martedì 28 novembre 2017

Engels: l’Universo non può avere fine… nè inizio

di Francesco Agnoli

Friedrich Engels, l’amico di Karl Marx, riteneva anch’egli di avere “la scienza” dalla sua parte. Per questo leggeva molti libri ed articoli di chimica, fisica, biologia… cercando poi di dare a tutte le scoperte una lettura materialista. A costo di forzature ed incomprensioni marchiane.
Nel suo La dialettica della natura (1883), affermava l’impossibilità della morte termica dell’Universo, di cui a quei tempi si cominciava a discutere, in nome del principio ateistico: poichè l’Universo è tutto ciò che esiste, non può avere nè inizio nè fine.
Scriveva: “Clausius (uno dei padri della termodinamica, ndr), se comprendo corettamente, dimostra che l’universo è stato creato, ergo che la materia è creabile, ergo che essa è distruttibile, ergo che anche la forza ossia il movimento sono creabili e distruttibili, ergoche tutta la teoria della ‘conservazione della forza’ è assurdità, ergo che tutte le sue conseguenze sono assurdità. Il secondo principio di Clausius ecc. può essere formulato come si vuole: comporta la perdita di energia, qualitativa se non quantitativa. Dell’entropia non può essere per via naturale distrutta ma solo creata. L’orologio dell’universo, per camminare, deve essere prima caricato; e cammina finchè non si riduce all’equilibrio, dal quale solo un miracolo può farlo uscire e rimetterlo in moto di nuovo. L’energia impiegata per caricarlo è scomparsa, perlomeno qualitativamente, e può essere ristabilita solo da un impulso esterno. L’impulso esterno era quindi necessario anche al principio; quindi la quantità di movimento (o energia) presente nell’Universo non è sempre la stessa, quindi l’energia deve essere stata creata, quindi dev’essere creabile, quindi distruttibile. Ad absurdum!” (Friedrich Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma, 1971, p. 294).
Come Engels condannava Rudolf Clausius, per i motivi sopra spiegati, così i marxisti ed i comunisti del Novecento, sempre impegnati nel sostenere un presunto conflitto tra scienza e fede in Dio, condanneranno la teoria del Big Bang, colpevole di proporre l’idea di un inizio temporale dell’Universo: un’idea, diranno, diffusa dal Vaticano e dai preti per mettere in dubbio l’eternità della materia e suggerire l’idea di un Creatore della materia stessa.
Vedi anche: http://www.filosofiaescienza.it/le-persecuzioni-dei-mendeliano-in-urss/

Il Cielo può sedurre più della carne: Olive Custance, la poetessa cattolica che sposò l’amante di Oscar Wilde

