di Domenico Bonvegna
“Per non dimenticare che è
esistita una ideologia e un movimento che hanno prodotto nella storia almeno
cento milioni di morti e continuano a produrne dove sono al potere”, la rivista “Cristianità”,
organo ufficiale Alleanza Cattolica, ha dedicato quasi totalmente
l'ultimo numero (n.387, settembre-ottobre 2017) a temi che riguardano il
comunismo in Russia e nel mondo.
Per Marco Invernizzi, che ha
firmato il primo intervento (“Comunismo e anticomunismo nella storia della
Rivoluzione”), la Rivoluzione d'Ottobre è iniziata il 7 novembre 1917. Il
partito bolscevico subito incontra una forte resistenza, che nel 1918 darà
corso a una guerra civile, “la più importante e cruenta del secolo XX”.
Una guerra che verrà combattuta su un territorio, con “circa tre milioni di
morti, che diventano undici se si tengono conto le carestie conseguenti: essa
cambiò la vita di oltre mezzo miliardo di persone ridisegnando la geografia
politica dell'Europa, dell'Estremo Oriente e dell'Asia Centrale”. Una
storia poco studiata e poco raccontata per Invernizzi, che subito precisa:“il
comunismo non è un'idea gentile che viene proposta ai popoli, ma una
rivoluzione, cioè il tentativo di scardinare radicalmente, non di riformare, la
società esistente e di creare un 'uomo nuovo', completamente altro rispetto al
precedente. E di fare ciò con la violenza”.
La seconda precisazione è
che la violenza comunista, genera una resistenza, una reazione anticomunista,
dovuta a una necessità di sopravvivenza.
Il comunismo non nasce nel
1917 e neanche sul “treno piombato” che riporta in Russia i dirigenti
del partito bolscevico. Il socialismo nasce molto tempo prima, come spiega Igor
Rostislavovic Safarevic,“trova un ruolo nella Rivoluzione francese, dove
annuncia che il futuro sarà comunista attraverso la Congiura degli uguali di
Francois-Noel 'Gracchius' Babeuf, e dove si forma il primo rivoluzionario di
professione italiano, Filippo Buonarroti”, e poi naturalmente con Karl Marx
ed Friedrich Engels.
Invernizzi cerca di spiegare
il “vero” anticomunismo: che non è quello delle motivazioni personali o quello
ideologico. A questo punto fa riferimento al nazionalsocialismo tedesco
e al fascismo italiano, “fenomeni che ancora comunemente si associano
di preferenza all'anticomunismo”. Invece secondo Invernizzi,“sono
concorrenti del comunismo perché perseguono anch'essi – con gradi diversi di
malizia ideologica – una rivoluzione che vuol modificare quella stessa società
che i comunisti vorrebbero abbattere”. .Tanto è vero che i comunisti
sovietici e i nazionalsocialisti tedeschi furono alleati per due anni con il
cosiddetto Patto Molotov-Ribbentrop.
“L'anticomunista che vorrei
disegnare –
scrive Invernizzi – è colui che reagisce a un'ingiustizia, che non riesce a
sopportarla. Quando nelle scuole e nelle università italiane, dopo il 1968,
tornò di moda il comunismo nella versione maoista e si scatenò quasi
immediatamente la violenza intrinseca all'ideologia rossa, con l'esclusione
degli anticomunisti da ogni agibilità politica e la minaccia della loro
incolumità fisica, si capì abbastanza facilmente che dare del 'fascista'
era un modo efficace per impedire la resistenza degli anticomunisti alla violenza
che si stava instaurando come metodo. Così molti anticomunisti furono bollati
come 'fascisti' senza che lo fossero”.
Invernizzi fa riferimento ad
un anticomunismo quasi nobile, che doveva essere educato.“Bisognava
far capire come il comunismo fosse la tappa di un processo e come fosse
necessario spostare l'attenzione sul processo, anche perché la fase comunista
della Rivoluzione in quel frangente era oggettivamente in difficoltà e stava
concludendosi sotto il profilo ideale, anche se non ancora militarmente”.
Bisognava farlo capire ai
tanti giovani che nel secondo dopoguerra avevano trovato in Italia, le forme
espressive dell'anticomunismo in quei movimenti neofascisti e nella Chiesa
cattolica. A questo proposito, Invernizzi cita il valoroso anticomunismo dei Comitati
Civici di Luigi Gedda, che successivamente furono
silenziati, dalla sinistra della DC e da una certa componente progressista
all'interno del mondo cattolico. Infine i due partiti, la DC e il MSI,
“entrambi dal carattere tecnicamente “fascistico”, ossia con diverse anime
ideologiche e raggruppamenti al loro interno”.
