tema: Il poeta e la contemporaneità. Erano anni inquieti, particolarmente a Palermo vibravano fermenti polemici, avevamo l‘avanguardia in prima fila, e sia circa la funzione della poesia che circa la posizione dell’intellettuale nel tempo. E d’altra parte Palermo era pure, come credo sia ancora, una città la cui cultura risente del predominio di uno storicismo atipico, scolastico, tardivo ed emarginante e in cui appunto la grande esperienza del simbolismo europeo non ha avuto se non scarsa e tardiva penetrazione. Luzi era inteso come presenza poetica di tradizione organica e in quel contesto persino analitica e provocatoria. Registrammo il testo di quell’incontro che potrà leggersi ancora come indicativo della sua poetica, giacché lui lo includerà nei saggi dal titolo “Discorso naturale”.  Da quella data,11 gennaio appunto del ’77, gli incontri di Luzi a Palermo proseguiranno con frequente periodicità, sin quasi a determinarsi a Palermo una specie di lunga e singolare stagione luziana della letteratura. Erano incontri curati nell’ambito dei cosiddetti Incontri studio di quel Centro Pitrè, che un po’ sollecitava la cultura cittadina ed ove solevano riunirsi diversi amici della poesia, in verità non del tutto anonimi.  In quell’ambito vennero presentate le ulteriori opere di Luzi, man mano che uscivano, dopo quella silloge “Nel magma”, che aveva segnato la svolta non solo formale della sua opera. Pertanto si ebbero, e sempre a nostra cura, e con la sua presenza, le diverse serate: su Il Libro di Ipazia – e qui mi piace ricordare come il manoscritto fu qui revisionato, passò graziosamente tra le nostre mani, tale si era fatta la nostra amicizia, e fu inviato all’editore dalla libreria Ciuni - ; sul “Rosales” ; su “Al fuoco della controversia”, su “Per il battesimo dei nostri frammenti”, su “Frasi e incisi di un canto salutare”, su “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”. Tutte opere queste che, circa l’iter creativo di Luzi non costituivano un rinnegare il percorso che dagli anni 30 gli aveva dato caratterizzazione e fama, ma erano l’accesso a un nuovo modo di porsi difronte al fluire dell’esistenza: non più contemplare questo fluire ma un costante sentircisi dentro e tentarne le ragioni. Sarà il passaggio da “Il giusto della vita” alle raccolte appunto de “Nell’opera del mondo” che, insieme ai testi teatrali, per decenni sollecitarono le nostre attese e le nostre consonanze.   Erano serate in cui ponevamo con entusiasmo il nostro impegno di studio verso quelle che erano ormai opere della nuova maturità di Luzi, una maturità come diversificazione di linguaggio, fattosi interlocutorio e più filosoficamente contaminato. Era un fare poetico che forse sentivamo più consono alla nostra visuale critico-creativa. Ma era anche che a Palermo avevamo già compreso le premesse e i motivi di evoluzione dell’opera luziana.
Egli non era mai stato l’anima bella e assente dell’Ermetismo, il gruppo che pure lo aveva avuto partecipe e prestigioso sostenitore; egli stava sì in quella cerchia fiorentina, ma in sostanza entro di essa, era il poeta che assumeva, con rara originalità d’invenzione linguistica ed immaginifica, tutto un sentire novecentesco dei primi decenni, quello che Natale Tedesco con felice termine avrà definito “la condizione crepuscolare”. E si badi, non la linea-progetto, ma la condizione. Perché è in questa che pure i cosiddetti ermetici si ritrovarono per poi recuperare nuovi riferimenti filosofici ed avviarsi ad una percezione più acuta e man mano più compromessa col divenire. Luzi perciò fu ermetico con singolare stile e spessore di pensiero, ma divenne presto e facilmente postermetico allorché la vicissitudine interiore gli gioverà legarla al volto concreto delle cose e la lingua non disdegnerà accedere pure all’uso comune. Perciò egli a Palermo era compreso e si sentiva compreso e familiare con quanti gli stavamo attorno.
