di Domenico Bonvegna
Probabilmente il tema dell'emergenza
educativa è tra quelli più discussi, ma questo non è bastato a far prendere
quei necessari provvedimenti nella scuola e nella società tutta. In queste
vacanze natalizie ho letto un testo che si occupa proprio della scuola,
dell'educazione, dell'insegnamento, della difficile professione
dell'insegnante, dei genitori, delle famiglie. Il titolo del saggio: “Emergenza
Educazione. Una sfida per docenti, famiglie e mondo politico,
analisi e proposte”, di Roberto Pasolini, con prefazioni di
Rocco Buttiglione e Onorato Grassi, edito da Associazione Thomas More di
Milano. (2010). Successivamente pubblicato da Elledici.
Il professore Pasolini, è
uno dei protagonisti della scuola milanese e nazionale, si prodiga con pazienza
educativa, a sviscerare, uno per volta, gli aspetti, grandi e piccoli, delle
vicende scolastiche, offrendo, per ciascuno di essi, acute e pertinenti
analisi, che certamente il lettore apprezzerà. Il prof propone un testo agile
elaborato attraverso la forma dell'intervista predisposta da Luigi Meani, uno
strumento utile per le argomentazioni esposte nei cinque capitoli. Un testo
dedicato soprattutto a coloro che vivono l'educazione come vocazione e impegno.
Il lettore, sia esso insegnante, genitore, allievo o semplice cittadino,
troverà non poche informazioni e riflessioni su un mondo che bene o male ha
spesso a che fare. Pertanto, riflettere sul tema dell'educazione oggi è
necessario, perché “nell'educare si gioca il presente, ma sopratutto si
gioca l'avvenire dei figli e delle generazioni future”, scrive Pasolini
nell'introduzione.
Ripercorriamo brevemente
alcune risposte del professore alle domande poste da Meani. Le riflessioni anche
se fatte qualche anno fa, e magari già sentite o lette in altri contesti, sono
utili per affrontare l'annosa e spinosa questione educativa.
Nel 1° capitolo “Educazione
e Scuola”, si affronta il problema internet e come responsabilizzare i
ragazzi al suo uso corretto. Questioni aperte di non facile soluzione. Alla“scuola
di massa”, alla “scuola gregge”, che abbassa il livello di studio,
d'impegno e di conoscenza, il professore lombardo, indica la strada che porta a
eliminare“la massificazione degli approfondimenti, puntare sulla
diversificazione e sulla valorizzazione come vero stimolo ad un apprendimento
capace di creare aspettative. L'utopia del 'tutto uguali' è solo foriera di
mortificazioni [...]”. Per Pasolini, bisogna dare “a tutti le
indispensabili conoscenze di base, è doveroso puntare sulla personalizzazione e
sul progresso negli studi sulla base del merito per dare il giusto stimolo ai
capaci e, spesso, far scattare anche qualche effetto fruttuoso di emulazione
negli studenti un po' meno bravi”. Il professore insiste:“bisogna avere
il coraggio culturale di […]rompere il circolo vizioso, utopistico e per certi
versi assurdo, che tutti devono poter lavorare in qualunque posizione
professionale, anche se non ne hanno le capacità”.
L'autore del saggio affronta
il tema del bullismo, della violenza nelle scuole, delle aggressioni, anche
agli insegnanti, degli atti vandalici all'interno delle scuole. Il testo
riporta i dati inquietanti di un'inchiesta fatta sulle scuole di Milano e
provincia, dove risulta che l'81% degli studenti avverte un pesante disagio al
solo pensiero di dover andare a scuola e che il 94,6% del campione dichiara di
essere stressato e l'89,6% di essere annoiato. A fronte di questo ampio tragico
panorama, la scuola deve rispondere, ma non solo lei. Servono “famiglie
capaci di trasmettere e testimoniare valori, politici più credibili ed
affidabili [...]”. Sostanzialmente oggi “i giovani non hanno più riferimenti, mancano gli esempi di persone
autorevoli”. Certo la scuola può fare molto, per dare credibilità alla sua
funzione, per farla ritornare a quel “luogo di incontri che non si
dimenticheranno per tutta la vita”.
Pasolini propone “veri
maestri”, a questo proposito, fa riferimento ad un articolo della
giornalista Isabella Bossi Fedrigotti: “I nostri figli senza maestri”.
La giornalista critica gli errori degli adulti ridotti a proporre come ideali
forti, la squadra di calcio, il finire in Tv o un certo tipo di abbigliamento.“Poveri
ragazzi, viene da dire, però è questo il piatto che abbiamo preparato per loro,
gli esempi che abbiamo fornito, i modelli che abbiamo fabbricato. Ed è un
serpente che si morde la coda perché se famiglia, scuola e istituzioni
varie oggi si rivelano così deboli, così inascoltate e incapaci di educare è
anche perchè per prime sembrano aver smarrito nel tempo le ragioni forti del
loro essere. I maestri, insomma, i tanto invocati maestri grandemente
scarseggiano perché non credono più al loro magistero”.
