sabato 7 marzo 2015

Intervista a Serena Lao

di Sara Patera

"Io cantu a la notti serena/ io cantu a li stiddi a lu celu a la luna".
Si aprono a risonanze i versi che danno inizio al volume di Serena Lao ( "Cantu la libbertà ca m' apparteni"-ed. ISSPE) che sarà presentato oggi ( venerdì 6 marzo) alle 18 all' Oratorio di San Lorenzo- via Immacolatella ,5) da Tommaso Romano, Umberto Balistreri, Alfio Inserra, Vito Mauro con interventi dell' autrice.
"Ho una natura variegata"- dice di sé Serena Lao e la molteplicità che rinserra il termine allude a un temperamento appassionato, tra "malancunia" e gioia.
"Ritengo di avere una natura complessa in cui la solarità non si sottrae anche a una vena
 d' inquietudine."
E il riferimento allo slancio passionale alita in "Sira d' austu":" C' è l' atmosfera magica di ferragosto, almeno quella di un tempo. Arriva la mattina e distrugge i sogni."
Cinquantacinque composizioni intessono il tuo volume. Appartengono a tempi diversi?
"All' arco di un decennio e non sono tutte poesie. Il volume è costituito da tre sezioni: la prima è dedicata a Canti e Ballate per un omaggio alla mia attività di cantautrice.
Brani scelti nella seconda sono tratti dalle mie opere, "Francesco una follia d' amore", "Rosalia", "Un pupo vero" ispirato a Pinocchio. Liriche sono quelle della terza e i due punti estremi dell' arco sono "Io cantu" e "Nta lu silenziu..." in cui il mio viaggio nella fantasia" si vuliti chiamatilu puru... puisia".
La lingua siciliana, una scelta espressiva?
"Io sono nata a Ballarò e parlavamo il palermitano. Conosco tutto di questa lingua ed è stato del tutto naturale usarla. Poi Rosa Balistreri mi ha fatto innamorare . A ventisei anni ho scoperto la mia voce grave da contralto e questo determina le mie scelte."
Sembra emanare una sorta di carnalità da alcune composizioni e anche una forza istintuale che altrove si carica di nostalgia...
"C' era una volta" è anche il ricordo scolpito nella mia mente di Ballarò. La mia Ballarò la ricordo poetica, pittoresca, piena di gioia, di colori. Non c' è più."
E comunque il legame con Palermo, il paisi 'ncantatu" ormai coperto di "pruvulazzu", rimane sempre forte?
"Palermo l' amo immensamente e ho fortissimo il rammarico per com'è ridotta. Mi emoziona parlare di Palermo ma soffro."
Scorrendo le pagine del tuo libro c' è Lu capannuni che esercita forza d' attrazione perché più che descrivere dipinge.
"Fa parte dello spettacolo"Ballarò".Qualcuno del pubblico mi fece uno dei complimenti più belli: Ho avuto nostalgia senza conoscerla di una cosa che non ho mai visto.
Nella mia memoria questo capannuni è nitido: si vendeva solo il pesce che allora era fresco, non sotto ghiaccio. Adesso questo capannuni non c' è più."
Venature di tristezza, realismo, fantasia: il tuo mondo composito tra Desideriu, storia di un povero Babbaluci, illusione di un amore per un papavero appena sfiorato da una farfalla.
"C' è molta metafora nel papaveru 'nnamuratu: dice l' instabilità dell' amore."
Gli accenti si fanno intensi nella Straggi di lu pani: violenza, sangue e quel lamento straziante di madri.
"È una ballata quasi da cantastorie e un omaggio a Rosa Balistreri, Ignazio Buttitta, Ciccio Busacca."
In questo decennio quanto è cambiato nel tuo rapporto con la scrittura?
"Molto è cambiato. Scrivendo nel 2000 su San Francesco cercavo una dimensione spirituale e attraverso questo santo ho intrapreso un mio cammino spirituale. Durante la stesura di quest' opera avevo la sensazione che qualcuno mi suggerisse.Allora mi rifacevo al siciliano arcaico, oggi è un siciliano più moderno."

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