domenica 22 febbraio 2015

Incontrai la patria

di Alfonso Giordano
 
E gira e rigira per le strade del mondo, finalmente la incontrai proprio quando meno me l’aspettavo.  La incontrai in quel viale sonnolento, lungo e diritto, fiancheggiato da un doppio filare di alberi che gli davano frescura (complice il vento) agitando le chiome mollemente, come una duplice schiera di odalische al panciuto sultano.
    Ma verso la fine – come fosse già stanco – si appoggiava ad una svolta; poi passava su un ponte.
     Ella era lì, appoggiata alla spalletta, che stava a guardarmi come se obbedisse ad un preciso appuntamento.
     Mi sembrò strano di riconoscerla subito. Per anni, quando bisognava che mi decidessi su una quantità di cose importanti, avevo sognato di parlarle. Ed ora che mi sembrava d’aver preso una posizione netta sull’argomento, eccola là, come se m’aspettasse. Non potei far a meno d’avvicinarla, di parlarle.
– Ma dico, non sarà mica la Patria, lei, per caso?
–  Perché no? – rispose.
–  Ma perché …  ma via perché lei non esiste mica, signora: è un vacuo concetto geografico. Null’altro.
–  Mi congratulo per la bella definizione. C’è arrivato da poco?
–  O da molto o da poco non ha importanza: l’importante è che sia esatta.
–  Ciò nonostante, ammetterà anche lei che sono qui
–  Ma via, signora, ma via! Che mascherata è la sua! Lei vorrebbe che io  credessi in lei e mi si presenta al modo tradizionale con le castella in capo, la veste strappata e il profilo da medaglia! A parte l’evidente retorìca, non è neanche di buon gusto.
– Piaccio anche così – replicò tranquilla
– Oh non dico di no – ripresi con sforzo – non dico di no; debbo anche confessarle che, quand’ero ragazzo, una vera e propria cotta per lei la presi anch’io.
–  Ha visto? – sussurrò guardandosi attenta in viso: sorrideva.
– Be’, avevo una spruzzatina sottile di barba al mento che non avrebbe fatta invidia alle pèsche. A quell’età è facile che piacciano le donne leggermente mature…
–  Mica poi tanto sa – m’interruppe, con un lampo negli occhi che aveva del civettuolo.
–  Be’ non per offenderla, ma una certa età deve averla lei – ribattei un po’ vergognoso.  
 Scosse il capo. – Io rinasco ogni volta che un giovanottino dalla barba di pèsca crede in me e mi ama. Nonostante il periodo, si trova sempre qualcuno, creda pure.
– Non dico di no, non dico di no, signora.; ma lei crede di poter tornare come ai beui tempi?
– Tutto sta ad intendersi sul significato di «bei tempi». Ce ne furono  certo, ma non di recente.
   Ci fu una pausa. Il viale, poggiato sul gomito della sua curva, stava a guardare curioso, fattosi ora attento. Gli alberi bisbigliavano sommessamente fra loro, accostando l’un l’altro le teste come per consultarsi. Saliva dal gran silenzio un senso di pace, di serenità, un senso di dolce abulia. Le parole, pronunciate in quell’aria immota, sembravano restare sospese per un attimo nel vuoto, prima di svanire con fretta ansiosa, d’improvviso, precipitosamente, urtandosi le une con le altre, accavallandosi come uno sciame di farfalle impazzite.
   Restai per un attimo anch’io come conquistato da quella strana atmosfera e dominato da quel sopore greve e sonnolento.
   Ma l’inquietudine d’un tratto mi riprese.
–  Signora! – urlai – signora! Come si fa a riacquistare una fede perduta?
–  Tutto sta a vedere se si è veramente peduta – ribatté : sorrideva misteriosamente.
Con mosse molli e superbe s’aggiustò le laceri vesti sul corpo, si mosse. Mi accorsi soltanto allora che era bella, di una bellezza che sembrava fondere insieme quella delle donne di tutte le nostre regioni.  S’allontava molle e superba per la sua strada, senza avermi neppure salutato. La chiamai forte e nella mia voce urlava la disperazione.
– Signora! Ma mi saluti, almeno!
Si voltò leggermente e mi guardò di scancio con aria interrogativa.
– Signora! – ripresi – prima che se ne vada non ha proprio niente, proprio niente da dirmi?b
Signora, bisogna che lei mi dica qualche oggi che l’ho incontrata. Ma non capisce? C’è una quantità di cose che vanno decise in me presto e bene e io è giusto che ascolti lei prima di dar un giudizio definitivo.
   Mi guardò seria, dolorosamente. Scosse il capo, poi disse:
– Non c’è bisogno di dirti niente che tu non sappia. Tutto quel che potrei dirti te lo dici da te stesso da molto tempo, solo che non vuoi ascoltarlo. Sarebbe fatica inutile.
       E s’allontanava, s’allontanava sul ponte.
       Allora, d’improvviso mi prse una sensazione così forte ce non poteui far a meno di gridare:
– Il suo sguatdo … mi dica lmeno questo: il suo sguardo debbo averlo visto prima d’ora in qualche posto … signora!
      Ma lei spariva ormai dietro la gobba del ponte. Mi giunse la sua voce ( o forse fu il vento?) più fioca del sussurro d’un’ape chiacchierina, più debole del battito del mio cuore:
– Davveero?
   Ripresi il mio cammino a ritroso sul viale indolente, a lenti passi cogitabondo. Ma a un tratto m’arrestai di botto. Avevo finalmente capito.
    Aveva lo stesso sguardo di mia madre.
 