di Luca Fumagalli

Quattro raccolte poetiche e un marito celebre non bastarono a garantire a Olive Custance (1874-1944) la notorietà che avrebbe meritato. Il suo nome rimane confinato ancora oggi nelle note a piè di pagina del decadentismo inglese, solleticando al massimo l’interesse di qualche collezionista di testi tardo-vittoriani. Anche gli studi a lei dedicati, ad eccezione della breve monografia Olive Custance: Her Life and Work (1975) del carmelitano Brocard Sewell – curatore pure di un’antologia intitolata The Selected Poems of Olive Custance (1995) –, si limitano perlopiù a sintetici accenni in volumi miscellanei e a una manciata di articoli.
Eppure la Custance, che certamente pagò l’aver vissuto all’ombra di Lord Alfred Douglas, era una delle poetesse migliori del suo tempo, paragonabile per talento a Dollie Radford e Alice Meynell. Fu nel novero degli autori che gravitarono intorno alla casa editrice The Bodley Head di John Lane e scrisse contributi per riviste di grido come «The Yellow Book» e «The Savoy», dirette rispettivamente da Henry Harland e Arthur Symons. Aubrey Beardsley la omaggiò con un Ex librisdisegnato di suo pugno, e la scrittrice Natalie Barney, di cui fu amica, elogiò ampiamente la bellezza evocativa della sua lirica.La breve monografia di padre Brocard Sewell dedicata a Olive Custance
Figlia di un colonnello dell’esercito, Olive Custance iniziò a scrivere i primi versi in giovane età guadagnando presto l’ammirazione dei circoli culturali della capitale. Alla campagna nei dintorni di Norwich, dove abitava la famiglia, preferiva di gran lunga la caotica Londra, brulicante dei nuovi fermenti artistici che giungevano dal continente come una ventata d’aria fresca. Nei suoi volumi di poesie – Opals (1897), Rainbows (1902), The Blue Bird (1905) e The Inn of Dreams (1911) – si nota una certa patinatura fin de siècle, un viaggio nell’inesauribile mistero dell’essere umano che, in verità, risulta più affine al simbolismo piuttosto che al decadentismo tout court. Né mancano componimenti religiosi, il cui numero andò progressivamente aumentando nel corso degli anni, specie dopo la conversione alla Chiesa di Roma.
Prim di incontrare il futuro marito, l’amore di Olive Custance fu tutto per John Gray, giovane e attraente poeta, amico di Oscar Wilde, che una consolidata tradizione indica come modello del quasi omonimo protagonista del Ritratto di Dorian Gray. Il ragazzo, all’epoca venticinquenne, più tardi abbandonò il vizioso sottobosco bohémien per diventare sacerdote cattolico, e mantenne con Olive una lunga corrispondenza, piena d’affetto e di utilissimi consigli letterari.
Nel giungo del 1901, quando “Wild Olive” – come la Custance era solita firmarsi – incontrò per la prima volta Lord Alfred Douglas, soprannominato “Bosie”, fu per entrambi amore a prima vista. Douglas, classe 1870 ed egli stesso poeta di discreto valore, era appena scampato alla burrascosa relazione che aveva condotto Wilde alla tomba ed era ansioso di rifarsi una vita. I soldi ereditati dal padre, però, erano stati sperperati quasi subito e con essi erano andate in fumo le speranze di poter cominciare daccapo, allontanando per sempre il fantasma di quel processo che aveva causato l’incarcerazione dell’amante e gettato fango sul suo nome.
In autunno, mentre Douglas era in America per trovare una ricca ereditiera da impalmare, Olive, consapevole che il matrimonio con il dolce Bosie sarebbe stato impossibile, si fidanzò ufficialmente con George Montagu, membro del parlamento, destinato a ereditare un titolo nobiliare e un’immensa fortuna. Quando Alfred Douglas tornò in Inghilterra a mani vuote, lottò con le unghie e con i denti per riavere la donna che amava. Quest’ultima, dopo un’iniziale resistenza dettata più dalle convenzioni galanti che da un reale convincimento, ruppe il fidanzamento con Montagu e i due poterono convolare a nozze nel marzo del 1902, pur senza il consenso della famiglia Custance.L’Ex Libris che Aubrey Beardsley disegnò per Olive Custance
La loro vita matrimoniale fu un alternarsi di drammatici alti e bassi.
Se, a coronamento dei primi idilliaci mesi, Bosie riuscì ad appianare i dissapori con i suoceri, il malessere che gli derivò dal coinvolgimento in numerosi processi legati dell’eredità letteraria di Wilde contribuì al dilagare della tensione tra le mura domestiche. Ingannandosi di poter trovare un po’ di requie, Douglas si concesse ad altre donne, come Doris Edwards e la pittrice Romaine Brooks, mentre Olive faceva da sola i conti con la schizofrenia del loro unico figlio, Raymond, che avrebbe trascorso la maggior parte della vita in un ospedale psichiatrico.
Il vero annus horribilis della coppia fu il 1911: la conversione di Lord Alfred Douglas al cattolicesimo, naturale coronamento delle posizioni conservatrici maturate da quando, nel 1907, era diventato direttore del «The Academy», scavò un solco profondissimo tra lui e i Custance, fieri protestanti. Il rapporto con Olive – che si sarebbe convertita a sua volta nel 1917 – naufragò definitivamente; non si giunse al divorzio, ma dal 1913 i due iniziarono a condurre esistenze separate. Persero così la custodia del figlio, che passò al colonnello Custance.Olive Custance (1910 ca.)
Il loro amore, burrascoso ma al fondo sincero, si riaccese solo nel 1932, quando Olive decise di trasferirsi a Hove, nei pressi di Brighton, occupando un’abitazione vicino a quella del marito. Da quel momento, fino alla scomparsa della donna, i Douglas ripresero a vedersi quasi ogni giorno, facendo anche amicizia con Marie Stopes, Montague Summers e altri personaggi eccentrici. Lord Alfred morì a pochi mesi di distanza dalla moglie, nel 1945.
Negli anni ’30, ritrovata la serenità, “Wild Olive” aveva ricominciato a scrivere. Nuove poesie comparvero su varie testate, mettendo fine a quel lungo silenzio che durava dal 1911. Si trattò di una “seconda primavera” che, pur non raggiungendo stilisticamente i livelli dei primi lavori, confermò la direzione che la sua lirica aveva preso tempo addietro. L’ “inquiétude de Dieu” di un Rimbaud richiamava, nel dialogo costante tra sacro e profano, i momenti luminosi della gioventù.
Il cattolicesimo, di cui Olive aveva abbandonato la pratica solo pochi mesi dopo la conversione, tornò prepotentemente a bussare alla porta della sua anima durante gli ultimi giorni di vita. Nel letto, con le lacrime agli occhi, mentre stringeva la mano del suo Bosie, si pentì di aver anteposto alla religione se stessa e la letteratura. Come l’opale che tanto venerava – “Opal” era infatti un altro dei suoi nomignoli – aveva condotto un’esistenza multicolore, piena di contraddizioni e peccati. La speranza, comunque, non era mai venuta meno. Forse, prima di spirare, pensò per un’ultima volta a Beauty, quella poesia che aveva scritto in un momento di rara felicità, un’accorata preghiera rivolta alla Madonna: davvero, ora ne era certa, il Cielo poteva sedurre più della carne.
da: www.radiospada.org

