lunedì 25 maggio 2015

Alcune "Lapidi sull'Oreto" di Vittorio Riera

Pubblichiamo, per gentile concessione di Vittorio Riera, stimato studioso e storico dell’arte, alcune sue “croci”, fra le circa 200 da lui scritte che fanno parte della raccolta inedita Lapidi sull’Oreto. L’unico punto che può richiamare Spoon River, è il riferimento al fiume, poi le due raccolte divergono: sono lapidi, e quindi accolgono aspetti positivi di quanti il Riera ha conosciuto, mentre Masters esalta i pettegolezzi, e le malefatte, anche, delle persone sepolte nel cimitero di Spoon River, inoltre nelle geniali parole di Riera si racchiude il ricordo in quattro righe di sicura pregnanza e liricità. Segue una poesia di Renzo Massone che ne fece dono al Riera, un modo ulteriore per commemorare il comune amico editore e intellettuale palermitano.

Pietro Terminelli, poeta e saggista

Fuori apprezzavano il tuo verso lungo
e aspro e forte qui da noi il silenzio
il silenzio più assoluto e inesplicabile
quando non l’amara derisione.

Roberto Di Marco, scrittore. Compagno di classe

La bontà era il marchio
che ti distingueva Roberto,
tu, che non volevi liti tra compagni
e ci esortavi a essere buoni.

Vito Mercadante, preside e scrittore

Te ne sei andato con la tristezza forse
di non avere visto battuta la mafia
di cui sei stato a cielo aperto
fiero e coerente avversario.

Renzo Mazzone, Editore, scrittore

Quante righe e pagine Renzo,
passarono al vaglio dei tuoi occhi attenti
di te conservo una poesia che la dice lunga
sul tuo non essere soltanto un editore.

NatScammacca, poeta, scrittore

Generoso generosoNat
non trovo altri aggettivi per il tuo
animo bello  la voce chiara
gli occhi puri e limpidi.

Crescenzio Cane, poeta, pittore, scrittore

Fosti l’inventore della parola sicilitudine
tu che eri con i tuoi versi e i tuoi quadri
la personificazione  vivente
di una Sicilia amara e bistrattata.

Rolando Certa, poeta, scrittore, saggista

Nei tuoi versi, paragonasti
con immagine disperata
la Sicilia a una pecora sgozzata
che non ha più la forza di belare.

Gianni Diecidue, poeta, scrittore, saggista

Il tuo verseggiare limpido perfetto
con sempre nella testa gli ultimi
era tutt’uno con l’immensa
umanità che trasmettevi ai tuoi alunni.

Totò Giujusa, saggista, scrittore

M’accoglievi nella tua stanza verde
dove la tecnologia più avanzata
si armonizzava sapientemente
con i classici italiani latini e greci.

Vincenzo Santangelo, scrittore

T’apprestavi a concludere il tuo ciclo,
quando ci conoscemmo, ma non potevamo
sapere che la nostra amicizia
sarebbe durata lo spazio d’un mattino.

Gigi Martorelli, pittore

L’infanzia trascorse all’oratorio dei frati
cappuccini, poi tu, pittore affermato
in solitaria e feconda creatività
io scrittoncello del sottobosco palermitano.

Carmelo Pirrera, poeta scrittore

L’ultima volta che ci vedemmo
eri pieno di vita e d’entusiasmo
e mi dicevi dei tuoi molti progetti
spezzati crudamente all’improvviso.

Santo Calì, poeta

Una croce anche per te fratello Calì
non ti conobbi ma apprezzavo
i tuoi fulminanti epigrammi
contro i potenti di turno.
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A che serve sapere …

A che serve sapere
che estranghelo significa rotondo
oppure che lo gnomone
non è un grande gnomo
e che apertura in lingua portoghese
significa strettezza, costrizione, 
o che stamigna
era un tessuto duro, resistente,
usato per colar qualcosa,
che ab hic et ab hoc semplicemente
è come dire dunque, ossia, perché,
chechi nicchi e nacchi?
è derivato dal quin hic in haclatino puro
e l’interrogativo
in dialetto siciliano antico
sta a significare
che non c’entra un fico secco o intero?
A che serve sapere
che, se due fidanzati si baciano,
stanno ad osculare?

 Renzo Mazzone

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