Ma a Palermo egli pure molto comprendeva; non solo prestando attenzione alle cose che noi pubblicavamo, per alcune delle quali scrisse anche illuminanti prefazioni, e per alcune volle intervenire a discuterle; ma intrigandosi spesso e volentieri nelle vicende socioculturali che da noi si offrivano. Come non ricordare, ad esempio, il Convegno sulla narrativa siciliana che egli venne a presiedere e ad introdurre, portando anche con sé come relatori Geno Pampaloni e Giorgio Luti; allora dichiarò che la letteratura italiana del Novecento, senza la Sicilia sarebbe stata ben poca cosa. E la lezione che tenne a proposito di un Antologia della poesia Italiana contemporanea in Sicilia, pubblicata dal Pitrè, allorché gli piacque evidenziare come una buona volta in Sicilia si parlava di poesia che veniva coltivata non solo in dialetto. E la celebrazione del suo ottantesimo anno a Palermo, con gli studenti, in una mattinata al Teatro Biondo affollatissimo, ove ancora una volta tenne ad affermare il suo verbo tipico di fedeltà alla vita, in nome della poesia, quale forza insostituibile a tutela dell’umanità contro le incongruenze della società contemporanea. E resta indimenticabile il suo intervenire, proposito dei duri eventi, cioè le stragi che avevano afflitto la città. Nell’86 scriveva di Palermo “placida sotto le nuvole, ove ha aperto nel suo ventre un’officina di crimini e di morte”.  E definiva i suoi amici “simili ad uomini di mare, per i quali nulla è imprevedibile e restano aperti ad ogni segnale, catafratti ad ogni male”: gli amici che amava incontrare e dei quali occuparsi, divenuto infine tra di essi, soggetto motivante di coesione. Di questa sua apertura a problematiche civili, Palermo gli sarà di stimolo e lo spingerà ad estendere l’operare dell’uomo poeta oltre la soglia individuale fino a cogliere gli umori e le reazioni popolari e della cronaca. E di ciò fanno fede le due opere scritte su ordinazione del Teatro Biondo: Il “Corale della città di Palermo per Santa Rosalia” dell’89 e successivamente “Il fiore del dolore”, questo però pubblicato e rappresentato sempre al Teatro Biondo, solo nel 2003, dopo alcuni anni di attesa nei cassetti. Forse la scrittura di Luzi non aveva corrisposto alle attese delle istituzioni palermitane commissionanti ove, secondo i soliti limiti politico-culturali, magari si era prefisso di coinvolgere il prestigio del poeta al manifestare emotivo e politicizzato dell’ambiente palermitano; perché in realtà Luzi coinvolgeva invece gli eventi palermitani al tema dell’angosciante magma esistenziale del tempo ed oltre il tempo: in Luzi operava costante un’interiorità compromessa con le trame oscure  della vita e del tempo e di questo egli si era fatto coscienza critica. Perciò anche quella vicenda palermitana, l’omicidio di padre Puglisi, per lui stava nei termini dell’inesplicabilità del divenire e dell’insorgere del male. La crudezza del male, che era alla base de Il fiore del dolore, Luzi l’aveva risolta nella perplessità dell’uomo che si ritrova sempre inadeguato difronte alle imprendibili leggi dell’accadere. La sua era ancora poesia filosofica della vita. Una lezione questa che rimane o dovrebbe senz’altro rimanere tra le più significative e fertili che questo grande del secolo breve e del nostro ha lasciato nei rapporti col nostro sentire e col nostro valutare.
Ora, a cento anni dalla sua nascita e a dieci anni dalla sua scomparsa, ripensando ai suoi rapporti con Palermo, che cosa fissare in particolare, mentre troppo riaffiora nei ricordi e molto si è costretti e trascurare nella brevità di una testimonianza? Forse solo questo. Secondo quanto si legge in un recente pamphlet di Silvio Ramat a lui dedicato, Luzi amava Palermo e ci veniva spesso volentieri perché amava il sole e sentiva come a sé più consono il mite clima mediterraneo; io osservo che invece c’era molto di più. Palermo egli la vedeva come avvolta in un’aria di mistero, ipotizzava talvolta che nei suoi vicoli e tra le sue pietre secentesche si celasse qualche ammaliante enigma. C’era dunque che Palermo alimentava anche il suo spessore creativo, restando egli compreso come noi, o almeno come alcuni di noi, di quella perplessità alta che sogliono suscitare i gravi misteri della storia. E ne abbiamo tanti e ne conduciamo il peso, dal passato e dal presente. Forse non è tutto, ma credo sia già abbastanza. Grazie per l’attenzione.

