di Luca Fumagalli
Thomas Becket per mons. Benson non era un santo qualsiasi. Come Thomas More anch’egli incarnava uno degli elementi decisivi della poetica dello scrittore inglese: la perenne lotta tra le forze dello spirito e le tentazioni secolari, tra la Chiesa e il mondo, tra Cristo e Cesare. La storia del vescovo che sfidò il suo re e che per questo venne brutalmente martirizzato, anticipava di qualche secolo il dramma della Riforma che, a partire da Enrico VIII, avrebbe devastato per sempre il cattolicesimo britannico. Non stupisce quindi che, al di là dei numerosi romanzi storici ambientati nel XVI secolo, Benson abbia pensato nel 1908 di pubblicare un agile saggio, intitolato The Holy Blissful Martyr Saint Thomas of Canterbury, dedicato proprio alla parabola esistenziale di Becket, dall’infanzia fino alla morte gloriosa.
Il progetto, cominciato qualche anno prima con la collaborazione di Frederick Rolfe “Baron Corvo”, era stato proseguito in solitaria da Benson, dopo che il rapporto tra i due era naufragato a causa di litigi e incomprensioni. Il sacerdote stravolse totalmente l’impianto iniziale – che prevedeva la scrittura di un vero e proprio romanzo – per ripiegare su un lavoro meno pretenzioso, una plaquette dai toni didascalici, abbellita da vivaci digressioni e ampi squarci descrittivi.
Thomas Becket, nato nel 1118, era un giovane promettente, certamente destinato a una grande carriera nei ranghi della burocrazia inglese. In effetti, l’abile oratoria, la profonda scienza e le spiccate doti atletiche, lo rendevano un uomo prezioso per il sovrano di cui divenne presto intimo amico. Enrico II non rinunciava mai ai consigli di Thomas che sovente impiegava per le missioni diplomatiche più delicate. Nel 1154 lo nominò addirittura Lord Cancelliere, cioè primo ministro del regno. Seppur riluttante, nel 1162 Becket venne eletto infine Arcivescovo di Canterbury per volontà del re, che desiderava evitare i conflitti che avevano caratterizzato i suoi rapporti con il precedente arcivescovo.
Lo scontro tra Thomas ed Enrico, a questo punto, divenne inevitabile. Il Plantageneto, da sempre interessato a limitare i privilegi del clero inglese, emanò nel 1164 le famigerate “Costituzioni di Clarendon” credendo di trovare un alleato nel nuovo primate. Naturalmente si sbagliava. Becket non aveva mai dimostrato una grande predilezione per il sacerdozio, ma aveva coltivato una profonda fede sin dalla gioventù, comunicandosi regolarmente, pregando ogni giorno e conducendo un’esistenza moralmente integerrima. Enrico II si trovò quindi ad affrontare un uomo disposto a tutto pur di salvaguardare i diritti della Chiesa e del Papa in Inghilterra. Fu così che nel 1170 Thomas Becket testimoniò con il martirio la superiorità di Cristo rispetto a qualsiasi re di questa terra: quattro sgherri lo uccisero mentre era raccolto in preghiera presso l’altare della cattedrale di Canterbury.
Non si sa se i quattro, armati fino ai denti, agirono di loro iniziativa per guadagnare il favore del sovrano che spesso si lamentava del fastidio procurargli dall’ex amico, o se invece eseguirono un ordine di Enrico. Quel che è certo è che al Plantageneto fu levato dai piedi un fastidioso impiccio.
The Holy Blissful Martyr Saint Thomas of Canterbury, purtroppo mai tradotto in italiano, resta uno dei libri più commoventi di Benson, impegnato in un lavoro di ricostruzione storica e ideologica, recuperando nelle pieghe del tempo le ragioni che mossero tanti inglesi, di cui Becket fu solo il primo, ad arrivare alla “follia” di morire per Cristo. L’aureola di sangue che circonda la testa del morto è la corona del vero vincitore, di colui che ha guadagnato un regno glorioso che il mondo non potrà mai offrire: il Paradiso.
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