di Domenico Bonvegna
L'ottimo libro di Richard Pipes, “Il
regime bolscevico. Dal terrore rosso alla morte di Lenin”,
Mondadori (1999) chiarisce alcune questioni che altri libri non hanno il
coraggio di chiarire, come per esempio le affinità del regime bolscevico con
l'autocrazia zarista, e poi soprattutto con il fascismo mussoliniano e il
nazionalsocialismo hitleriano. Leggendo il documentato saggio di Pipes mi
convinco sempre più della necessità di riscrivere la storia del Novecento,
almeno per non continuare a raccontare frottole alle nuove generazioni.
Similitudine del bolscevismo
con lo zarismo.
Sono in tanti a negare
l'esistenza di rapporti fra la Russia zarista e quella comunista. Soprattutto
gli intellettuali,“preferiscono concentrare l'attenzione sugli obiettivi
dichiarati dei comunisti e confrontarli con la realtà dello zarismo”. Ma il
quadro cambia quando si va invece a confrontare la realtà comunista con quella
zarista.
Il filosofo Nikolaj
Berdjaev, ha negato che addirittura si fosse svolta una rivoluzione in Russia.“Si
stanno ripetendo tutte le cose esistenti nel passato; solo che operano sotto
nuove maschere”. Scrive Pipes sulla rivoluzione d'ottobre: “Anche una
persona totalmente ignara della realtà russa considererebbe inconcepibile che
in un solo giorno, il 25 ottobre 1917, in conseguenza di un putsch armato, il
corso della storia millenaria di un paese vasto e popoloso abbia potuto subire
una trasformazione radicale. Assai difficilmente le stesse
persone[...]avrebbero potuto essere tramutate in creature diverse da un
improvviso cambio di governo”.
Lo storico americano
sostiene che il regime comunista come si presenta alla morte di Lenin rivela
affinità inequivocabili con il governo zarista. A cominciare dell'autocrazia.
Tutto il potere legislativo ed esecutivo era concentrato nelle mani dello zar,
e lo esercitava senza interferenze.“Sin dal primo giorno al potere, Lenin
seguì istintivamente questo modello”. Il partito comunista era il vero
dominatore del paese. “Nell'espletamento delle sue funzioni Lenin ricordava
gli zar più autocratici, Pietro I e Nicola I, poiché voleva occuparsi
personalmente dei dettagli più minuti degli affari di stato, come se fosse un
suo possedimento privato”. Addirittura Lenin “era il proprietario delle
risorse materiali del paese”, perchè la proprietà di diritto era del
“popolo”, considerato come sinonimo del Partito comunista. Era proprietario
anche della popolazione,“i bolscevichi ripristinarono il servizio civile
obbligatorio, uno dei tratti caratteristici dell'assolutismo della
Moscovia[...] I bolscevichi ripristinarono subito l'usanza della moscovita,
sconosciuta in qualsiasi altro paese, di richiedere a tutti i cittadini di
lavorare per lo stato[...]”. Chi non lo faceva, in conformità agli ordini
di Lenin, subiva la pena capitale.
La burocrazia comunista
adotta i vecchi sistemi zaristi.
Sostanzialmente per Pipes, i
burocrati comunisti, una casta chiusa, regolata da una rigida gerarchia, al di
sopra della legge e del pubblico controllo,“acquisirono con assoluta
naturalezza i sistemi dei loro predecessori zaristi”. Pertanto per Pipes, “non
sorprende che la burocrazia comunista avesse adottato tanto in fretta i vecchi
sistemi, dato che il nuovo regime da moltissimi punti di vista perpetuava le
vecchie tradizioni. La continuità era agevolata dal fatto che un'alta
percentuale delle cariche amministrative sovietiche era detenuta da ex
funzionari zaristi, che si portavano dietro abitudini acquisite nel servizio
zarista, e le trasmettevano ai nuovi entrati”.
La polizia segreta zarista
fu un'altra importante organizzazione che i bolscevichi hanno ripreso,“la
Ceka e gli organismi che le succedettero assimilarono a tal punto i sistemi
della polizia di stato zarista che ancora negli anni Ottanta il KGB distribuiva
al suo personale manuali predisposti dallOhrana quasi un secolo prima”.
Tuttavia scrive Pipes,“i bolscevichi si ispirarono a modelli che non
trovarono nelle opere di Marx, Engels o di altri socialisti occidentali, ma
nella propria storia”.
Naturalmente i bolscevichi
si comportarono con una brutalità e una violenza superiore a qualsiasi cosa si
fosse mai vista sotto lo zarismo. Certo loro non volevano imitare in tutto i
sistemi zaristi, ma furono costretti dalle circostanze. Una volta rifiutata la
democrazia,“non avevano altra scelta che governare in modo autocratico. E
governare in modo autocratico significava governare il popolo nel modo in cui
era abituato”.
Stalin fedele discepolo di
Lenin.
Un altro problema
controverso sollevato dalla rivoluzione russa è il rapporto fra il leninismo
e lo stalinismo. I comunisti, sia i compagni di viaggio, che i
simpatizzanti, ancora oggi negano qualsiasi legame fra i due dirigenti
comunisti,“affermando che Stalin non soltanto non proseguì il lavoro di
Lenin, ma lo distrusse”. Nel libro Pipes dimostra che Stalin già era al
lavoro nei tre organi dirigenti del comitato centrale, mentre governava Lenin.
Se ci sono differenze di vedute tra i due uomini, si riferivano alla rozzezza e
l'impazienza caratteristici della personalità di Stalin. Una differenza c'era
però che Lenin non uccideva altri comunisti, mentre Stalin lo faceva su larga
scala. Comunque sia, “Stalin era un vero leninista, nel senso che seguiva
fedelmente la filosofia e i sistemi politici del suo protettore. Tutti gli
ingredienti di quello che è diventato noto come
lo stalinismo, salvo uno, l'assassinio di altri comunisti, li aveva
appresi da Lenin”.
Lo storico americano
continua la sua analisi spiegando perchè il comunismo fu un fallimento
colossale. Ma qui mi interessa analizzare le tante analogie tra i tre regimi
comunista, nazista e fascista. Richard Pipes avvalendosi di una lunga schiera
di studiosi e storici tratta il tema nel V° capitolo del libro.
Le affinità ideologiche tra
comunismo, nazionalsocialismo e fascismo.
Il rapporto fra comunismo e
“fascismo” è da tempo oggetto di controversie, ci sono gli storici dell'area di
sinistra che rigorosamente sostengono che i due fenomeni son inconciliabili,
poi ci sono i cosiddetti conservatori che li includono entrambi nella categoria
del “totalitarismo”. Il problema è delicato, Pipes cerca di “esaminare
l'influenza esercitata sulla politica occidentale dal comunismo, sia come
modello da emulare sia come minaccia da sfruttare”. Pipes è convinto che
dopo aver studiato le origine dei movimenti estremisti di destra sorti in
Europa fra le due guerre, “risulta subito evidente che essi sarebbero stati
inconcepibili senza il precedente stabilito da Lenin e Stalin”. Lo studioso
americano si meraviglia del fatto che storici e politologi abbiano ignorato
questo aspetto, soprattutto per quanto riguarda la presa del potere del
nazismo, dove emergono continuamente analogie di metodi impiegati tra Hitler e
Lenin.
Per il momento ci fermiamo
al prossimo appuntamento analizziamo più a fondo le somiglianze fra i tre
movimenti rivoluzionari che hanno segnato la storia del Novecento.
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