di Domenico Bonvegna
Il
giorno dopo dell'attentato al mercatino di Berlino ho notato sulla stampa una
certa rassegnazione, molti si son chiesti,“come è possibile che sia successo
ancora?”. A cinque mesi dopo Nizza, un camion si è scaraventato sulle
ignare persone in una città europea uccidendole. Si poteva evitare tutto
questo? Certo è difficile prevedere attentati terroristici, siamo di fronte a
un terrorismo diffuso, pervasivo, delocalizzato, diretto
dallo Stato islamico, ha detto il professore Lombardi, dell'Università
Cattolica, che è presente “ormai in 40 paesi
del mondo, ha un esercito delocalizzato che combatte questo nuovo tipo di
guerra ibrida che è in corso da anni, non geolocalizzata ma a pezzi. Abbiamo
paura di ammetterlo, ed è un ritardo culturale grave, ma siamo in guerra”.
Del resto“sui canali ufficiali dei jihadisti ci sono
istruzioni su come guidare un camion su una folla inerme, su come uccidere con
un coltello o fabbricarsi una bomba in casa. “E’ un tipo di propaganda che
colpisce tutti: islamisti, difensori della umma, sbandati. Sono percorsi di
radicalizzazione diversi tra loro ma che si concludono tutti con attacchi su
cui lo Stato islamico mette il cappello”. Ai jihadisti interessano soprattutto
gli effetti di questi atti, che sono quindi “difficilmente prevedibili se non
c’è una catena di comando in cui l’intelligence si può infiltrare”. (Piero
Vietti, Europa e terrorismo. Dobbiamo accettare l'idea che siamo in guerra,
21.12.16, Il Foglio)
Pertanto è prevedibile che per i prossimi dieci anni almeno
si debba convivere con attentati jihadisti in Europa. Lo Stato islamico
peraltro riesce a convincere le giovani generazioni, ragazzi di quindici-sedici
anni a volte anche di dodici. Secondo il professore Lombardi, dobbiamo porci la
domanda, quale“tipo di società abbiamo messo in piedi, in cui un dodicenne è
attratto da una propaganda che lo vuole trasformare in terrorista. Sul lungo
periodo, infatti, “bisognerà individuare politiche che intercettino i percorsi
di radicalizzazione, impedendo che vadano a buon fine”.
Nel frattempo occorre essere consapevoli che la nostra vita
quotidiana è cambiata, bisogna comportarsi come quando si affronta un terremoto
o un incendio. “Dobbiamo essere coscienti che ci potremo trovare in mezzo a
un attacco terroristico e sarà vitale sapere come reagire”. In tre parole:
consapevolezza del rischio, informazione e formazione.
Continuando con le riflessioni politicamente scorrette lette,
particolarmente interessanti sono quelle di Gian Micalessin e Andrea Morigi,
due giornalisti esperti di politiche e di guerre Mediorientali e quindi di
terrorismo. Peraltro Morigi è autore di “Multinazionali del terrore”,
Piemme(2004).
La tragica vicenda del terrorista tunisino interroga e
inchioda la Germania “buonista” di Angela Merkel.“La strage di Berlino inizia a Colonia il primo giorno del 2016. Scrive Micalessin.
“Dietro l’ottusa impotenza che permette a un delinquente abituale di girare a
piede libero e trasformarsi in un terrorista aleggia la stessa follia buonista
della notte di Capodanno. Allora le denunce delle donne abusate dagli immigrati
vengono insabbiate per non inquinare l’immagine dei rifugiati accolti sulla
fiducia da Angela Merkel. Nel nome della stessa benevola «correttezza politica»
le autorità tedesche tralasciano per 17 mesi di fermare Anis Amri nonostante vi
siano sei ottime ragioni per sbatterlo in galera e rispedirlo in Tunisia”.(G.
Micalessin, Carneficina figlia del buonismo: il killer andava arrestato
prima, 23.12.16, Il
Giornale).