Molti giovani preferirono“l'anticomunismo
del MSI, più schietto e meno strumentale di quello democristiano”. E
arriviamo agli anni 60, quando all'interno del mondo anticomunista comincia ad
essere presente Alleanza Cattolica, nata attorno a giovani piacentini,
guidati da Giovanni Cantoni. Chiaramente il gruppo cattolico non
si occupò solo della “questione comunista”. “Il mondo occidentale allora era
alla vigilia di una svolta culturale di proporzioni epocali, che avrebbero
cambiato completamente il destino dell'Occidente ma anche della stessa
Rivoluzione”. Si profilava la cosiddetta Rivoluzione culturale del 1968,
che aveva come principale obiettivo“il mutamento dell'identità dell'uomo e
dei suoi legami con Dio, con se stesso,, con gli altri uomini e con i beni
materiali”. Sostanzialmente il 68 colpiva l'uomo nella sua interiorità.
Poi con la rivolta operaia
di Solidarnocs in Polonia, la prospettiva “bolscevica” dovette
battere in ritirata, grazie alla presidenza degli Stati Uniti di Ronald Wilson
Reagan e soprattutto al grande magistero di san Giovanni Paolo II.
Peraltro la Chiesa aveva già
intuito il clima culturale della rivoluzione antropologica del 68 con una Lettera
dei vescovi italiani sul Laicismo, pubblicata nel 1960. I
cristiani ignoravano i principi elementari della fede e proprio su questo punto
intervenne il Concilio Vaticano II, avviando la nuova evangelizzazione del
mondo occidentale con il discorso di apertura di san Giovanni XXIII, l'11
ottobre 1962.
“La Chiesa non aveva di
fronte soltanto la questione comunista, - scrive Invernizzi – ma una radicale sfida
culturale che minacciava la persona e i suoi fondamenti antropologici e sociali
essenziali”.
Con il passare degli anni la
maggioranza dei popoli occidentali hanno abbandonato la fede e quindi era
importante, necessario “tornare ad annunciare Cristo a un mondo non più
cristiano, nel quale i cristiani rimasti erano una minoranza che però stentava,
e stenta ancora, ad assumere le caratteristiche missionarie tipiche delle
minoranze”.
Tutto si è svolto in un
ventennio (1968-1989). In Italia accanto alla rivoluzione antropologica,
compresa quella sessuale, vi era quella del terrorismo comunista delle Brigate
Rosse. Invernizzi fa riferimento a quelle minoranze di intellettuali
cattoliche, compresi sacerdoti e vescovi, filo-modernisti e filo-comunisti, che
sostennero il mantenimento della legge sul divorzio in occasione del referendum
abrogativo del 1974.
E' importante ricostruire
quel clima sociopolitico religioso di quel periodo per capire come si è mossa
Alleanza Cattolica, che fece riferimento agli studi del pensatore brasiliano Plinio
Correa de Oliveira e in particolare al suo saggio più importante, “Rivoluzione
e Controrivoluzione”.
L'associazione cattolica,
fondata da Giovanni Cantoni, cominciò ad operare su due fronti, quello
dell'anticomunismo e quello della questione antropologica. Il primo fronte “era
abbondantemente sguarnito, perché nella Dc era in corso un processo di
spostamento a sinistra cominciato negli anni 1960 e culminato nella politica di
'compromesso storico', volta ad introdurre il Partito Comunista Italiano (PCI)
nell'area di governo[...]mentre nella Chiesa era in corso una politica di
'dialogo' verso i Paesi comunisti, detta Ostpolitik vaticana, che mirava
a dare maggiore protezione ai fedeli che vivevano oltre la Cortina di
ferro[...]”. Su questa linea politica ancora si discute.
Poi arrivò il Papa
venuto dal'Est, e ci fu il cambiamento sia ecclesiale che politico. “Papa
Wojtyla cercò sempre di parlare ai popoli, invitandoli a scoprire le loro
radici storiche e culturali e a non lasciarsi sopraffare da chi le voleva
sradicare”. Gli anni 80 furono decisivi per la sconfitta del comunismo. Le
vicende polacche, la sconfitta militare sovietica in Afghanistan, la presidenza
Reagan negli Usa, e poi la glasnot e la perestrojka di Gorbacev,
che in pratica cercavano di salvare il comunismo riformandolo in senso
democratico. Alleanza Cattolica fu attenta a questi scenari politici, prese
posizione pubblicamente con una serie di conferenze e di manifestazioni, dando
voce in particolare alle resistenze anticomuniste “dimenticate” e appoggiando
la Conferenza Internazionale delle Resistenze nei Paesi Occupati (CIRPO),
fondata in Francia da Pierre Faillant de Villemarest.