martedì 17 febbraio 2015

Dio non è democratico

Nella logica della collettività tutto è concesso fare… fuorchè pensare.
Pensare negli ultimi tempi non è di moda, meditare soprattutto che l’anima non ha volto senza lo Spirito, che lo Spirito non può essere libero se non rispetta le Sue leggi, che le Sue leggi hanno un senso perché si agganciano alla ragion d’essere del cosmo.
Il cosmo non è una nostra creazione e questa è l’unica cosa che sfugge al Relativismo.
È pur vero che ogni cosa ha la sua logica,la sua dignità di esistenza, la sua consistenza e non si può minimamente pensare che il male non abbia il suo peso specifico rilevante,che non abbia  una veste di luce accecante dalla quale è dolce farsi abbagliare …. Ma tutto questo accecamento si chiama “tentazione”.
La Parola Suprema in questo è stata molto chiara e dovrebbe essere un riferimento, una pietra miliare, invece il nostro “comodo umanesimo” ci ha fatto da scudo e questo è molto pericoloso.
La giustificazione di umana specie è di tipo democratico, ma di una democrazia malata, da quando è al potere, di un morbo che si chiama sonnolenza … dorme infatti il diritto ad elevare lo Spirito, che soffia e lascia il segno di una vita unica, singolare. È una democrazia che ci ha negato l’unicità dell’esistenza.
Per tale ragione, Dio, che è Supremo, non è democratico. Se avesse lasciato libera la creazione, niente di ciò che ci circonda sarebbe stato perfetto…. Pertanto nel momento in cui plasmiamo in nome della libertà il nostro Spirito, edifichiamo un’anima imperfetta.
L’imperfezione agli occhi di Dio è Impurtità, c’è un errore di fondo nell’affermazione che siamo chi decidiamo di essere, siamo invece in relazione ad un progetto di purificazione.
La purificazione è una cosa seria, non avviene per misericordia … o almeno non basta.
Non c’è perdono senza impegno,  non c’è impegno che non implichi il  sacrificio dell’ego.
L’ego e tutte le sue declinazioni sono l’epifania del Maligno, solo nel momento in cui l’ego si apre all’Alter Ego, si dilegua la sua infinita miseria, specchiandosi in eteree sfumature.
L’unica democrazia possibile è quella che permette ad un serpente di governare un sistema primitivo, recinto nel quale si muovono “esseri bruti” che scendono verso un abisso che è sempre più abisso. La democrazia è la possibilità del baratro.
I Comandamenti sono altresì le linee guida per l’evoluzione dello spirito umano, che ci riscatta dalla prigionia del peccato.
“Ti  Comando…” e noi democraticamente pensiamo che obbedienza voglia dire Rinuncia.
 A cosa rinunciamo? Alla Purificazione e alla Perfezione.
È amara rassegnazione pensare al Limite come ontologicamente stantìo, constatarlo invece come evidenza matematica che tende ad Infinito, potrebbe essere una soluzione possibile al Teorema oligarchico della perfezione.