lunedì 9 marzo 2015

MENTRE LE FAMIGLIE SONO LASCIATE SOLE NELLA POVERTA’, LE CASTE VIVONO NELLE CASE MILIONARIE ACQUISTATE A PREZZI STRACCIATI.

 Secondo voi come si deve sentire uno che ha appena finito di leggere il documentato pamphlet di Mario Giordano, “Tutti a casa”, col sottotitolo: “Noi paghiamo il mutuo loro si prendono i palazzi”, edito da Mondadori(2013) e poi legge il giornale di oggi, il mio quotidiano: LaCrocequotidiano che ha provocatoriamente messo in prima pagina il titolo: “L’Italia lascia sola la famiglia”. Un editoriale con annessa la fotografia straziante della famigliola siciliana che ha in mano la piccola bara bianca della povera Nicole, la bambina morta subito dopo la nascita in Sicilia.
 Il giornale commenta i dati dell’Istat dove si certifica che una famiglia su quattro vive un profondo disagio economico, mentre un italiano su tre è a rischio povertà. Numeri altamente preoccupanti. “Nella foto c’è lo Stato italiano – scrive Adinolfi – è l’Italia che lascia sola la famiglia, la isola, l’impoverisce, la sfotte quando numerosa sale sul palco del festival di Sanremo a parlare di Provvidenza e di Cristo, quando solo Cristo ormai presta orecchio e ascolto alle preghiere che si levano”.(M. Adinolfi, La politica che scambia le priorità, 20.2.15, LaCrocequotidiano)
 Le condizioni della famiglia italiana sono disastrose: da troppo tempo abbandonata a se stessa, ignorata, ed è sempre lei a pagare il conto più salato, infatti si può certamente affermare come ha fatto il professore Introvigne, nel recente convegno di Milano nel gennaio scorso, che è il fisco il nemico numero uno della famiglia. Intanto a quanto sembra per i nostri politici la priorità non è combattere la povertà della famiglia, di quelle mamme e papà, vecchi per la pensione, magari costretti a prolungare l’attività lavorativa, nella quotidiana lotta di dare un futuro ai propri figli disoccupati. No la loro priorità è di “varare una legge sulle unioni omosessuali legittimando il ricorso all’utero in affitto da parte di coppie omosessuali ricche attraverso la ‘stepchild adoption’”.
 E se i frutti della “dittatura del desiderio” fanno rabbia alla stragrande maggioranza dei comuni mortali che vivono in una famiglia naturale e in una casa che faticosamente e con innumerevoli sacrifici, sono riusciti a comprare. Ci sono ben altri motivi che fanno arrabbiare, anzi infuriare e sono per esempio quelli che racconta Mario Giordano nel suo libro. Si tratta dei tanti furbetti, quelli che contano, dai presidenti del Senato a quelli della Corte dei conti, allo sceriffo di Equitalia ai grandi sindacalisti, ai ministri, ex ministri, agli alti burocrati, ai figli dei deputati, degli onorevoli, alle star del cinema a quelle della musica, che si sono impossessati di case, appartamenti, megaville appartenenti ad enti pubblici e previdenziali, a prezzi stracciati. Tutte queste persone diverse per età, per formazione culturale, per ruolo e per partito politico, almeno fino a qualche anno fa, citate nel libro di Giordano, hanno tutte una passione comune: quella per il mattone, per la casa.
 Mario Giordano riesce a mettere insieme con pazienza certosina, una miriade di dati, informazioni, di documenti, sugli acquisti di case, ville, appartamenti, dei vari potenti, i soliti notabili, dei politici, burocrati, quelli delle istituzioni. Qualcuno lo ha anche indicato come uno che intende alimentare l’odio e l’invidia sociale, e forse, con questo mio servizio rischio anch’io di fare la stessa fine. Peraltro, Giordano è consapevole che i suoi libri spesso alimentano le vendite di Malalox(…) le tante ingiustizie provocano bruciori di stomaco. La stessa cosa è capitata con Sanguisughe e Spudorati, dove denunciava i costi della politica e gli sprechi della casta.
