di Fabio Trevisan
Nelle ultime righe del volume, dal titolo: “Quello che ho visto in America”, contenente le riflessioni dopo il viaggio negli Stati Uniti del 1921, Chesterton si interrogava sul futuro della democrazia. Egli poneva i pilastri di un’autentica democrazia con un esplicito riferimento soprannaturale:“Non esiste un fondamento per la democrazia eccetto che nel dogma sull’origine divina dell’uomo. Questo è il fatto assolutamente semplice che sempre di più il mondo moderno scoprirà essere un fatto”. Chesterton considerava seriamente la regalità divina e la chiamata alla dignità umana come figli di un Padre, Re del creato.
Il suo concetto di “democrazia” non aveva nulla a che fare con l’agire politico secolarizzato; egli non intendeva affatto prescindere da Dio, in nome di una “laicità” mondana, ma poneva il concetto di democrazia a stretto contatto con quello di tradizione, con quella che nel saggio Ortodossia aveva chiamato la democrazia dei morti. Egli ravvisava i pericoli di questa confusione e li indicava perentoriamente, utilizzando con maestria il paradosso e analizzando da vicino la società americana: “L’uomo d’affari americano ha fretta perché è sempre in ritardo”. Questa “fretta” era riconducibile, secondo il pensatore londinese, all’incapacità di pensare approfonditamente; la fretta poteva mascherare l’essenza di questo apparente trambusto. I reali pericoli di una democrazia in collegamento con la tradizione del passato potevano sintetizzarsi in alcune frasi emblematiche: “Il pericolo che corre una democrazia è la convenzione…il progresso è la provvidenza senza Dio”.
A chi gli faceva notare i pericoli del bolscevismo, egli, pur riconoscendoli, invitava a riflettere su quella che allora chiamava la “standardizzazione verso il basso”, l’omologazione, la convenzione: “L’Uomo Moderno (con le maiuscole, in quanto categoria della modernità) ha fatto una grande quantità di errori. Davvero, di fronte a questo modello progressista e all’avanguardia, uno sarebbe tentato di dire che l’uomo non ha fatto altro che errori”. Il pericolo della democrazia erano quindi la convenzione, la monotonia: “Ed è riguardo a tutto ciò che tutte le mie esperienze hanno accresciuto la mia convinzione che gran parte di ciò che viene chiamato emancipazione femminile è semplicemente un aumento della convenzionalità femminile”. Identificava quindi l’illusorio progresso di liberazione, in questo caso dell’emancipazione della donna, come un aumento della convenzione, anziché un’esaltazione, come avrebbe voluto, della specificità femminile.
La democrazia, com’egli la pensava legata alla tradizione, arricchiva e non normalizzava in una piatta e squallida convenzione le giuste istanze delle donne. In altre parole, non era un falso egualitarismo quello che avrebbe dovuto propugnare la reale democrazia, ma, al contrario, una rivendicazione delle forti diversità tra maschio e femmina. In questo senso va letta un’altra sua famosa frase che spesso viene citata senza comprenderne il reale significato: “Se una cosa vale la pena di essere fatta, vale la pena di farla male”. Questa paradossale ed umoristica frase va letta riguardo lo specifico femminino, in quanto le donne, essendo meno specializzate in un determinato lavoro rispetto all’uomo, e dovendo svolgere parecchie opere in casa, con i figlie e fuori casa, non possono pretendere la perfezione in tutto. Il futuro della democrazia si giocava quindi, secondo Gilbert Keith Chesterton, nel capire e valorizzare le distinzioni reali, comprendendo quindi la vera natura della persona creata da Dio. Il futuro della democrazia non solo aveva a che fare con la regalità di Cristo Re, ma anche con un ineludibile collegamento con il passato: “Possiamo essere sicuri di sbagliarci riguardo il futuro se ci sbagliamo riguardo il passato…non c’è senso in tutto se l’universo non ha un centro di significazione e un’autorità in colui che è l’autore dei nostri diritti”.
A distanza di oltre novant’anni stiamo ancora chiedendoci non solo quale sia il futuro della democrazia nella quale siamo inseriti, ma anche verso quale fine siamo diretti. Credo che Chesterton abbia ancora qualcosa da dirci ed argomenti attraverso i quali riflettere adeguatamente.
da: www.riscossacristiana.it
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