Nel 2° capitolo, “Educazione
e insegnanti”, si entra nel merito della didattica scolastica, del
ruolo dell'insegnante. Il maestro dovrebbe trasmettere agli studenti la
passione ad apprendere e ad approfondire la disciplina che insegna. Bisogna
combattere,“il graduale appiattimento della classe docente da professionale
a classe impiegatizia, mal retribuita, che ha generato un contesto lavorativo
privo di stimoli, pieno di demotivazione, oppresso dalla burocrazia, nel quale
la sindacalizzazione profonda ha avuto buon gioco, una sindacalizzazione
incapace di leggere la reale necessità professionale dei docenti di mettere in
atto le giuste strategie e che si limita alla garanzia del posto[...]”.
Tuttavia per l'esperto
professore bisogna“valorizzare la professionalità docente, ridarle lo status
sociale di primo piano, rimotivare il lavoro dei docenti è indispensabile per
ridare slancio a tutto il sistema, per ridare l'entusiasmo di apprendere ai
nostri giorni[...] Abbiamo bisogno di ritrovare docenti appassionati e, quindi,
capaci di trasmettere interesse ai giovani e far loro scoprire il valore della
cultura”. E' evidente che il riconoscimento economico diventa importante se
non fondamentale per il docente. Anche se prima forse occorre dare dignità
professionale agli insegnanti, e qui Pasolini, ricorda i tempi quando il maestro,
al pari del maresciallo dei carabinieri, del medico condotto, del parroco,
erano i “pilastri” del territorio.
Nel capitolo si auspica una
vera e propria rivoluzione culturale:“occorre ritornare a
valorizzare l'eccellenza. Occorre innalzare i livelli medi di apprendimento.
Occorre che in ogni scuola possano formarsi gruppi di studenti eccellenti che
abbiano loro per primi la passione, di apprendere [...]”. Per il
professore, è auspicabile,“rompere il meccanismo dell'egualitarimo,
frantumare la convinzione ideologica che giustizia sociale significhi stesso
livello culturale per tutti”.
Pasolini affronta la
questione del metodo educativo, come “interessare” lo studente
allo studio delle discipline. Se gli studenti non rendono, la colpa è dei
docenti che non li sanno interessare, è il solito slogan ripetuto dalle
famiglie, con lo scopo di difendere i propri figli. Naturalmente il professore
è consapevole che tra gli studenti esistono disagi e difficoltà oggettive,
originate dalla mancanza di “autostima”, di non volersi mettere
in gioco, dalla paura della sconfitta.
A queste mancanze si
dovrebbe intervenire con la didattica
personalizzata, abbinata ad un rapporto personale capace di creare fiducia e
soprattutto far capire allo studente che si ha fiducia in lui e nelle sue
capacità di raggiungere obiettivi come tutti.
In “Educazione e
Famiglia”, si affronta l'influenza della famiglia sull'educazione dei
ragazzi.
Qui l'autore fa riferimento
ai continui richiami del Magistero della Chiesa, in particolare a Benedetto
XVI. I ragazzi di oggi sono figli, nipoti di quella generazione del 68, di
quella cultura, espressa nel festival di Woodstock, che ha vissuto il forte
tentativo di distruggere i valori che per secoli sono stati il punto di
riferimento dell'educazione di tante generazioni. Lo storico Renzo De
Felice ripeteva spesso che “i danni provocati dal 68' non sarebbero
stati rimarginati in meno di cinquant'anni. Il principale prodotto della
vittoria dell'ugualitarismo sul merito, infatti, è stato un profondo livellamento
verso il basso di studenti e docenti”. Morale: per cambiare la nostra
società, ciò che è immobile, non abbiamo alternative: “Dobbiamo abolire
il 68”.
Quegli anni secondo Pasolini
“hanno avuto un notevole impatto sulla cultura e sui costumi contemporanei e
fatalmente si sono insinuati nel modo di pensare, nel modo di agire, nel modo
di educare, ed hanno provocato l'inevitabile disgregazione sociale derivante
dal non aver neanche cercato di sostituire i valori che si tentava di
distruggere, Dio, Patria e Famiglia, con altri che dessero
al contesto sociale un valore etico e morale di riferimento”.
Pertanto è evidente che non
si può trasferire alla scuola tutta la responsabilità educativa. Il prof
affronta la grave questione della inadeguatezza del ruolo educativo dei
genitori. E' diffuso all'interno delle famiglie il permissivismo, poca
fermezza, c'è un ampio “relativismo etico e morale”, più volte ribadito dal
papa emerito Benedetto XVI.
In “Educazione e
Società”, si affronta la questione del dare un senso all'educare, un
nuovo slancio di passione per educare e soprattutto per lo studio. Per far
riacquistare il gusto del “sapere per il sapere”, il gusto per lo
studio, anche se questa ipotesi, potrebbe essere utopistica nell'attuale
condizione della nostra società.
