di Giovannino Guareschi
Reverendo,
spero che questa mia raggiunga il remoto esilio montano nel quale l'ha
confinata quella Sua irruenza che non diminuisce davvero col crescere degli
anni.
Conosco la storia che è incominciata quando il compagno sindaco Peppone ha
preso a salutarla in pubblico: «Buon giorno, compagno Presidente!». Poi è
venuto a farLe visita in canonica assieme allo Smilzo, al Bigio e al Brusco,
per dirLe che, siccome intendeva abbellire la Casa del Popolo con un bel
balcone per i discorsi, avrebbe volentieri acquistato le colonnine di marmo
della balaustra dell'altar maggiore, nonché i due angeli allogati ai lati del
Tabernacolo. Questi, Le disse (se il mio informatore è veritiero), avrebbe
voluto sistemarli sopra l'arco del portone d'ingresso, per adornare la targa
con l'emblema del PCI.
Don Camillo: Lei staccò dal muro la doppietta e la spalanco davanti a Peppone e
soci facendo loro ritrovare rapidamente la via della porta. Ma, creda, non fu
una risposta spiritosa, da buon giocatore.
Quando scoppiò la bomba della destalinizzazione, non dimentichiamolo, Lei non
andò forse a trovare Peppone nella sua officina per comunicargli che avrebbe
volentieri comprato i ritratti e il busto di bronzo di Stalin esistenti alla
Casa del Popolo, nonché la targa marmorea di «Piazza Stalin», perché intendeva
usarli per adornare convenientemente con essi il suo bagno personale?
Reverendo, ora che è scoppiata la bomba della depacellizzazione e Lei deve
adeguare la chiesa alle esigenze precise del nuovo Rito Bolognese, Peppone
aveva il diritto di renderle pan per focaccia.
NEI GUAI
FINO AGLI OCCHI
Lei è nei guai fino agli occhi, Reverendo, ma stavolta il torto è tutto Suo. Il
giovane curato che i Suoi Superiori Le hanno inviato per istruirLa sul Rito
Bolognese e per aiutarLa ad aggiornare la chiesa, non è un Peppone qualsiasi e
Lei non poteva trattarlo rudemente come l'ha trattato.
Egli veniva da Lei con un mandato preciso e, siccome la Sua chiesa non ha
nessun particolare valore artistico e turistico, il giovane quanto degno
sacerdote aveva il pieno diritto di pretendere l'abbattimento della balaustra e
dell'altare, l'eliminazione delle cappellette laterali e delle nicchie coi loro
ridicoli Santi di gesso e di legno, nonché dei quadretti ex voto, dei
candelabri e, insomma, di tutta l'altra paccottiglia di latta, di legno e di
gesso dorati che, fino alla riforma, trasformavano le chiese in retrobottega da
robivecchi.
Lei, don Camillo, aveva pur visto alla Tv il «Lercaro Show» e la
concelebrazione della Messa con Rito Bolognese. Aveva ben visto la suggestiva
povertà dell'ambiente e la toccante semplicità dell'altare ridotto a una
proletaria tavola. Come poteva pretendere di piazzare in mezzo a quell'umile
Sacro Desco un arnese alto tre metri come il Suo famoso (quasi famigerato)
Cristo Crocifìsso cui Lei è tanto affezionato?
Lei aveva pur visto alla Tv, qualche giorno dopo, com'era apparecchiata la
Sacra Mensa attorno alla quale il Papa e i nuovi Cardinali hanno concelebrato
il Banchetto Eucaristico.
Non s'era accorto che il Crocifisso situato al centro della Tavola era tanto
piccolo e discreto da confondersi coi due microfoni?
Non aveva visto, insomma, come tutto, nella Casa di Dio, deve essere umile e
povero in modo da far risaltare al massimo il carattere comunitario
dell'Assemblea Liturgica di cui il Sacerdote è soltanto un concelebrante con
funzione di presidente?
E non aveva sentito, nel secondo «Lercaro Show» televisivo (rubrica «Cordialmente»),
quanto siano soddisfatti, addirittura entusiasti, i fedeli petroniani per la
nuova Messa di Rito Bolognese?