mercoledì 22 novembre 2017

Quel 31 ottobre del 1517

di Enrico Maria Romano

“La Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze (in latino: Disputatio pro declaratione virtutisindulgentiarum), nota anche come le 95 tesi, fu un elenco di tesi, che il frate agostiniano Martin Lutero propose alla pubblica discussione il 31 ottobre 1517” (così Wikipedia, alla voce 95 Tesi di Lutero).
Il frate agostiniano, “fu accusato e convocato a Roma già nel novembre 1517. Poco dopo Leone X affidò al card. Tommaso de Vio detto il Gaetano (o Cajetano) il compito di indurre Lutero a revocare, ma né l’incontro tra di loro nell’ottobre del 1518 ad Augusta, né la disputa, a cui partecipò anche il riformatore Karlstadt, tenuta nel giugno-luglio 1519 a Lipsia con Giovanni Eck, validissimo difensore del cattolicesimo, portarono ad un accordo” (Denzinger, edizione del 2003, p. 626).
Così il pontefice, dopo dialoghi e dibattiti teologici tesi a trovare una soluzione condivisa, decise di promulgare la Bolla Exurge Domine, il 15 giugno 1520, a quasi 3 anni dalla provocazione luterana.
Il documento pontificio del 1520 (Denz. 1451-1492) – e non le 95 tesi di Lutero – noi dobbiamo ricordare, celebrare e rimeditare. In questa solenne Bolla di 5 secoli fa risuona, nitidamente, la voce dello Spirito Santo, il messaggio intramontabile di Cristo, la definitiva Rivelazione del Padre all’umanità e alla Chiesa.
“Le proposizioni della Bolla riportano quasi sempre con precisione le parole di Lutero” (p. 626): la loro falsità però a volte è palese e conclamata, a volte meno. Tuttavia le 41 proposizioni luterane inserite nella Bolla, sono condannate dalla santa Chiesa coi termini più categorici: “Tutti e ciascuno gli articoli o errori sopra elencati, Noi li condanniamo, respingiamo, e rigettiamo totalmente (…) come eretici, scandalosi, falsi, offensivi per le pie orecchie, o in quanto capaci di sedurre le menti degli uomini semplici e in contraddizione con la fede cattolica” (Denz. 1492).
Mentre moltissimi credenti e prelati, pastori infedeli e cristiani anonimi fanno di tutto per riabilitare Martin Lutero, l’eretico per eccellenza, l’eretico per antonomasia, noi cattolici senza aggettivi, elenchiamo le più assurde affermazioni del rivoluzionario tedesco.
Ricordare gli errori del passato, e la loro condanna solenne e definitiva, sia un monito per il presente e un impegno di amore alla verità per il futuro. Ecco le più oltraggiose affermazioni di Lutero, censurate dallo Spirito Santo, attraverso papa Leone. Si vedrà che la questione delle indulgenze fu solo un pretesto usato dal monaco apostata per distruggere il cristianesimo e fondare il luteranesimo.
Si capirà anche quanto sono nel torto quei cattolici modernisti che credono di poter superare le contraddizioni dottrinali e teologiche con un cammino ecumenico ridotto al minimo comun denominatore: pace, amore e fantasia.
1.E’ sentenza eretica, ma largamente seguita, che i sacramenti della Nuova Alleanza danno la grazia giustificante a coloro che non vi pongono ostacolo
2. Negare che il peccato rimane nel bambino dopo il battesimo, significa disprezzare insieme Cristo e Paolo
5. Che le parti della confessione siano tre: contrizione, confessione e soddisfazione non è fondato nella Sacra Scrittura, né negli antichi santi dottori cristiani
12. Se, per assurdo, colui che si confessa non fosse contrito, oppure il sacerdote assolvesse non sul serio, ma per gioco, se tuttavia egli si crede assolto, è assolto con assoluta certezza
17. I tesori della Chiesa, da cui il papa trae le indulgenze, non sono i meriti di Cristo e dei Santi
20. Si ingannano coloro che credono che le indulgenze sono salutari e utili per il bene dello spirito
23. Le scomuniche sono soltanto pene esteriori, e non privano l’uomo delle comuni preghiere spirituali della Chiesa
25. Il Pontefice romano, successore di Pietro, non è il Vicario di Cristo sopra tutte le chiese del mondo intero, dallo stesso Cristo costituito nel beato Pietro
27. E’ certo che non è affatto in mano della Chiesa o del Papa lo stabilire gli articoli di fede, e anzi neppure le leggi morali o le opere buone
31. In ogni opera buona il giusto pecca
32. L’opera buona compiuta nel modo migliore è peccato veniale
34. Combattere contro i Turchi è opporsi a Dio, che visita le nostre iniquità per mezzo loro
37. Il purgatorio non può essere provato mediante la Sacra Scrittura che si trova nel Canone
38. Le anime nel purgatorio non sono sicure della propria salvezza, almeno non tutte
Per cogliere bene l’eredità sacrilega, secolarizzante e a termine distruttiva di ogni istituzione stabile dell’eresia luterana, si legga l’ottimo libretto di Angela Pellicciari, Martin Lutero. Il lato oscuro di un rivoluzionario, Cantagalli, 2016.

