domenica 20 gennaio 2013

EVY JOHANNE HÅLAND E LA FIGURA DELLA DEA MADRE

Maria Adele Anselmo,

La figura della Dea Madre nelle pagine di Evy Johanne Håland,
Palermo, Fondazione Thule Cultura, 2011, pp. 156 (con tavv.), Euro 15,00, ISBN 978-88-97471-00-4.

          La Collana “Cristalli di Rutilo” della Fondazione Thule Cultura, diretta con polso e zelo dal prof. Tommaso Romano[1], si arricchisce di un terzo pregevole volume.
             La prof. Maria Adele Anselmo, anglista, ma Laureata a Palermo sotto la guida del prof. Ignazio E. Buttitta, insigne antropologo e ricercatore nel campo delle tradizioni culturali del Meridione, è giunta all’argomento Dea Madre partendo dai suoi interessi per la saggistica in lingua inglese. Si imbatté in vari contributi di una studiosa norvegese, Evy Johanne Håland, autrice di numerose pubblicazioni in norvegese, inglese ed altre lingue, e, poco per volta, rimase affascinata dal ‘mondo’, ricco di suggestioni, presentato, con partecipazione emotiva e garbo squisito, dalla ricercatrice nordica.
          Chi scrive, per formazione di studi ed interessi di ricerca, è molto lontano da codesto ‘mondo’, eppure il testo merita senza dubbio una recensione positiva, che evidenzi l’acribia e la sobrietà, nonché la personale e motivata partecipazione, della giovane ricercatrice.
             La Anselmo, con umiltà, prima di affrontare lo studio delle tematiche della Håland, ha avuto bisogno di investigare, preliminarmente, sugli studiosi ‘precursori’, e reinterpretare, con originalità, il loro pensiero.
           Prima tappa, d’obbligo, il più volte citato studioso delle religioni romeno Mircea Eliade (1907-1986). Per Eliade, la religiosità, vista nel suo percorso dall’antico al contemporaneo, è credibile e verificabile: le ierofanie sono manifestazioni della sacralità nella società. Le vaste ricerche condotte, ancora attuali, dimostrano che le ierofanie sono un ‘tipo’ di storia di rivelazione continua; la sua classificazione dei fenomeni divini non è schematico-settoriale, ma flessibile e tesa a dimostrare che i fenomeni stessi sono realmente apparizioni del sacro nel mondo, salvo che queste ‘classi’, mutando le condizioni della vita dell’umanità, sorgono, raggiungono il loro apogeo, declinano e vanno progressivamente (salvo eccezioni) a scomparire.
         L’originale metodo di Eliade porta alla scoperta, nella storia, di teofanie che, ciascuna seguendo la sua strada, conducono a dottrine elitarie, additano strade di perfezione e salvezza (es. Campi Elisi, Walhalla, Paradiso). Secondo alcuni, una tale investigazione, per quanto riguarda forma e struttura, assomiglia ad una paleontologia culturale, che scava nella storia rinvenendo frammenti sparsi presso i vari popoli. Eliade valuta le esperienze primordiali degli uomini circa l’arcano della creazione, nascita, iniziazione e morte, come estrinsecazione di una profonda simbiosi fra l’uomo e la natura, e, di conseguenza, fra il naturale e il soprannaturale, fra l’ordinario ed il sacro.
        In altre parole, l’uomo, ai suoi albori, comprendeva l’opera della divinità in forma di mito. In ogni stagione, ad ogni tappa, della sua storia, l’uomo può fare riferimento agli eventi primordiali. Eliade cerca di rintracciare l’ ‘atto puro’, iniziale, della divinità, che mostra il suo rapporto con l’uomo e la natura; tornare indietro nel tempo, a quando il tempo non esisteva. La presenza dello spirito divino fa rinascere a nuova vita.
         Il mito  è in posizione centrale, integrato nella storia: i suoi misteri, imperscrutabili, servono come strumenti di rivelazione. Le scienze psicologiche e sociali, sostanzialmente aliene rispetto alla sacralità, non possono, per Eliade, spiegare il significato dei fenomeni mitici, proprio a causa della sacralità insita in essi. La sacralità distingue il mito dalle saghe, leggende e favole.
            Seconda figura analizzata dalla Anselmo è quella dell’archeologa e linguista lituana Marija Gimbutas (1921-1994). Punto di partenza della Gimbutas è la ricostruzione del linguaggio proto-indo-europeo, da lei detto “delle genti Kurgan”, e il reperimento delle testimonianze archeologiche relative. Le società classiche dell’Europa storica sono state generate dalla simbiosi fra ‘sistema vetero-europeo’, basato sul matriarcato e la ginecocrazia, e ‘ sistema indo-europeo’, incentrato sul patriarcato e il dominio del maschio.