Alessandra Cremona

ThuLeggi: Presentazione del romanzo: “Il Volo dell’Allodola”...

ThuLeggi: Presentazione del romanzo: “Il Volo dell’Allodola”...: Scritto durante gli anni della sua malattia, combattuta per anni con grande dignità e da vero guerriero, Il Volo dell’Allodola di Gianc...

sabato 14 febbraio 2015

Considerazioni post-natalizie di un “quidam de populo”

Ci risiamo con una vicenda che ormai si ripete annualmente: sì, perché se ogni 25 Dicembre arriva Natale, rispunta insieme e puntuale un “primo della classe” che vorrebbe cancellarlo. A dire il vero ci aveva pensato subito…Erode col metodo radicale della “strage degli Innocenti” e del tentato infanticidio del Bambino; ma molti, dopo di lui, ci riprovano con tanti modi come chi vorrebbe trasformarlo nella festa pagana “della luce” o “di fine anno” o impedendo, appunto, l’allestimento del presepio.
Rimango sbalordito e indignato nel constatare come minuscoli detentori nostrani di qualche ritaglio di potere “giudicano e mandano” blaterando di “multiculturalismo”, “uguaglianza tra religioni”, “libertà”, “democrazia” e via cantando con altre parole “talismano” inventate dal Mondo Moderno. Ma la loro è stoltezza. Infatti, se – come sembra – il “signor preside” ha proibito il presepio per non fare un “affronto” allo “zero-virgola” di alunni islamici presenti nella sua scuola, ha cannato in pieno per svariati motivi che nel presente “foglietto” tento di riassumere con i “4” miei amici e benevoli lettori:
1°) perché – a fronte di quello “zero-virgola” – la stragrande maggioranza del popolo italiano, compresa quella parte che non frequenta le chiese, ama e vuole, per secolare tradizione, il presepio o il Crocifisso o gli altri segni del sacro anche nei luoghi cosiddetti pubblici come le scuole; quei segni che fanno parte della nostra civiltà che, piaccia o no, è cristiana; da 2 mila anni.
2°) perché è pia illusione, mista a molta ignoranza, credere che vocaboli propri della cultura occidentale – quali, ad esempio, “democrazia”, “libertà” – abbiano uguali peso e valore presso tutti gli islamici e gli orientali in genere; ne consegue che, se il “nostro”, in sua scienza, ha cogitato con la sparata contro il presepio di favorire il “dialogo” (altra parola magica dell’Occidente infrollito!) ignora che il vero musulmano – giustamente secondo me – si rifiuta di “dialogare” con lo stolto che, spogliandosi nudo, volontario, della sua tradizione, s’è, così, ridotto a “niente”. Ciò avviene pel motivo lapalissiano che con/sul “niente” non può esservi parola né dialogo di sorta; anzi il credente in Maometto, erede consapevole di una grande religione come l’Islam, non potrà che disprezzare lo stolto che s’è spogliato della sua! Se poi è un islamico “fanatico” o “fondamentalista”, come se ne scorgono ormai molti all’orizzonte – intendo quelli di “Allah akbar!” col coltello pronto – allora è meglio che gli occidentali ancora cristiani o già neopagani, ritornino a segnarsi la Croce alla fronte e prepararsi al peggio.
3°) perché è altra illusione che gli islamici, a contatto con gli occidentali, possano “convertirsi”. Mi domando: convertirsi a chi e a cosa se gli europei – specie gli ex protestanti riformati delle nazioni del Nord – stanno apostatando dalla loro religione per un paganesimo vissuto? Convertirsi al… “nulla”? Via, siamo seri! Alcuni, poi, che non credono alla “conversione”, essendo questa una parola di sapore eminentemente “religioso/spirituale”, sperano almeno in una più facile “corruzione” di quelli che, stabilitisi in Europa, facciano proprio il neopaganesimo di questa propagandato e diffuso ormai da tutti i mezzi di comunicazione: indifferentismo religioso, libertà sessuale, edonismo, aborto, disordine familiare, omosessualismo, ideologia del gender… Attenzione! Intanto la “conversione/corruzione” dei musulmani è ancora tutta di là da venire e da dimostrare e, qualora lo fosse in futuro per un numero di essi, l’intellettuale liquido e nichilista non tiene conto di “minoranze” islamiche, quelle “fondamentaliste”, che difficilmente si lasceranno rammollire; l’occidentale del “cupio dissolvi” (voglia di autodistruzione) forse non immagina – povero lui! – il “disturbo” che una tal “minoranza” jihadista e fanatica potrà procurare a lui per primo, al suo relativismo, alla sua quiete, alla sua libertà assoluta, al suo pacifismo, ai suoi soldi, al suo individualismo postmoderno…