 Il testo parte dalla vendita del palazzone di Via Arenula 34, in pieno centro a Roma. Il palazzo di proprietà dell’Inail, qui in un unico palazzo si sono viste tutte le diverse tipologie di scandali del mattone. Sono “quelli che comprano a prezzi scontati e magari poi rivendono, sono quelli che ci guadagnano mentre le casse pubbliche ci perdono, Quelli che pagano a metà prezzo. Quelli che ‘l’ho fatto per i mii figli’”. Questi potenti con nome e cognome, comprano molto e, soprattutto, comprano con lo sconto, spesso da un ente pubblico previdenziale, con il 30, 40, fino al 70-80 per cento in meno del valore di mercato.
 Quello che è accaduto in Italia negli ultimi vent’anni secondo Giordano “è un vero e proprio saccheggio del nostro patrimonio immobiliare, avvenuto quasi sempre nel rispetto della legge, ma con meccanismi incredibilmente perversi…”. Pertanto il giornalista si chiede: “com’è possibile comprare una casa dal Comune di Roma pagandola 26.000 euro, cioè meno di un camper?”
 Nel libro Giordano fa i nomi degli insospettabili, “quelli che non t’aspetti, che sono al di sopra di ogni sospetto, quelli che controllano, che sono nemici degli sprechi, censori dei privilegi. Quelli che tuonano contro il malcostume (…) Quelli che non perdono occasione per impartire lezioni, quelli che chiedono sacrifici”, e poi li vedi comprare case a prezzi di favore. I casi sono due: “o questi insospettabili hanno tutti uno straordinario senso degli affari o anche per gli insospettabili è lecito avanzare qualche timido sospetto”.
 Alla fine di ogni capitolo Giordano sinteticamente mette in tabella “chi ha risparmiato di più”, facendo sempre riferimento alle stime del Cerved, si arriva a percentuali che toccano quasi l’80% del risparmio.
 Sfogliando il libro inchiesta, troviamo “Quelli con il papà (o il marito) importante”, “Quelli che ‘sì, ho la casa al Colosseo ma mio padre non c’entra nulla’, “Quelli che non abitano mai a Centocelle o a Primavalle”, “Quelli che in periferia ci vanno quando sbagliano strada”, “Quelli che il mutuo non sanno che cosa sia”. Probabilmente dovremmo mettere sotto la stella della Repubblica, quello che diceva Flaviano: “tengo famiglia”. Ironicamente Giordano scrive che certamente siamo un popolo di eroi, santi, navigatori, ma siamo soprattutto “ figli, mariti, cugini, cognati…Con Parentopoli abbiamo rovinato le università, gli ospedali, i giornali, per non dire dei partiti: persino quelli che ce l’avevano duro si sono sciolti come burro al sole di fronte alle ambizioni del Trota di casa”.
 Naturalmente i casi più eclatanti sono quelli che appartengono al cosiddetto Palazzo, i politici, quelli che comandano (o almeno che comandavano), quelli che guidano le città, le Regioni, che hanno guidato il Paese. Quelli che hanno presieduto la Camera o il Senato. Quelli che sono in Parlamento, nel sindacato…Quelli che erano estremisti di destra o di sinistra. Quelli del Pd o del Pdl. Quelli che hanno cambiato più partiti che magliette della salute. Alla fine tutti questi personaggi, per quanto diversi, “hanno tutti almeno una cosa in comune: un bell’appartamento, perlopiù comprato (con lo sconto) da enti pubblici o assicurazioni”. Anzi si corregge Giordano: “in effetti c’è un elemento che li unisce tutti, davvero trasversale, è il risparmio immobiliare: li spariscono le differenze di partito, quelle di provenienza geografica o di estrazione sociale, spariscono le lontananze ideologiche e quelle culturali”.
 Naturalmente per chi è interessato rinvio alla lettura del libro-denuncia (potete conoscere i nomi dei privilegiati, volutamente ho evitato di farlo nel servizio) che mette a nudo tutta la verità sulle case dei vari notabili, senza diventare un mattone. Il testo conclude ironicamente Giordano, “…dimostra che non è vero che i politici non risolvono mai nessun problema: quello della casa l’hanno risolto benissimo. Solo della loro, però”.

