di Elio Giunta
Domenica 10 u.s. moriva a Torino Giorgio Barberi Squarotti. La notizia, nonostante lo sapessimo da tempo di salute malferma, ci è giunta come imprevedibile, inattesa, e come tale ci ha dato smarrimento. Questo perché non solo non pensavamo a sue possibili condizioni estreme, ma perché eravamo talmente avvezzi e costantemente legati alla sua corrispondenza affettuosa, talmente consapevoli della sua intaccabile lucidità mentale, che non pensavamo che un giorno potessimo venirne privati.
da sinistra: G. B. Caputo, Giorgio Barberi Squarotti, e T. Romano |
Domenica 10 u.s. moriva a Torino Giorgio Barberi Squarotti. La notizia, nonostante lo sapessimo da tempo di salute malferma, ci è giunta come imprevedibile, inattesa, e come tale ci ha dato smarrimento. Questo perché non solo non pensavamo a sue possibili condizioni estreme, ma perché eravamo talmente avvezzi e costantemente legati alla sua corrispondenza affettuosa, talmente consapevoli della sua intaccabile lucidità mentale, che non pensavamo che un giorno potessimo venirne privati.
Personalità di alto spessore tra quelle che hanno fatto la cultura del Novecento, che ne hanno definito i caratteri della letteratura, la sua militanza come critico costituiva punto di riferimento specie per l’interpretazione degli autori detti contemporanei (Poesia e narrativa del secondo novecento); ma era anche presenza singolare nella varietà delle proposte di poesia del secolo, giacché soleva registrare in versi, con assiduità, i movimenti, gl’incontri, le esperienze visive e immaginifiche, donde i numerosi titoli delle raccolte pubblicate dagli anni 60 ad oggi e che restano come originale documento de La scena del mondo.
L’aspetto severo della sua figura mal celava la massima generosità con cui si accostava ad ogni manifestazione di buona volontà letteraria: infatti ascoltava tutti, a tutti soleva dare riscontro, per tutti aveva un giudizio. Con Palermo poi nutriva un rapporto privilegiato, iniziato oltre un quarantennio fa e coltivato con sempre maggiore familiarità, sia per le diverse frequenze amicali con chi a Palermo pratica letteratura, sia per le occasioni che Palermo gli offriva per conferenze o incontri. E proprio a Palermo egli pubblicava recentemente, presso le edizioni Thule, quella raccolta di versi Le avventure dell’animo, con cui si vivificava e riassumeva, come per un’ultima volta, il suo fervore creativo. Tra noi, dunque, a Palermo, resteranno indimenticabili le sue molte parole esortative: La letteratura può giovare a conservare la religione del passato e la speranza per il futuro. L’amicizia nella letteratura è garanzia di verità e di passione della vita; in essa s’insegue il meglio della storia del mondo. E tante altre parole continueranno a fluire, nel ricordo di un grande amico che se n’è andato e col quale e del quale continueremo a parlare a lungo.
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