Micalessin
fa la storia degli spostamenti e degli atti terroristici del tunisino, che
peraltro tutte le intellegence europee e americane conoscevano. Era
stato inserito nella lista di sorvegliati speciali a cui è vietato imbarcarsi
sui voli diretti negli Usa. Ma le informazioni non vengono mai utilizzate dagli
inquirenti tedeschi. Sembra che Anis Amri fosse legato alla cellula dell'Isis
di Dortmund.
Altre
riflessioni scorrette sono quelle di Andrea Morigi, nella prima il giornalista
di Libero, polemizza sull'islamofobia dei politici tedeschi,
praticamente in Germania, non si può dire che l'attentatore al mercatino di
Berlino è un islamico. Vige un codice di autodisciplina e di autocensura dei
giornalisti.“Guai a fornire le generalità dell’individuo coinvolto
nell’attentato o nel reclutamento di jihadisti per non scatenare reazioni
xenofobe. Se finisce sotto processo, se ne mettono le iniziali e magari anche
la sua fotografia. Ma va rispettata la sua privacy. E chi viola le disposizioni,
adottate dal Consiglio tedesco della stampa, rischia di incorrere in pesanti
sanzioni disciplinari”.(A. Morigi, La stampa tedesca si autocensura per
rispettare la privacy dei terroristi, 21.12.16, Libero).
Praticamente
guai a scrivere che si tratta di un musulmano,“La stampa si asterrà dal
vituperio contro le convinzioni religiose, politiche o morali”, recita la
sezione 10 del succitato codice. In pratica, è vietato dire che i fatti nascono
dalle idee, che vi sono retroterra dottrinali che conducono naturalmente a
impegnarsi nella guerra santa sulla via di Allah, che alcune pratiche sono
patrimonio esclusivo di una determinata cultura”. E anche se il terrorista
mentre uccide grida, “Allah Akhbar, i terroristi vanno descritti come
giovani alienati con problemi psichiatrici”.
In un
altro intervento Morigi polemizza con le misure prese dal prefetto di Roma. In
pratica per sconfiggere il terrorismo islamico secondo il prefetto basta che la
polizia stradale intensifica i controlli sui camion in ingresso a Roma. Nella
stessa direzione stanno andando le
istituzioni qui a Milano, stanno mettendo grossi blocchi di cemento davanti a piazza Duomo a Milano. Per Morigi
queste misure sono ridicole, almeno quelle sul controllo dei camionisti, dei
tir. “Peccato che il presunto rimedio non tenga conto della realtà, cioè che
gli sterminatori di Nizza e di Berlino,
ma anche quelli che a più riprese hanno investito i civili israeliani alla
fermata dell’autobus, sono musulmani. Non camionisti”. (A.
Morigi, Lo sterminatore di Berlino è un musulmano non un camionista, 23.12.16,
Libero)
Tuttavia,
il problema,“non è legato al possesso di una patente C o D. Infatti i
terroristi islamici non obbligatoriamente hanno sostenuto esami alla
motorizzazione civile, ma più frequentemente si sono addestrati nei campi
dell’Isis. E da là sono tornati con la missione di uccidere gli infedeli. Ecco,
- per Morigi - forse sarebbe il caso di identificare la minaccia con la
sua vera causa, cioè i predicatori del Corano più violento. E di smetterla di
parlare di lupi solitari, quando ormai sono diventati un branco, stupendosi
ogni volta che compiono un attentato”.
Intanto
Morigi conclude,“nelle moschee abusive di Roma e di tutt’Italia prosegue
indisturbata l’opera di radicalizzazione, reclutamento e arruolamento. Le
sorvegliano, certo. Avranno infiltrato agenti dei servizi fra i fedeli di
Allah, ovviamente, e disporranno di fonti interne alla comunità islamica, in
grado di avvertire al primo apparire di segnali di rischio. Se però non si affronta
il motivo del loro odio si è destinati a soccombere”.
