lunedì 18 luglio 2016

Autorità e ortodossia "muri" di protezione

di Fabio Trevisan


Nel capitolo conclusivo dello straordinario saggio “Ortodossia”, Chesterton volle chiarire l’importanza dell’autorità e dell’ortodossia per salvaguardare la moralità e l’ordine, il rinnovamento e il vero progresso. Questa sicura custodia dell’umanità e dell’autentica libertà partiva dal riconoscimento del dogma del peccato originale, da quella che continuamente egli chiamava la filosofia o la tradizione della Caduta (con la C maiuscola). Con questa fondamentale base universale Chesterton additava l’esatto pericolo che stavamo (e che stiamo correndo): la salvezza dell’anima.
L’autorità della Chiesa che difendeva il dogma costituiva per lui la sicura tutela della libertà e del povero: “Se vogliamo proteggere il povero, saremo favorevoli alle regole fisse e ai dogmi chiari”. Sembrerebbe paradossale invocare la necessità di dogmi chiari dinanzi alle miserevoli condizioni dell’uomo di allora e della nostra attualità! Sembrerebbe preferibile appellarsi alla sola misericordia, come accade oggigiorno. Qual era la situazione spaventosa che saltava ai suoi occhi? Senza alcun dubbio era la salvezza prioritaria dell’anima e per questo, ad esempio, preferiva parlare di “dannazione” e non di “degenerescenza” come molti allora, con termini pseudo-scientifici, sostenevano: “Se desideriamo che la civiltà europea sia un’incursione vittoriosa e una liberazione, ci converrà sostenere che le anime corrono un reale pericolo e non che questo pericolo è estremamente irreale”. Davvero commovente era questo autentico sguardo misericordioso in Chesterton, che coniugava carità e dottrina, autorità e libertà, ortodossia e salute dell’anima.
Egli credeva razionalmente alla forza e all’autorità della Chiesa e lo faceva appoggiandosi all’evidenza e al senso comune: “Ho esaminato gli argomenti intellettuali addotti contro l’Incarnazione e ho trovato che erano la mancanza di senso comune…la dottrina e la disciplina cattolica possono essere dei muri, ma sono i muri di una palestra di giochi”. L’abbattimento dei muri non poteva portare che all’anarchia, alla fragilità ed alla paura che Chesterton esemplificava con una significativa immagine: “Immaginiamo dei fanciulli che stanno giocando sul piano erboso di qualche isolotto elevato sul mare; finché c’era un muro intorno a loro, essi potevano sbizzarrirsi nei giochi più frenetici. Ora il parapetto è stato demolito, lasciando scoperto il pericolo del precipizio. I fanciulli non sono caduti, ma i loro amici, al ritorno, li hanno trovati rannicchiati e impauriti nel centro dell’isolotto, e il loro canto era cessato”.
Ecco perché l’autorità e l’ortodossia (come quei muri) salvaguardavano la nostra felicità e curavano la salvezza dell’anima; ecco perché il dogma permetteva la libertà e una reale avventura nella storia dell’umanità. Per questo il Cristianesimo ed i suoi dogmi erano visti da Chesterton nei rapporti pratici con la sua anima e costituivano un insegnamento vivo, determinato e sicuro cui aderire con tutte le facoltà umane (intelligenza, volontà, memoria). Bisognava considerare la filosofia profonda della Caduta ed il paradosso fondamentale del Cristianesimo, che non era l’ordinaria condizione dell’uomo né il suo stato di sanità e sensibilità normale, ma piuttosto che la normalità stessa era una anormalità. Eravamo e siamo pellegrini in esilio dalla vera terra del Padre, bisognosi di una grazia salvifica che ci trascini verso l’alto, verso quella vocazione soprannaturale alla quale eravamo e siamo destinati.
L’orizzonte chiaro dell’ortodossia permetteva di verificare se, nel corso delle vicissitudini terrene, qualcosa ostacolava la salvezza dell’anima. L’autorità della Chiesa consentiva così di assaporare la bellezza dell’avventura umana.

(Riscossa Cristiana, 1 luglio 2016).

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