            La Gimbutas valutava le raffigurazioni del Paleolitico e del Neolitico come manifestazioni dello spirito tese a rappresentare una unica grande Divinità Universale, da un lato, e, dall’altro, distinte varietà di figure femminili: la dea dei serpenti, la dea degli uccelli, la dea degli animali. Tutte manifestazioni  della Dea, diversificate fra loro, ma riconducibili  ad un’Unità sacrale.
          Terzo fra i maestri, ma maestro relatore, Ignazio E. Buttitta (1964), antropologo e studioso delle tradizioni del Meridione, professore della Università di Palermo.
          Tematica principale dei suoi interessi di ricercatore le feste agrarie siciliane, incentrate sulla Dea Madre in quanto Dea  Madre delle messi. Demetra, e sua figlia Kore, rapita da  Ade e condotta nel mondo degli Inferi, di cui diviene regina col nome di Persefone. Con la rinascita della natura, nel suo rigoglio ubertoso, la coppia madre-figlia si ricompone. Altro tèma privilegiato: la consonanza cronologica e fattuale fra antiche feste pagane e nuove feste, causata dalla successiva cristianizzazione. In particolare, per Buttitta, la Dea Madre è soppiantata dalla Madonna, con  la quale si perdono i caratteri negativi antichi  del mito (rapimento di Kore e sua discesa agli Inferi), per conservare solo quelli positivi.
            Con p. 71 la Anselmo introduce il testo della Håland: The Ritual Year as a Woman’s Life: the Festivals of the Agricultural Cycle, Life-Cycle Passages of Mother Goddess and Fertility-Cult (2005). Dopo una stringata introduzione, viene riprodotto il testo originale (pp. 74-90), con la bibliografia (pp. 91-96). Segue la fedele traduzione italiana (pp. 97-114).
         Il saggio è illuminante per comprendere il pensiero della Håland. Nell’antichità  esistevano celebrazioni della Dea Madre in concomitanza con fasi determinanti dell’anno agricolo. La Terra era paragonata al corpo della donna e l’anno agricolo equivaleva alle stagioni del corpo della donna, nelle sue fasi.
       Anzi, la Terra stessa era a tutti gli effetti considerata equivalente all’apparato genitale femminile, come dimostra il fatto che talora le celebrazioni  iniziavano con la discesa in caverne sotterranee; una sorta di penetrazione, a fini procreativi, della Terra Madre.
       In Appendice (pp. 129-153) l’intervista della Anselmo alla Håland (avvenuta ad Atene nel 2010), presentata prima in originale inglese, poi in traduzione italiana. La Anselmo ha posto vari quesiti alla ricercatrice nordica, sia sul saggio in questione, sia sulle tematiche e sulla metodologia della vastissima sua produzione.
         Mi siano consentiti una digressione, che a qualcuno sembrerà fuor di luogo, e un suggerimento per coloro che si occupano dei autori contemporanei. L’intervista andrebbe sempre condotta, dopo lo studio di un’opera, interrogando l’autore stesso, affinché chiarisca punti dubbi del suo lavoro e/o dica a voce quel che, per un motivo o un altro, non ha potuto, o voluto, scrivere. Oppure per aggiungere nuove considerazioni. Magari noi antichisti e bizantinisti potessimo avvantaggiarci di una tale possibilità…!
         Il parallelismo fra le festività in onore di Demetra e quella della Panaghìa (Vergine Tutta-Santa) della Grecia attuale è evidente, come emerge dalle convincenti pagine  della Håland; ancor più evidente, nello ‘slittamento’ da Demetra ad Atena, l’analogia con la Madonna, che aveva in comune con Atena la perpetua verginità.
         Dall’antico al contemporaneo, dunque, in una ideale continuità fra Grecia antica e Grecia moderna, fra culti pagani e culti cristiani, sacralità politeistica e sacralità monoteistica; si sa che quest’ultima, a livello popolare, e non solo, subì molteplici influssi, sicché, a livello generale, fra religiosità biblico-ebraica e religiosità cristiano-cattolica v’è più di una divergenza, pur nella riconosciuta continuità teistica.
        La ricerca merita dunque più di un plauso. Il successo del libro e della sua Autrice, verificabile in rete, è testimonianza della validità della ricerca e della correttezza della metodologia impiegata.

            Dicembre 2012                                                                        r.r.



[1] Autore della concisa ma efficace Prefazione.

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