di Giacomo Samek Lodovici
Cercare la verità ci
migliora perché ci fa conoscere la nostra vera natura, il senso della vita ed
il nostro vero bene
Per riuscire, almeno in parte, a trovare la verità, per riuscire a conoscerla
il più possibile, sono di grande aiuto alcune utili "regole".
Vediamone di seguito almeno sei, seguendo in larga parte le riflessioni
dell'ultimo intervento pubblico di Emanuele Samek Lodovici, pubblicato postumo
da pochissimo.
1) CHIARIFICARE LO SCOPO
Bisogna chiarificare a se stessi il fine della ricerca della verità, il quale
non è in primo luogo fuori di noi, non è in primo luogo una qualche
trasformazione del mondo (sebbene questa possa poi essere giustamente
perseguita in seguito), bensì è il nostro perfezionamento: la ricerca della
verità dovrebbe vertere anzitutto e principalmente sulle grandi domande
esistenziali («chi sono?», «qual è la mia origine?» «qual è lo scopo della mia
vita?» «esiste Dio?» «perché c'è la sofferenza?», «siamo liberi?», «in che cosa
consistono il bene e il male?», ecc.) e dovrebbe servire a migliorarci,
dovrebbe aiutarci a ben vivere e a ben morire. L'investigazione della verità su
queste grandi questioni ci migliora perché ci fa conoscere la nostra vera
natura, il senso della nostra vita ed il nostro vero bene. Insomma, nella vita
non conta innanzitutto (pur avendo la sua importanza) ciò che faccio, bensì
come lo faccio (come a teatro, dove la comparsa può essere migliore del
protagonista, perché interpreta meglio il suo ruolo, pur breve e piccolo). E
questa convinzione è antitetica rispetto a quella delle ideologie (emblematica
la famosa 11^ tesi di Marx su Feuerbach: «i filosofi si sono finora sforzati di
interpretare il mondo, si tratta [piuttosto] di cambiarlo»).
Ciò vuol dire che dobbiamo cercare una giusta proporzione tra ciò che sappiamo
per via della nostra professione o per interesse e ciò che dobbiamo sapere come
uomini: posso sapere tutto sull'informatica, sull'economia, sullo sport, ecc.,
ma, senza voler sminuire le varie sfere dello scibile, quello che conta
principalmente è saper rispondere, almeno in parte, alle grandi domande.
Peraltro, se è vero che l'investigazione sulle grandi domande è tipica delle
discipline umanistiche, nondimeno anche quelle scientifiche possono in parte
contribuirvi.
Infatti, la scienza può registrare il finalismo dei viventi, che rinvia
all'Autore del mondo (la propensione verso l'autoconservazione dei viventi,
delle parti delle loro parti, ecc. esige una serie di attività che richiedono
un'Intelligenza Superiore che abbia creato i viventi: per un'argomentazione su
ciò cfr. G. Samek Lodovici, L'esistenza di Dio, Quaderni del Timone, 2004).
Come dice il salmo 8: «i cieli narrano la gloria di Dio»; cfr. anche la Lettera
ai Romani 1, 19-21; anche Galileo diceva che la natura è uno dei libri scritti
dal Creatore, insieme alla Bibbia.
E la matematica può fornire gli strumenti per rendere conto del finalismo.
Inoltre, ogni disciplina contribuisce almeno indirettamente alla ricerca della
verità sulle grandi domande nella misura in cui potenzia lo strumento di questa
ricerca, cioè la ragione e quest'attività di potenziamento è cruciale
soprattutto oggi in tempi di emozionalismo (cfr. punto 4).
2) COLTIVARE LE VIRTÙ NECESSARIE
Bisogna essere umili, ed evitare l'orgoglio, perché chi è orgoglioso
difficilmente riconosce di sbagliare e persevera nel difendere una tesi falsa
per non dover ammettere di aver sbagliato.
Del resto, per conoscere bisogna voler conoscere ed esercitare virtù
preziosissime nella ricerca intellettuale, come la fortezza, l'onestà
intellettuale, la costanza, ecc.
3) EVITARE IL MALE
Bisogna inoltre anche evitare il male. Infatti, chi compie il male non solo fa
fatica a compiere in concreto il bene, ma fa anche fatica a capire qual è il
bene, o non arriva più a comprenderlo. La distorsione della comprensione morale
è simile (l'analogia è di Aristotele) a quella del gusto: chi è malato giudica
erroneamente i sapori (oppure sente freddo/caldo quando invece la temperatura è
gradevole), perché le sue disposizioni fisiche sono alterate e perciò il gusto
è falsato. Chi è lussurioso, ad esempio, fatica a percepire che la temperanza è
bene e chi è temerario fatica a percepire che la cautela è (a volte) una virtù.