Domenico Bonvegna

sabato 7 marzo 2015

Intervista a Serena Lao

di Sara Patera

"Io cantu a la notti serena/ io cantu a li stiddi a lu celu a la luna".
Si aprono a risonanze i versi che danno inizio al volume di Serena Lao ( "Cantu la libbertà ca m' apparteni"-ed. ISSPE) che sarà presentato oggi ( venerdì 6 marzo) alle 18 all' Oratorio di San Lorenzo- via Immacolatella ,5) da Tommaso Romano, Umberto Balistreri, Alfio Inserra, Vito Mauro con interventi dell' autrice.
"Ho una natura variegata"- dice di sé Serena Lao e la molteplicità che rinserra il termine allude a un temperamento appassionato, tra "malancunia" e gioia.
"Ritengo di avere una natura complessa in cui la solarità non si sottrae anche a una vena
 d' inquietudine."
E il riferimento allo slancio passionale alita in "Sira d' austu":" C' è l' atmosfera magica di ferragosto, almeno quella di un tempo. Arriva la mattina e distrugge i sogni."
Cinquantacinque composizioni intessono il tuo volume. Appartengono a tempi diversi?
"All' arco di un decennio e non sono tutte poesie. Il volume è costituito da tre sezioni: la prima è dedicata a Canti e Ballate per un omaggio alla mia attività di cantautrice.
Brani scelti nella seconda sono tratti dalle mie opere, "Francesco una follia d' amore", "Rosalia", "Un pupo vero" ispirato a Pinocchio. Liriche sono quelle della terza e i due punti estremi dell' arco sono "Io cantu" e "Nta lu silenziu..." in cui il mio viaggio nella fantasia" si vuliti chiamatilu puru... puisia".
La lingua siciliana, una scelta espressiva?
"Io sono nata a Ballarò e parlavamo il palermitano. Conosco tutto di questa lingua ed è stato del tutto naturale usarla. Poi Rosa Balistreri mi ha fatto innamorare . A ventisei anni ho scoperto la mia voce grave da contralto e questo determina le mie scelte."
Sembra emanare una sorta di carnalità da alcune composizioni e anche una forza istintuale che altrove si carica di nostalgia...
"C' era una volta" è anche il ricordo scolpito nella mia mente di Ballarò. La mia Ballarò la ricordo poetica, pittoresca, piena di gioia, di colori. Non c' è più."
E comunque il legame con Palermo, il paisi 'ncantatu" ormai coperto di "pruvulazzu", rimane sempre forte?
"Palermo l' amo immensamente e ho fortissimo il rammarico per com'è ridotta. Mi emoziona parlare di Palermo ma soffro."
Scorrendo le pagine del tuo libro c' è Lu capannuni che esercita forza d' attrazione perché più che descrivere dipinge.
"Fa parte dello spettacolo"Ballarò".Qualcuno del pubblico mi fece uno dei complimenti più belli: Ho avuto nostalgia senza conoscerla di una cosa che non ho mai visto.
Nella mia memoria questo capannuni è nitido: si vendeva solo il pesce che allora era fresco, non sotto ghiaccio. Adesso questo capannuni non c' è più."
Venature di tristezza, realismo, fantasia: il tuo mondo composito tra Desideriu, storia di un povero Babbaluci, illusione di un amore per un papavero appena sfiorato da una farfalla.
"C' è molta metafora nel papaveru 'nnamuratu: dice l' instabilità dell' amore."
Gli accenti si fanno intensi nella Straggi di lu pani: violenza, sangue e quel lamento straziante di madri.
"È una ballata quasi da cantastorie e un omaggio a Rosa Balistreri, Ignazio Buttitta, Ciccio Busacca."
In questo decennio quanto è cambiato nel tuo rapporto con la scrittura?
"Molto è cambiato. Scrivendo nel 2000 su San Francesco cercavo una dimensione spirituale e attraverso questo santo ho intrapreso un mio cammino spirituale. Durante la stesura di quest' opera avevo la sensazione che qualcuno mi suggerisse.Allora mi rifacevo al siciliano arcaico, oggi è un siciliano più moderno."