di Isacco Tacconi
Ogni personaggio tolkieniano esprime un aspetto particolare dell’animo umano e quantunque l’autore non abbia voluto scientemente comporre un’allegoria, ognuno dei protagonisti è realmente portatore dell’umanità così com’è vista dagli occhi di colui che li ha portati, per così dire, alla vita.
Tra queste sfaccettature che John Ronald Reuel è riuscito, da fine scrittore, a rappresentare non c’è né una a mio avviso così bella, così profonda, così edificante e toccante come quella di Samwise Gamgee.
Figlio di Ham (che significa «prosciutto») Gamgee, un gaffiere di…ma, a proposito, che cos’è un “gaffiere”? La traduzione letterale dell’originale inglese «gaffer» corrisponderebbe al nostro “compare” o “vecchio”. Le versioni italiane del Signore degli Anelli per la maggior parte l’hanno italianizzato in “gaffiere” il che non ha molto senso, eppure questo del tutto originale modo di riferirsi al proprio “vecchio” ha contribuito, per lo meno in Italia, ad alimentare un certo “vocabolario tolkieniano” per cui quando sentiamo la parola “gaffiere” non possiamo far altro che pensare a Tolkien e al suo mondo.
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