di Luca Fumagalli
Con questo 2017 pare essersi aperta una nuova fase di quel “Chesterton revival” che da qualche anno ha preso piede in Italia. Ormai è passato diverso tempo dalla riscoperta del talentuoso giornalista inglese, un intellettuale cattolico certamente scomodo, ma proprio per questo di grande attualità. Quando si apre un libro di Chesterton – poco importa se uno dei racconti di Padre Brown o un saggio di teologia – si è avvolti dalla piacevole sensazione di leggere un classico intramontabile, un autore che a distanza di decenni dalla scomparsa ha ancora la forza di giudicare con autorevolezza il tempo presente. Il suo pensiero, infatti, si fonda su un elemento di eternità che lo rende impermeabile alle mode passeggere, e comunque sempre in grado di parlare del “qui e ora”.
La forza profetica di Chesterton è dunque quella qualità che ha permesso alla sterminata bibliografia dell’inglese di resistere alle ingiurie del tempo e di riemergere come un piacevole imprevisto al momento più opportuno, dopo anni di giacenza nel dimenticatoio. Troppo incline al paradosso divertito e divertente, forse troppo ottimista per un’Italia che usciva devastata dal secondo conflitto mondiale, Chesterton, come detto, è tornato alla ribalta nel Bel Paese solo di recente, quando si è iniziato a tradurre e a dare alle stampe anche i suoi lavori “minori” (ma non per questo marginali o poco interessanti). Tutto ciò, oltre a portare alla luce un tesoro inestimabile, ha contribuito a restituire allo scrittore il posto che meritava, ricollocandolo tra gli intellettuali più importanti del XX secolo.
Parallelamente si è assistito al fiorire di numerosi studi, un fatto straordinario se si pensa allo scarso interesse di cui generalmente godono in Italia gli scrittori cattolici inglesi (con la sola eccezione di Tolkien). Il lavoro di approfondimento è giunto in questi ultimi mesi a un gradino ulteriore con la pubblicazione delle prime antologie commentate del pensiero chestertoniano.
Un esempio di questa nuova tendenza è l’interessantissimo volume Politica (Nova Europa Edizioni, 2017), appena uscito nelle librerie, in cui sono raccolti alcuni interventi di Chesterton a proposito della “cosa pubblica” e della società. All’introduzione, firmata da Paolo Gulisano, si accompagna in chiusura un breve intervento di Orazio Maria Gnerre dedicato al rapporto tra Chesterton e il comunitarismo.
Dalla lettura del libro, tra l’altro ben rifinito dal punto di vista editoriale, con numerose note e un’appendice finale dei personaggi storici citati a cura di Camilla Scarpa, emerge finalmente in tutta la sua compattezza l’ideale politico di Chesterton. L’inglese, sulla falsariga del fratello Cecil e dell’inseparabile amico Hilaire Belloc, dopo una dura accusa lanciata a quell’oligarchia autoreferenziale che è il sistema partitocratico britannico, spiega le ali per alzarsi in volo e giudicare, in generale, pregi e difetti delle maggiori ideologie allora in voga. Liberalismo e comunismo sono parimenti condannati come mistificazioni della realtà: se il liberalismo crea inevitabilmente il monopolio, schiavizzando le masse, il comunismo è l’individualismo capitalista allargato a una ristretta élite di potere, altrettanto incapace di favorire la vera democrazia e il conseguente benessere del popolo. L’unica soluzione, a questo punto, sarebbe quella di distribuire i mezzi di produzione alle famiglie, ritagliando per lo stato un ruolo di garante dell’ordine e di sostegno dell’economia.
La proposta chestertoniana, il cosiddetto “distributismo”, nonostante mostrasse una grande affinità con l’enciclica Rerum Novarum che Leone XIII aveva dedicato alla questione sociale, purtroppo non godette mai di una larga base di consenso e finì con l’autoescludersi dal dibattito politico.
L’individuo e la comunità in lotta contro la perdita della libertà, lungi dall’essere elucubrazioni di un passato romantico, sono comunque aspetti decisivi anche nella contemporanea società liquida. Sono questioni scottanti che Chesterton consegna come testimonianza provocatoria a tutti quegli uomini di buona volontà che detestano il banale e le soluzioni di comodo. Da questo punto di vista Politica è un manuale per sopravvivere alle insidie del pensiero unico, un pensiero che produce falsi miti, oppressione morale e nuove forme di schiavitù lavorativa, un pensiero che è anti-umano e da cui è più che mai urgente difendersi.
da: www.radiospada.org
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