Non ha visto come erano tutti eccitati, specialmente i giovani e le donne, dal
piacere di concelebrare la Messa invece di assistervi passivamente subendo il
sopruso del misterioso latino del Celebrante, e dalla legittima soddisfazione
di non doversi umiliare più inginocchiandosi per ricevere l'Ostia e di poterla
deglutire in piedi, trattando Dio da pari a pari come ha sempre fatto
l'onorevole Fanfani?
INDIETRO
DI QUALCHE SECOLO
Don Camillo: quel giovane prete aveva ragione e si batteva per una Santa Causa
perché l'aggiornamento è stato voluto dal Grande Papa Giovanni affinchè la
Chiesa, «Sposa di Cristo, potesse mostrare il suo volto senza macchia né ruga».
È la Chiesa che, fino a ieri semplicemente Cattolica e Apostolica, diventa
(ricordi sempre Lercaro) Chiesa di Dio. E Lei, don Camillo, è rimasto indietro
di qualche secolo, Lei è ancora fermo all'ultimo Papa medievale, a quel Pio XII
che oggi viene pubblicamente svillaneggiato dai palcoscenici con l'approvazione
- vedi la rappresentazione del Vicario a Firenze- degli studenti universitari
cattolici, e che, quando il produttore avrà ottenuto la sovvenzione statale,
verrà svillaneggiato anche dagli schermi e dai teleschermi.
Don Camillo: non se n'è accorto nemmeno assistendo, attraverso la Tv, alla
consacrazione dei nuovi Cardinali?
Non ha sentito gli applausi fragorosi a scena aperta rivolti al
neoCardinale-Operaio Cardin?
Non ha udito il Reverendo Presentatore televisivo precisare che il neoCardinale
cecoslovacco Beran è semplicemente uscito dal suo «stato d'isolamento» ?
Non ha notato la pacata indignazione che vibrava nella sua voce quando il
Reverendo Presentatore Tv ha denunciato il sopruso commesso dal dittatore
Franco pretendendo di avvalersi del medievale, fascistico privilegio che hanno
i Capi degli Stati Cattolici d'imporre personalmente la Berretta ai
neoCardinali appartenenti al loro Paese?
Non ha neppure notato la diligenza encomiabile con la quale il Reverendo
Presentatore Tv - come, del resto, ha fatto lo stesso Santo Padre - ha ignorato
l'esistenza della cosiddetta «Chiesa del Silenzio» o «Chiesa Martire»
d'oltrecortina?
Don Camillo, non s'è accorto come le Superiori Gerarchie della Chiesa evitino
di parlare di quel Cardinale Mindszenty d'Ungheria che, con riprovevole
indisciplina, persiste nell'ignorare la Conciliazione fra Chiesa Cattolica e
Regime Sovietico, e nel ricusare di tributare il dovuto omaggio al cosiddetto
«Comunismo Ateo», ritenendo addirittura valida una Scomunica Papale che è oggi
oggetto di riso in tutti gli Oratori parrocchiali?
Don Camillo, perché si rifiuta di capire?
Perché, quando il giovane prete inviatoLe dall'Autorità Superiore Le ha
spiegato che bisognava ripulire la chiesa e vendere angeli, candelabri, Santi,
Cristi, Madonne e tutte le altre paccottiglie fra le quali anche il Suo famoso
Cristo Crocifisso, perché, dico, Lei lo ha agguantato per gli stracci
sbatacchiandolo contro il muro?
Non ha capito che sono in ballo i più sacri princìpi dell'economia? Che sono in
ballo miliardi e miliardi e la stessa sacra Integrità della Moneta?
Quale famiglia "bene", oggi, vorrebbe privarsi del piacere di
adornare la propria casa con qualche oggetto sacro? Chi può rinunciare ad avere
in anticamera un San Michele adibito ad attaccapanni, o in camera da letto una
coppia d'angeli dorati come lampadario, o in soggiorno un Tabernacolo come
piccolo bar?