da: www.libertaepersona.org

XXXI Premio Letterario Internazionale "Nino Martoglio" a Tommaso Romano, sabato 25 Novembre a Belpasso (CT)




lunedì 20 novembre 2017

In Inghilterra vogliono abolire la dicitura “Avanti Cristo” e “Dopo Cristo”

di Domenico Bonvegna

La notizia non l’ho letta sui “grandi” giornali forse perché a questi è sembrata una barzelletta e, quindi, non hanno voluto abbassarsi a simili sciocchezze; tuttavia essa è circolata ugualmente e si è capito che, col pretesto della “laicità” etc. etc., in realtà per timore reverenziale dell’Islam – la religione ormai più praticata “oltre-Manica” –, in Inghilterra pensano di mettersi al sicuro cancellando perfino il Nome del Fondatore del Cristianesimo.
Alcune veloci considerazioni:
1) intanto a me non pare una barzelletta, né una sciocchezza, come probabilmente è sembrata ai “padroni” della grande stampa che non l’hanno presa neanche in considerazione, ma l’ulteriore segnale della mania di auto-annichilimento (“cupio dissolvi” in buon latino) dell’Europa moderna e neopagana; questa, infatti, dopo il clamoroso rifiuto – votato anni fa nel “sinedrio” di Strasburgo da tutte le Sinistre, anche italiana – di menzionare le “radici cristiane” nel Preambolo della Costituzione europea, cerca, con logica conseguente, di cancellare ad uno ad uno perfino i numeri e i nomi che a quelle “radici” possano riferirsi: l’abolizione dell’ “a.C.” e del “d.C.” forse potrà far sorridere qualcuno, data la volgare scemenza della trovata di cui i compassati britannici dovrebbero  chiedere scusa, ma di sicuro è parte di quella dissennata auto-punizione con cui l’Occidente “civile” si colpisce da anni con le sue stesse mani.
2) se l’Europa, ormai post-cristiana, spera con tali mezzucci di “dialogare” (“dialogo”, al pari di altre come “pace”, “tolleranza”..., è parola magica e talismano luccicante!) con l’Islam, in questo modo perde già in partenza la “partita”: infatti, vergognandosi e spogliandosi della sua storia – in massima parte cristiana – l’Europa si svuota della sua stessa sostanza e si riduce alla insignificanza e al “nulla”. Domanda: c’è qualche esperto, primo della classe, che pensa che l’Islam, religione diffusa in mezzo mondo, si cali a dialogare col… “nulla”? Così, esso vincerà su tutta la linea senza bisogno di “medici e speziali” della “guerra santa”.
3) per risolvere il problema che diverrà sempre più stringente nel prossimo futuro,  il nostro Continente nel fondo del suo cuore forse coltiva due “speranze”: la corruzione/assuefazione e la conversione degli islamici. La prima è la “speranza” di intellettuali laico-progressisti, “maestri”(!)di pensiero e di vita, filosofi, gazzettieri, politici presidenti ministri o assessori di qualcosa, teatranti e ripetitori applauditi a comando nelle televisioni, i quali nell’animo loro “sperano” che gli islamici, a contatto con il progresso, il mercato, le banche, la globalizzazione (e... il sesso liquido, la droga, la discoteca, il femminismo, l’aborto anche post-natale, le famiglie “altre”, l’utero in affitto con donne e bambini comprati, il gender nelle lezioni a scuola, la libertà assoluta…) si adeguino a tali costumi e si lascino “corrompere” diventando anch’essi quel “niente” in cui l’Europa sembra si stia riducendo soprattutto a causa della paurosa denatalità. La seconda è la “speranza” di quelli che sono o credono di essere ancora cattolici e che sperano nella “conversione”: cosa che la Chiesa, in verità, ha sempre cercato e voluto inviando i missionari “a convertir le genti”, si cantava in un inno dei miei tempi lontani di seminario.