4°) perché le famiglie islamiche – forse anche quelle degli alunni della scuola del “nostro” – hanno, come molti di noi, “popolo”, ben altri problemi fra le mani che andarsi ad impicciare di “cultura” o di “multicultura” o chiedere la rimozione del Crocifisso dalle pareti e del presepio; forse parecchie di esse per sopravvivere, bussano alle porte delle Caritas e delle nostre chiese che – come sempre – distribuiscono senza guardare il colore della pelle, la lingua, i costumi e la religione di chi domanda: la “multicultura”, la Chiesa – nonostante peccati ed egoismi di suoi uomini – l’ha applicata nei secoli in concreto e senza fare rumore, chiamandola “carità cristiana” esplicitata nelle “Opere di misericordia” fra le quali “dar da mangiare agli affamati”, “vestire gli ignudi”, etc. etc…”. Sono convinto che, al di fuori di tali “misericordie”, vi siano solo le ideologie di lorsignori.
Se poi il “nostro” preside, come sembra legittimo pensare, con la trovata della “multicultura” ha voluto sparare un calcio alla Religione cattolica, bene avrebbe fatto a dirlo chiaro confessando magari – che so – il suo “sessantottismo” senile e in ritardo, quell’odio che il vecchio Marx formulava nella frase famigerata “la religione è l’oppio dei popoli”; cosa che – guarda caso – ancora qualche anno fa mi è toccato di leggere quasi coi medesimi vocaboli, su “l’Unità”, organo storico del Partito Comunista Italiano e poi del Partito Democratico: “la religione come plagio di massa per il controllo sociale” (4-XI-2008); o, più di recente, ciò che lo stesso quotidiano – prima che chiudesse i battenti per mancanza di lettori! – scriveva a proposito di noi cattolici che saremmo in “beota soggezione alla metafisica della superstizione” (l’Unità” 21-II-2014). Sembra che per certa Sinistra il tempo si sia fermato! E dire che c’è stato Togliatti col celebrato discorso di Bergamo (1963) detto della “mano tesa” ai cattolici, la lettera “benevola” di Berlinguer al vescovo di Ivrea, mons. Bettazzi (1977) che, dopo tre decenni, fa ancora oggi intenerire di nostalgia alcuni ingenui frequentatori di sagrestie; i tanti “cattolici” che hanno preferito diluirsi nel Partito Democratico dei post-comunisti! Prendiamone atto: per alcuni la Religione cattolica è rimasta “superstizione” e “plagio di massa”.
Quindi il “signor preside” può stare tranquillo perché è in buona compagnia; fra gli intellettuali supponenti sono “legione”, come i demoni di Gerasa del Vangelo, quelli che la pensano come lui. A me non serve sfogliare gli appunti dei miei vecchi quaderni o i copiosi ritagli di giornali conservati da anni per scegliere “fior da fiore” e proporre esempi sull’argomento che stiamo trattando; mi basta e avanza quello, fresco di stampa, che segue: “Appello per un muro laico all’Università [di Firenze] per la rimozione dei simboli religiosi presenti in Ateneo” lanciato da “Il Manifesto, quotidiano comunista” il 11-XII-2014.
Due povere riflessioni finali: a) per certuni – quanto a religione – pare non sia cambiato nulla; b) per favore, qualcuno soffi alle orecchie di questi “signori” che sarà molto difficile scancellare le vestigia religiose dai muri delle antiche università visto che molte di queste, in tutta Europa, sono state fondate e costruite da Papi e Ordini Religiosi.

Rozzano, 6 Gennaio 2015,
Epifania del Signore


Carmelo Bonvegna