INSEGUIRE
LA MODA
Don Camillo, la Moda è una potenza che muove migliaia di fabbriche e migliaia
di miliardi: la Moda esige che ogni casa rispettabile possegga qualche oggetto
sacro. La ricerca è rabbiosa tanto che, se non immetteremo nel mercato
dell'Arredamento Santi, angeli, pale d'altare, candelabri, Crocifissi,
Tabernacoli, Cristi, Madonne e via discorrendo, i prezzi raggiungeranno cifre
iperboliche. E ciò pregiudicherà la sacra Integrità della Lira, onorata dagli
stranieri con l'Oscar delle Monete.
La Chiesa non può più estraniarsi dalla vita dei laici e ignorarne i problemi.
Don Camillo, non mi faccia perdere il segno. Lei, dunque, è nei guai ma la
colpa è tutta Sua.
Sappiamo ogni cosa: il pretino inviatoLe dai Superiori Le ha proposto -
demolito il vecchio altare - di sostituirlo non con una comune Tavola come
quella del «Lercaro Show», ma col banco da falegname che il compagno Peppone
gli aveva vilmente fatto offrire in dono suggerendogliene l'utilizzazione. E
ciò ricordando che il padre Putativo di Cristo era falegname e che il piccolo
Gesù, da bambino, spesso lo aveva aiutato a segare e piallare tavole.
Don Camillo: si tratta di un prete giovane, ingenuo, pieno di commovente
entusiasmo. Perché non ne ha tenuto conto e ha cacciato il pretino fuori dalla
chiesa a pedate nel sedere?
Bel risultato, don Camillo. Adesso, nella Sua chiesa, c'è il pretino che fa
quel che gli pare e Lei si trova confinato quassù a S., ultima miserabile
parrocchia della montagna. Un paese senza vita perché uomini, donne e ragazzi
validi sono tutti a lavorare all'estero e qui abitano soltanto i vecchi coi
bambini più piccoli.
E Lei, Reverendo, ha dovuto sistemare la chiesa secondo le nuove direttive,
così, dopo aver concelebrato la prima Messa con Rito Bolognese, si è sentito
dire dai vecchi che, fino a quando Lei rimarrà in paese, loro non verranno più
alla Messa.
VOX POPULI,
VOX DEI
Don Camillo, le cose si vengono a sapere. Lei - ricordando le parole del
pretino - ha spiegato che, adesso, la Messa deve essere celebrata così e il
vecchio Antonio Le ha risposto:
«Ho novantacinque anni e, per quel poco o tanto che ho ancora da vivere, mi
basta la scorta di Messe in latino che mi son fatto in novant'anni».
«Roba da matti» ha aggiunto la vecchia Romilda. «Questi cittadini vorrebbero
farci credere che Dio non capisce più il latino!»
«Dio capisce tutte le lingue» ha risposto Lei. «La Messa viene celebrata in
italiano perché dovete capirla voi. E, invece di assistervi passivamente, voi
partecipate al sacro rito assieme al sacerdote.»
«Che mondo» ha ridacchiato Antonio. «I preti non ce la fanno più a dire la
Messa da soli e voglion farsi aiutare da noi! Ma noi dobbiamo pregare, durante
la Messa!»
«Appunto, così pregate tutti assieme, col prete» ha tentato di spiegare Lei. Ma
il vecchio Antonio ha scosso il capo:
«Reverendo, ognuno prega per conto suo. Non si può pregare in comuniorum.
Ognuno ha i suoi fatti personali da confidare a Dio. E si viene in chiesa
apposta perché Cristo è presente nell'Ostia consacrata e, quindi, lo si sente
più vicino. Lei faccia il suo mestiere, Reverendo, e noi facciamo il nostro.
Altrimenti se Lei è uguale a noi a che cosa serve più il prete? Per presiedere
un'assemblea sono capaci tutti. Io non sono forse presidente della cooperativa
boscaioli? E poi: perché ha portato via dalla chiesa tutte le cose che avevamo
offerto a Dio noi, coi nostri sudati quattrini? Per scolpire quel Sant'Antonio
di castagno che lei ha portato in solaio, mio padre ci ha messo otto anni. Si
capisce che lui non era un artista, ma ci ha impiegato tutta la sua passione e
tutta la sua fede.