Attenzione. Ambedue le “speranze” possono non avverarsi e rimanere solo desideri inappagati; io penso, infatti, che sia molto improbabile che gli islamici si lascino “assuefare” o “corrompere” o “convertire” da quello che in blocco, confondendo il buono e il cattivo della nostra società, giudicano con disprezzo essere il “nulla” dell’Occidente! Ovviamente, spero tanto di sbagliarmi e che i miei siano solo pensieri schematici di un “reazionario”, “populista”, “avanti negli anni”... con l’uzzolo di scrivere “foglietti” per i cinque benevoli amici lettori; intanto, come cattolico, prego affinché si avveri la “seconda speranza”, consapevole, però, che l’ “impresa” non riuscì neanche a Francesco d’Assisi ch’era partito con la Crociata!
4) obiezione: ma ciò che è accaduto in Inghilterra, in Italia non potrà avvenire…;
 risposta: e chi può garantire con sicurezza che esso non avvenga anche in Italia?
Intanto la negazione della fede cristiana è in atto anche nel nostro Paese, per accorgersi basta avere occhi aperti, guadarsi intorno e prendere nota: giorni fa – ma è solo l’ultimo esempio – all’università di Macerata una professoressa, per aver detto in pubblico un’Ave Maria per la pace, è stata insultata da un comitato di studenti di sinistra e contestata dal  rettore; se l’apostasia, poi, non arriva forse ai traguardi di altri paesi europei, è perché la nostra società, per ovvie ragioni storiche, è rimasta più legata di altre al Cattolicesimo e alla Chiesa di Roma la quale – al di là di preti, prelati e papi più e meno degni – nei secoli ha “protetto”, “difeso” e quindi “unificato” la cultura della Nazione italiana ben prima del 1861; a tal proposito riporto le auree parole di Ludovico Antonio Muratori – 1672-1750 –  (non è un “quidam” qualsiasi come sono io, ma il fondatore della storiografa moderna!): “Non c’è dubbio che, senza la presenza del Papato a Roma, parte dell’Italia [del Nord] sarebbe divenuta una provincia tedesca. E l’altra parte [del Sud] una provincia musulmana”.
Poche e precise proposizioni di un “esperto” vero di Storia che immediatamente fanno giustizia di tante favole raccontate contro la Chiesa nelle televisioni, nei film e ad alunni ignari da professorini di scuola che non hanno studiato. Tutto questo il vero Popolo italiano lo “percepisce” e lo “sente” nonostante che la propaganda contraria, soprattutto in questi ultimi decenni, si sia fatta più accanita e capillare; ecco perché da noi la marcia trionfale della Rivoluzione – ad esempio, contro la Famiglia naturale – può incontrare ancora delle resistenze: la manifestazione improvvisata  con milioni di persone al “dies familiae” o “family day” a Roma (30 gennaio 2016) contro la “legge Cirinnà” dimostra bene tale resistenza spontanea del “basso popolo”, di cui faccio parte.
Tuttavia quello che accade in altri paesi contro il Cristianesimo è esattamente ciò che una setta potentissima di manovratori auspicano che avvenga anche in l’Italia: è vero, da noi forse non si arriverà alla cancellazione ridicola dell’ “a.C” e del “d.C.”; da noi ancora le chiese non sono deserte e, quindi, non vengono vendute ai migliori offerenti miliardari che ne fanno ritrovi notturni per gente danarosa come succede nel Nord Europa dove molti si dichiarano ormai atei e non credenti; ma la “setta”, appollaiata sul vertice della “Piramide”, a tale risultato vuole che si arrivi anche nella nostra Patria: cioè alla distruzione, una tessera alla volta, del meraviglioso mosaico cristiano che i nostri Padri avevano composto in tanti secoli.

Conviene a tutti, credenti e non, saperlo prima.

Inaugurazione della Mostra di Pippo Madè, il 6 Dicembre a Palazzo Chiaramonte Steri a Palermo