4) VAGLIARE LE EMOZIONI
Bisogna evitare di seguire solo le emozioni perché non sono fonte indefettibile
di verità: possono depistarci, non possono essere il criterio del nostro
comportamento, non possiamo seguire la regola che dice «va dove ti porta il
cuore» e non è vero che «il cuore ha sempre ragione» (su ciò cfr. G. Samek
Lodovici, il cuore ha sempre ragione?, «il Timone», 86 [2009], pp. 30-31,
reperibile su www.iltimone.org,
e Id., L'emozione del bene. Alcune idee sulla virtù, Vita e Pensiero, 2010, pp.
23-84).
Non si tratta affatto di bandire le emozioni, bensì di vagliarle con la
ragione: quando ciò accade, esse diventano un'energia straordinaria, che
incrementa la nostra capacità di agire.
Se però non le sottoponiamo alla ragione e le assecondiamo continuamente,
diventiamo progressivamente sempre meno liberi.
E chi perde la libertà difficilmente riuscirà a conoscere la verità, perché
sarà facile conculcargli delle menzogne facendo leva sulle sue pulsioni.
5) COLTIVARE LO SPIRITO DI MERAVIGLIA
Per conoscere la verità bisogna essere desti nei riguardi della realtà e
coltivare lo spirito di meraviglia (da cui nasce la filosofia, come dicono già
Platone e Aristotele; cfr. anche Gregorio di Nissa: «Solo lo stupore conosce»).
Bisogna sapersi stupire, bisogna mantenere lo stupore dei bambini, bisogna
continuare ad essere colpiti ed affascinati dalle cose preziose e belle che
esistono.
Come coltivare lo spirito di meraviglia? In due modi apparentemente
contraddittori.
- Bisogna evitare di vivere solo nel futuro (pur progettandolo, come è giusto),
sempre nell'attesa di qualcosa di ulteriore (è la strategia delle ideologie
rivoluzionarie, cfr. G. Samek Lodovici, Ma come parla?, «il Timone», 101
[2011], pp. 30-31, reperi-bile su www.iltimone.org), altrimenti non si apprezza il presente e
si è incapaci di stupirsene.
- Bisogna anticipare nella mente la fine di tutto ciò che sperimentiamo: tutto
ciò che viviamo e sperimentiamo potrebbe accadere per l'ultima volta, o perché
non ci capiterà più quella cosa (si legga la poesia Limiti, di J.L. Borges) o
perché possiamo morire di lì a poco (cfr. il monito evangelico: «siate sempre
pronti»). Se viviamo con questa consapevolezza possiamo apprezzare molto di più
le cose belle.
6) AFFIDARSI AD UNA SOLIDA RIVELAZIONE
Bisogna esercitare la ragione quanto più possibile, ma anche essere consapevoli
che da sola non può formulare una risposta definitiva sul senso della vita, sul
bene e sul male, sulla sofferenza, sulla destinazione ultima dell'uomo:
«l'ultimo passo della ragione consiste nel riconoscere che c'è un'infinità di
cose che la sovrastano» (Pascal), di cose che sono accessibili solo con la fede.
È l'ultimo passo della ragione, perché la ragione dovrebbe riconoscere di non
essere onnipotente e dunque di non poter conoscere tutte le cose.
Del resto, paradossalmente, il razionalismo è un fideismo, perché crede, in
forza di una fede cieca e incrollabile, che la ragione possa conoscere la
totalità della realtà, squadernandola tutta, prima o poi.
Arrivata ad una certa soglia, la ragione deve cioè riconoscere umilmente di
avere bisogno di una solida e credibile Rivelazione (sulla quale peraltro eserciterà
il suo vaglio: le religioni, infatti, sono molte e differiscono in moltissime
affermazioni). Proprio una simile Rivelazione desiderava Platone, quando diceva
che circa i destini ultimi dell'uomo si può «accettare tra i ragionamenti
umani, quello migliore [...] e su quello, come su una zattera, affrontare il
rischio del mare della vita [...]. A meno che non si possa fare il viaggio in
modo più sicuro e con minor rischio su una più solida nave, cioè affidandosi ad
una divina rivelazione». Ebbene, la solida nave a cui anelava Platone è
costruita - come dice S. Agostino sette secoli più tardi - col lignum crucis:
«Nessuno [...] può attraversare il mare di questa vita, se non è portato dalla
croce di Cristo».
da:"il Timone",
maggio 2015 e BastaBugie n.419
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