La scuola di oggi rischia di
perdere il suo ruolo fondativo, lo sosteneva la giornalista Ida Magli: “Tutto
quello che non so, l'ho imparato a scuola”, e affermava
pessimisticamente: “E' passato il tempo, è cambiata la società, è cambiato
il modo di vivere e la scuola è rimasta fuori della storia, fuori dalla realtà.
Tanti ministri di buona volontà si sono succeduti, ognuno con la propria
riforma, ma nessuno ha avuto il coraggio di una RIVOLUZIONE. Per questo il
risultato è stato sempre quello che non poteva non essere: terapie su un
cadavere”.
In questo capitolo Pasolini,
risponde alle domande, forse tra le più significative, fondamentali per la
Scuola, per la società. “Perché i ragazzi di oggi riconoscono sempre meno
il valore dello studio? Lo studio è fatica, fatica nel leggere, fatica nel
comprendere, fatica nel trasferire, fatica nel memorizzare e fatica nel far
sedimentare il sapere dentro di sé. Perché per molti giovani sembra essere
venuta meno questa necessità che impegnarsi attivamente nell'archiviare
conoscenze dentro di sé?”. Potremmo rispondere: “perché ti chiedono a
cosa serve e tu non sai dare una risposta convincente. Occorre motivare ad
apprendere”. Tuttavia non solo lo studio, ma anche la lettura semplice è in
crisi. “Leggere richiede un tempo che nella nostra società non esiste
più”. E' in crisi la lettura dell'approfondimento. Molte colpe sono da
attribuire a internet, a Google, al “copia e incolla”. Anche se bisogna
far comprendere l'utilità,“sia di una gran quantità di informazioni
acquisite in tempo veloce, sia la capacità di lettura, vissuta riga per
riga, pensiero per pensiero che offre il desiderio di conoscere ed
approfondire, 'vivendo' il libro e il suo autore”.
Allora per concludere quali
ipotesi, soluzioni, opportunità, sfide e decisioni si debbono metter in campo
per far sì che l'educazione diventi veramente una priorità per il nostro Paese?
Il testo cerca di rispondere alla domanda. Propone una grande mobilitazione
coinvolgendo docenti, dirigenti scolastici.“Contestualmente sarà
indispensabile avviare un processo di cambiamento che punti a ridare dignità
sociale alla professione docente: selezione d'ingresso per i 'vocati', ed
appassionati, riconoscimento economico in relazione al merito ed alla
professionalità mostrata, valutazione degli esiti, team riconosciuti e
remunerati sui risultati per la ricerca sull'innovazione didattica nelle
scuole, riallineamento delle retribuzioni alla media europea, sono gli
indispensabili obiettivi da porsi”.
Il secondo passo potrebbe essere
il varo di norme coraggiose, anche “estreme” come la chiusura delle
scuole mal gestite che rifiutano lo sforzo dell'innovazione. Assunzione diretta
dei docenti, valorizzazione delle risorse umane, responsabilità della gestione,
rendiconto sulla base dei risultati ottenuti. In pratica secondo il prof
Pasolini bisogna utilizzare certe “pratiche” consolidate nelle
istituzioni paritarie, pratiche che potrebbero essere trasferite anche alla
scuola statale, con tutti i benefici ben immaginabili.
Un altro passo potrebbe
essere quello dell'abolizione del valore legale del titolo di studio,
anche se non è facile, per quella “radicata mentalità del diritto al posto,
legato a scelte di 'graduatoria', in un paese come il nostro governato da una
gerontocrazia con tutte le sue rendite di potere e disposizione, a volte
aiutata da una certa complicità delle famiglie che vogliono, ad ogni costo,
assicurare ai propri figli un diploma dotato di valore legale, ma – ricorda
Pasolini – il sistema deve essere liberato da questo laccio, da questo falso
valore per poter sprigionare potenzialità e motivare dovutamente la
valorizzazione di conoscenze e competenze acquisite”.
Pasolini conclude il suo
saggio allegando un documento “educativo”, si tratta di una lettera del 21
gennaio 2008 del Santo Padre Benedetto XVI alla Diocesi e alla città di Roma
sul compito urgente dell'educazione, motivando la scelta con le seguenti
parole: “scritto da un 'maestro', che da tempo ricorda a tutti il dovere di
affrontare con determinazione ed 'amore' questa emergenza. Una 'lezione' per
tutti coloro che, credenti e non hanno a cuore un futuro migliore per nostri
figli”.
Comunque il tema potrebbe
risolversi soltanto con questa eccellente riflessione di san Giovanni
Bosco, posta nel retro-copertina:“se la gioventù sarà rettamente
educata, vi sarà ordine e moralità, al contrario: vizio e disordine. Io ho
consacrato tutta la mia vita al bene della gioventù, persuaso che dalla sana
educazione di essa dipende la felicità della nazione”.
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