Comunque
sia il terrorismo non si combatte solo con le forze di polizia, scrive
Invernizzi, “innanzitutto, bisogna ricordare che le scene drammatiche di
questi giorni, a Berlino e Ankara, a Sesto San Giovanni e
a Il Cairo, ci ricordano il terrorismo
comunista degli Anni settanta, quando le Brigate rosse cercavano di spaventare
i nemici della loro ideologia con l’uso della violenza, così come oggi il
terrorismo islamista cerca di terrorizzare i cosiddetti crociati. Oggi come
allora, i terroristi vanno isolati, costringendo tutti i Paesi arabi a
denunciarli e a combatterli, come allora avvenne con il PCI e con il sindacato,
che da un certo anno in poi smisero di considerarli “compagni che sbagliano” e cominciarono a denunciarli e a
combatterli”. (Marco Invernizzi, “Onore agli eroi. Buon Natale”,
23.12.16 da alleanzacattolica.org).
Fermo
restando che i due agenti di polizia che alle tre di notte hanno fermato Anis
Amri (purtroppo con la morte, che non si augura neppure al peggiore dei
terroristi) hanno compiuto un gesto eroico, sono stati uomini esemplari che non
hanno rinunciato a fare bene il loro lavoro quotidiano anche quando potevano
facilmente “chiudere un occhio”.
Questi
due agenti per il loro“eroismo del quotidiano”, bisogna ringraziarli,“perché
ci ricordano che la lotta contro il terrorismo passa inevitabilmente attraverso
l’uso della forza, legittima e legale, e per mezzo del
controllo capillare del territorio, in ogni momento delle 24 ore, per non dare
tregua e spazi ai terroristi”. Invernizzi,sottolinea l'eroicità dei nostri
due poliziotti, forse è stato l'unico, ma
è stato un grave errore da parte dei nostri governanti rivelare i nomi
dei due agenti.“Manca solo l’indirizzo di casa per aiutare Isis e salafiti a
vendicare Amri”, scrive Gianandrea Gaiani su la NuovaBQ.it.
L'azione
militare è un presupposto necessario per fermare il terrorismo
islamista. A questo proposito mi viene in mente il breve filmato che ho visto
al convegno“Help Christians”organizzato dalla Regione Lombardia di fine
ottobre scorso. Nel filmato si vedono un gruppo di soldati cristiani irakeni,
dopo aver liberato una cittadina della Piana di Ninive, con tanto di
kalashnikov in mano hanno rimesso la croce sul campanile della chiesa, suonando
le campane in segno di festa. Ecco a volte occorrono le armi per ripristinare i
simboli del cristianesimo.
Invernizzi
completa il suo intervento con una interessante riflessione sulla dimensione
spirituale del terrorismo jihadista. Perchè i terroristi jihadisti ci odiano
tanto? E' un odio metafisico, “umanamente difficile da spiegare, avvolto nel
mistero del male”. Insiste Invernizzi, “Perché sono esistiti uomini
dediti al male, che hanno servito la Rivoluzione per tutta una vita trascorsa
nelle ristrettezze, spesso sfociata nella morte prematura? Perché oggi giovani
non pazzi sacrificano la loro vita per quello che ritengono un ideale che
aprirà loro la strada della felicità? Un’ideologia ieri, il comunismo, e oggi
una certa interpretazione della religione islamica (difficilmente contestabile
perché l’Islam non conosce un Magistero che riguarda tutti i credenti). Perché?”
“Siamo entrati in un’altra dimensione, quella
dell’odio. Teniamone conto è
facciamo un esame di coscienza”. Il discorso si fa lungo e complesso,
intanto confrontiamo la nostra fede con la miseria delle ideologie e con l'uso
perverso di alcune religioni. Nell'imminenza della più grande festa della
cristianità, ringraziamo il Signore per darci ancora una volta la possibilità
di adorarlo, piccolo e umile, come un vero grande Re.
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