di Carmelo Bonvegna
Col presente “foglietto”
i “5” amici lettori sono costretti a rileggere la “premessa” di un altro mio
scrittarello intitolato “Prove di Rivoluzione di Pisapia col Gay Pride” del
luglio 2011. Se lo ripeto qui, è perché ripetitiva e monotona, come le cattive
abitudini, è la Rivoluzione. Mi scuso ma “repetìta iùvant”.
Studiosi cattolici col termine “Rivoluzione” intendono quel
processo negativo che nasce dalle tendenze disordinate dell’animo dell’uomo,
conseguenza del peccato originale; diventa a poco a poco abitudine, costume
prima nel singolo individuo, poi pensiero e filosofia nelle società e, quindi,
legge codificata; essa tenta di sovvertire i Dieci Comandamenti e il Diritto
naturale e di instaurarne altri diversi e contrari; ovviamente si oppone anche
alla Chiesa e alla sua Dottrina. La Rivoluzione è sempre esistita e si è
manifestata in vari modi a seconda delle epoche, degli uomini e delle
circostanze; ma negli ultimi tempi, a partire dall’Illuminismo (sec. XVIII), la
sua presenza è diventata più esplicita e pressante anche col sorgere della
Massoneria in Inghilterra (1717) e il suo diffondersi in Europa, e
l’instaurazione dei regimi demo-liberali nell’800 che hanno osteggiato anche se
tollerato la Religione Cattolica e quelli social-comunisti e
nazional-socialisti, nel 900, che l’hanno perseguitata fino a spargerne il
sangue.
Finito, finalmente, il regime sovietico per suicidio del
Comunismo (1989) e con esso la persecuzione, diciamo, “diretta” che ha prodotto
un numero di Martiri mai visto prima
nella storia, la “Rivoluzione” in Occidente si è fatta più subdola e, forse,
più pericolosa perché è “ritornata” alla originaria insidia colpendo con forza
maggiore “in interiore homine” (S. Paolo/S. Agostino) cioè nelle tendenze e
nelle passioni in cui l’uomo moderno europeo è più vulnerabile; in questa
impresa, sempre in evoluzione, oggi si serve della filosofia del “relativismo”,
esaltata apertamente da tanti cattivi maestri di pensiero (Joseph Ratzinger,
nel suo ultimo discorso da cardinale , 18-04-2005, parlò, a ragione, di “dittatura
del relativismo”) e che non distingue più il bene dal male e, pertanto, conduce
i singoli e le società alla confusione, all’indifferenza e al nichilismo. Ed è
ciò che vediamo ogni giorno. La ricaduta di tale “filosofia” sulla Famiglia è
devastante: contro questa, infatti, specie dal Sessantotto in poi, la
Rivoluzione si accanisce con un odio mirato, frontale e massiccio.
La presente premessa può servire da introduzione a tutti gli
eventi “storici” negativi, piccoli o grandi, che ci passano davanti; uno di
questi, oggi, si chiama “divorzio breve” (votato il 22-IV-2015), l’ultimo (per
ora!) di una serie che, schematizzando, facciamo partire dalla Rivoluzione del
1968.
Il “1968” io lo vidi esplodere mentre ero all’Università Cattolica e ne sono
testimone diretto perché vi presi parte in prima persona. Fu un evento epocale
che nella sua fase “calda” si protrasse fin quasi alla fine degli anni 1970 e
rappresentò lo snodo di tante forze negative incubate in precedenza nella
società ormai “post-cristiana”. Il “68” fu in gran parte “radical-borghese” ed
ebbe due “anime” conviventi: una “politica” che si connotò quasi dall’inizio
come marxista-comunista e un’altra detta “culturale” o “sessuale” o del
“costume”; la “prima”, che tentava di instaurare il comunismo, fallì e perché
arrivava in ritardo mentre le nazioni dell’Est cercavano di scuoterne il giogo
(Budapest 1956, Praga 1968) e, soprattutto, per la refrattarietà del popolo italiano
che non lo ha mai voluto; la “seconda”, invece, irruppe e vinse su tutta la
linea e trascinò molta parte della società, compresa la cattolica. È questa che
chiamiamo “Rivoluzione culturale del Sessantotto” e contro cui mi schierai fin
da subito.
In estrema sintesi, il salto di qualità allora fu il
seguente: cose che prima erano riprovate come “cattive”, dopo si ritennero
“buone” e, di conseguenza, se ne pretese la legalizzazione da parte dello
Stato; esse, preparate in tanti anni di corruzione, vennero salutate come
frutto di “libertà”, “progresso”, “civiltà”, “uguaglianza”, “democrazia”,
liberazione dal “medioevo”, dalla “reazione”, dal “fascismo”, etc. I risultati
immediati furono divorzio (1970) e aborto (1978): due colpi mortali, l’uno alla
Famiglia, l’altro alla Vita umana; per molti (specie riguardo al divorzio)
ritenuti “necessari” e “inevitabili” per “risolvere” i “casi pietosi” per altro moltiplicati e gonfiati a dismisura
dalla propaganda; sicuramente, però, costituirono il varco attraverso cui passò
e passerà – salvo miracoli – tutto il “resto”! Da quel momento la Rivoluzione
ha acquistato vigore e velocità scivolando su un piano inclinato senza freni e
senza “paletti”, immaginati dai benpensanti, nella furia di inventare,
stimolare e legalizzare le spinte, le tendenze, le pulsioni, i desideri, le
passioni e gli stessi vizi dell’uomo.