Con la caduta del Muro di
Berlino nel 1989, c'è il cambiamento epocale, anche se la Storia non è finita.
Il cambiamento avviene anche nella politica italiana, il Pci di Occhetto è
costretto a cambiare pelle, diventa PDS, una specie di partito socialista della
Sinistra, assomigliando a un grande “partito radicale di massa”.
Mentre la DC scompare, aggredita ed eliminata“in pochi anni da un attacco
giudiziario chiamato Mani Pulite, partito dal Palazzo di Giustizia di Milano”.
Stessa fine fa il partito socialista di Craxi.
Nel contempo l'ideologia
marxista-leninista perdeva la capacità di seduzione in tutto l'Occidente e
anche in Cina, dove si svolgeva proprio nel 1989 la rivolta dei giovani nella
piazza Tienanmen, divenuta celebre per una foto che ritrae un giovane inerme
che blocca la marcia di una fila di tank dell'esercito comunista cinese.
A questo punto Invernizzi si
interroga: “fine del comunismo e dell'anticomunismo?”. Ogni
cambiamento epocale, è sempre complesso. Certamente, occorre rivedere i
presupposti dell'epoca della modernità, che é iniziata con il Rinascimento e
con la Riforma protestante e poi continuata con l'epoca della Rivoluzione
francese, e quindi con le successive ideologie, per giungere a una nuova
stagione post-moderna, quella che stiamo vivendo e che Benedetto XVI, chiama la
“dittatura del relativismo”. Un'epoca segnata dalla rivoluzione
antropologica, il prof De Oliveira, la identifica come IV Rivoluzione,
che attraverso le teorie del gender, mette in discussione
l'identità sessuale della persona.
Pertanto in occasione del
centenario della Rivoluzione sovietica e della successiva guerra civile, è
indispensabile ripercorere quel periodo storico per comprendere quello che
stiamo vivendo.“Perché la storia non conosce salti nel buio ma una continua
metamorfosi, seppure segnata da passaggi epocali”.
Oggi siamo chiamati a una
decisione personale importante, ognuno deve scegliere come rapportarsi con il
mondo e con la storia. Sopratutto non dobbiamo perdere la speranza di costruire
una società “a misura di uomo e secondo il piano di Dio”, come diceva
san Giovanni Paolo II.
Per ricordare e non
dimenticare i 100 milioni (ma per Eugenio Corti sono il doppio 200 milioni) di
morti prodotti da un'ideologia sanguinaria come quella comunista, la casa
editrice D'Ettoris di Crotone ha ripubblicato,“Il costo
umano del comunismo”, Russia, Cina, Vietnam”, dello storico
inglese Robert Conquest. La rivista “Cristianità”, ha
intervistato Oscar Sanguinetti, che ha tradotto, curato e introdotto la nuova
edizione.
Oggi nessuno può negare o “ignorare
lo stretto legame fra comunismo- almeno quando è al potere – e crimini contro
l'uomo e la donna”. Soltanto quelli che ancora sono accecati
dall'ideologia, possono continuare ad avere nostalgia di queste idee assassine.
Dalla Spagna al Nepal, ovunque vi è stato un movimento comunista, esso ha
causato devastanti conflitti civili, con un numero indescrivibile di lutti e
danni. Per Sanguinetti, il comunismo novecentesco , ha prodotto vittime in due
momenti: quando cerca di conquistare il potere in uno Stato, e quando è al
potere, attraverso una minoranza, cerca di “tradurre in realtà il suo
progetto utopistico e anti-naturale di società aggredendo in maniera
terroristica il corpo sociale”.
Attenzione Sanguinetti
precisa, sulla questione del “terrorismo”, subito si pensa a quello islamista.
Invece nel caso del totalitarismo comunista, il terrore, che mette bene in
luce, Robert Conquest, è quello dello Stato.
Nell'intervista Sanguinetti
ricorda l'opera meritevole di Aleksandr Solzenicyn e poi del Libro
nero del comunismo, uscito in Francia nel 1997, una lodevole iniziativa
ad opera di privati, cui manca ogni investitura pubblica e persino il “bollino
blu” accademico. Ancora ricorda gli sforzi di studiosi indipendenti come Vladimir
Kostantinovic Bukovskj, che ha pubblicato in Occidente migliaia di
documenti di capitale importanza trafugati dagli archivi del KGB, i servizi
segreti sovietici, durante la presidenza Eltsin. Ma anche Vasilij Nikitic
Mitrokin, che ha passato migliaia di documenti sulle attività
destabilizzanti svolte all'estero dai servizi segreti sovietici.
Tuttavia Sanguinetti,
lamenta una mancanza di ricerca seria, infatti, sono pochi quelli che sono
andati a cercare la documentazione più compromettente.
Il testo di Conquest è la
traduzione di tre documenti statunitensi, peraltro negli anni 70, “sono
stati per lungo tempo l'unico serio tentativo di contare le vittime del
comunismo internazionale”. Sanguinetti precisa l'espressione “costo umano”,
che non riguarda solo le vittime per le guerre, causati dalla rivoluzione, ma
si intende un costo più allargato: un vero e proprio disegno d'ingegneria
sociale, per “ripulire” intere regioni dai nemici e dagli oppositori: individui
o intere classi di persone. Tra questi bisogna conteggiare tutti i condannati
nell'”arcipelago GULag”, a costruire a mani nude canali a cinquanta gradi
sotto zero[...]”. I condannati nei micidiali Laogai cinesi. I
sepolti nelle foibe istriane o nelle fosse comuni come quelle di Katyn.
La strage dell'Holodomor in Ucraina. Il comunismo “è
criminogeno per natura”, ed “ha come esito strutturale e fatale il
classicidio e come cause primarie l'ateismo militante e il totalitarismo
politico-sociale”.
Gli studi di Conquest
purtroppo non hanno avuto nessun peso politico in quegli anni, in pochi lo
hanno apprezzato in Italia, è stato pubblicato dal settimanale di destra
liberal-nazionale il Borghese, fondato da Leopoldo Longanesi.
Ricordare è importante
perché “il comunismo e la morte sono stati stretti sodali per decenni
e non hanno ancora 'divorziato' e, visto che il comunismo domina su quasi un
miliardo e mezzo di nostri contemporanei, aiuta il nostro prossimo a tenerlo a
mente”.
Vale anche per noi: “in
Italia l'anti-comunismo non è morto. Non solo gli anti-comunisti ci sono
ancora, ma ricordano tutto per filo e per segno”.
Sanguinetti ricorda “le
montagne di cadaveri prodotte dall'”esperimento comunista”. Per questi
morti ancora “nessuno, né grande, né piccolo, dei loro carnefici
materiali o morali ha mai pagato in alcuna forma”.
“Gli anti-comunisti di oggi
non credono affatto che il comunismo 'sia finito', ma ritengono che continui
sotto altre spoglie”.
Infine la rivista riporta
l'interessante convegno “1917-2017. Fatima, la Rivoluzione bolscevica e la
conversione della Russia” del 14 ottobre scorso presso il Centro
Francescano Culturale Artistico Rosetum di Milano, organizzato da
Alleanza Cattolica e dal Centro ospitante.
Da segnalare gli interventi
del professore Giovanni Codevilla, autore di “Storia della Russia e dei
paesi limitrofi” (con un saggio di don Stefano caprio, 4 voll., Jaca Book,
Milano 2016). E' intervenuto poi l'avvocato Mauro Ronco su “Il
Novecento. Il secolo delle idee assassine”. Mentre don Stefano Caprio ha
svolto la relazione su “La Russia oggi, tra conversione e nazionalismo”.
Ha concluso i lavori del
convegno il reggente nazionale di Alleanza Cattolica, il dottor Marco
Invernizzi, intervento su “La profezia di Fatima per la conversione del
mondo”. Le apparizioni di Fatima sono un avvenimento importante che ha
sempre accompagnato la vita dell'associazione. Invernizzi ci tiene a ricordare
che il messaggio di Fatima non può essere assolutamente separato dal richiamo
esplicito alla Russia e la diffusione del comunismo nel mondo, la persecuzione
contro la Chiesa, ma anche la conversione della stessa Russia. Peraltro questa
è l'interpretazione che dà il più grande mariologo italiano, il padre
monfortano Stefano de Fiores.