Aperta la breccia, questa fatalmente diventa voragine senza
limiti da cui avranno diritto a passare infiniti “casi pietosi” (“mia
moglie/mio marito russa/non mi piace lavare i piatti etc., voglio il
divorzio!”): è inutile illudersi, la Rivoluzione maneggia una “materia”
delicata e “pericolosa”, quindi non può avere fondo e – stando così le cose –
non ne avrà per secoli!
Ecco, in questa “corsa”, il “divorzio breve” è solo una
tappa prevista e – sicuramente – presto sarà superata dal “divorzio lampo”,
sorta di “usa e getta” di anime e corpi di uomini, donne e bambini, del resto
già in progetto con le “unioni di fatto” o “a tempo” o “a prova”; questa “fase”
si concluderà, poi, con la cancellazione del matrimonio stesso, nel frattempo
reso “banale” e “inutile” dalla dissoluzione completa della società. Così, il “Padrone
del mondo” (è l’Anticristo?) che presiede a tale dissoluzione, tenterà di
ridurci ad atomi, individui soli, divisi, instabili, poveri e disperati dopo
averci fatto assaporare la effimera ed egoistica “libertà” di quelle conquiste
dette “civili”. E difatti tale suo dominio viene perfino applaudito con la frenesia di sudditi stolti i cui figli
saranno i primi a pagare il disordine da essi coltivato: alla Camera dei
Deputati (è la stessa “Aula sorda e grigia” del Novembre 1922) il “divorzio
breve” ha ottenuto ben 398 sì, contro appena 28 no, una maggioranza
“sovietica”. E dire che, mentre questi “statisti” – nel silenzio assoluto dei
mezzi democratici di informazione – votavano il “passo avanti” contro la
Famiglia, nel sole di piazza San Pietro, il buon Papa Francesco, di cui coloro
ogni tanto fanno finta di dire un gran bene, parlava della santità e bellezza
del matrimonio tra un uomo e una donna!
Alcune riflessioni e domande finali:
1) è evidente che quando si tratta di andare contro il
Diritto naturale, tutti i partiti sono coalizzati; hanno votato no solo Lega Nord e gli on.li Roccella, Meloni, Gasparri,
Marinello, Pagano: coraggiosi ribelli agli “ordini” impartiti dalla piramide
massonica?
Fra i “398” c’è qualcuno che avrà il coraggio e il cattivo
gusto di chiedere il mio voto alle
prossime elezioni? Attenzione, io ho buona memoria!
Ma cosa ci guadagna la Rivoluzione nel sovvertire il Diritto
naturale? La risposta/spiegazione non può che essere “religiosa”: chi, al
vertice, organizza il disordine nel mondo, non ha guadagno “materiale” o in
moneta sonante. Il suo è soltanto “guadagno”
“spirituale” e “metafisico”; esso non consiste nella liberazione delle
persone in difficoltà (tale “liberazione” è una favola per ingenui: a costui
non ha mai importato nulla del “dolore” vero del prossimo!) a lui basta la
soddisfazione superba, diabolica, prometeica di contrastare il disegno di Dio;
però succede che, non potendo aggredire Dio, puro spirito che non vede e non
tocca, si rifà sulle sue creature e, soprattutto, sull’uomo che ne è immagine
privilegiata: in passato, a tal proposito si usavano parole come “mysterium
iniquitatis”; ora, però, il vocabolo “inìquitas”, troppo duro (in latino poi!)
è passato di moda, ma il “mistero del male” resta tutto intero e chiede
comunque un tentativo di spiegazione. So che l’argomento diventa “difficile”
anche per molti buoni fratelli non più abituati a simili discorsi; sicuramente
fa sorridere gli intellettuali boriosi; ridono in molti soprattutto se
politici, oscuri esecutori di ordini calati dall’alto. Io invece immagino che i
loro “superiori”, assisi nei sinedri delle logge, non ridano affatto; costoro,
anzi, credono in Dio (anche il Diavolo ci crede, e come!) ma Lo odiano insieme
al suo Disegno, al suo Vangelo, alla sua Religione, alla sua Chiesa Cattolica
e, in definitiva, all’uomo stesso.
Pertanto, se c’è
qualche volenteroso che voglia opporsi alla Rivoluzione, non deve far altro che
“il contrario della Rivoluzione” come
diceva Joseph De Maistre ai primi dell’800, cominciando a contrastare le
tendenze disordinate del proprio cuore: è un esercizio spirituale di cui, data
la “materia” montante delle “maggioranze” nel mondo molle di oggi, diviene
difficile perfino parlare con gli amici. Tuttavia questo è il solo modo per
l’inizio di un cambio di rotta: le impreviste, bellissime insorgenze di popolo
in occasione del referendum sulla “legge 40” (12/13-VI-2005) voluto dalle forze
anticattoliche e da queste perso rovinosamente e il “dies familiae” (15-V-2007)
che vide a Roma presso la Basilica di San Giovanni due milioni di persone, sono
segnali di un tale possibile “cambio”, ma possono venire solo dopo una
“metanoia” spirituale e personale.
Ricordo, qui di passaggio, che nel grandioso raduno di Roma,
Matteo Renzi disse: “non c’è bisogno di essere cattolici per difendere la
famiglia”; ma oggi, forse ha cambiato idea e, stando ad “Avvenire” (3-V-2015),
avrebbe dichiarato: “Il divorzio breve è
legge. Un altro impegno mantenuto. Avanti, è la volta buona”. Spero che ciò non
sia vero ché, altrimenti, quando il giovine cattolico Renzi, manderà anche a me
la classica letterina elettorale con “Caro amico…” saprò cosa fare!
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