«Tanto è vero che, siccome lui e la mia povera madre non potevano avere figli,
appena finita e benedetta la statua, Sant'Antonio gli ha fatto la grazia e sono
nato io. Se lei vuole fare la rivoluzione, la vada a fare a casa sua,
reverendo».
Don Camillo, io capisco quello che Lei ha dovuto provare. Ma la colpa è Sua se
si è invischiato in questi guai.
A ogni modo, io non Le scrivo solo per dirLe cose cattive, ma per confortarLa
un po'.
Il pretino che è ora al Suo posto ha già smantellato la chiesa. Non ha
installato al posto dell'altare il banco da falegname bensì un normale tavolo
perché, con bel garbo, le Superiori Autorità gli hanno fatto capire che, pure
essendo l'idea bellissima e nobilissima, questa preferenza data alla
falegnameria avrebbe potuto offendere i fabbri e gli altri artigiani.
Balaustra, angeli, candelabri, ex voto, statue di Santi, Madonnine, quadri e
quadretti, Tabernacolo e tutti gli altri arredi sacri sono stati venduti e il
ricavato è servito per sistemare la chiesa, per l'impianto stereofonico, dei
microfoni, degli altoparlanti, del riscaldamento eccetera.
Anche il famoso Cristo è stato venduto perché troppo ingombrante, incombente,
spettacolare e profano. Però metta il cuore in pace: tutta la roba non è andata
lontano. L'ha comprata il vecchio notaio Piletti che l'ha portata e sistemata
nella cappella privata della sua villa del Brusadone.
Manca soltanto la balaustra dell'altar maggiore: l'ha comprata
Peppone e dice che ci farà il balcone della Casa del Popolo. Però mi risulta
che colonnine e ogni altro pezzo della balaustra sono stati imballati,
incassati uno per uno con gran cura e riposti in luogo sicuro.
Lei sa che, per quanto mi conosca come uno stramaledetto reazionario nemico del
popolo, Peppone con me si lascia andare e m'ha fatto capire che sarebbe disposto
a trattare. Vorrebbe, in cambio della balaustra, il mitra che Lei gli ha
fregato nel 1947. Dice che non ha la minima intenzione di usarlo perché oramai
anche lui è convinto che i clericali riusciranno a fregare i comunisti
mandandoli al potere senza dar loro la soddisfazione di fare la rivoluzione. Lo
rivuole perché è un ricordo.
LA MESSA
CLANDESTINA
Don Camillo, io sono certo che quando Lei fra poco tornerà (e La faranno
tornare presto perché, adesso, in chiesa ci vanno, per far dispetto a Lei,
soltanto Peppone, lo Smilzo, il Brusco e il Bigio), Lei troverà tutte le Sue
care cianfrusaglie perfettamente sistemate nella chiesetta del notaio.
E potrà celebrare una Messa Clandestina per i pochi Suoi amici fidati. Messa in
latino, si capisce, e con tanti oremus e kirieleison.
Una Messa all'antica, per consolare tutti i nostri morti che, pure non
conoscendo il latino, si sentivano, durante la Messa, vicini a Dio, e non si
vergognavano se, udendo levarsi gli antichissimi canti, i loro occhi si
riempivano di lacrime. Forse perché, allora, il Sentimento e la Poesia non
erano peccato e nessuno pensava che il dolce, eternamente giovane «volto della
Sposa di Cristo» potesse mostrare macchie o rughe.
Mentre oggi Essa si presenta a noi dal video profano, col volto sgradevole e
antipatico del Cardinale Rosso di Bologna e dei suoi fidi attivisti,
gentilmente concessi alla Curia dalla locale Federazione Comunista.
Don Camillo, tenga duro: quando i generali tradiscono, abbiamo più che mai
bisogno della fedeltà dei soldati...
La saluto affettuosamente e Le mando, per Sua consolazione, una immaginetta del
Molto Reverendo Pietro Nenni, esperto in Encicliche Papali, e chiamato dagli
amici "Peter Pan e Salam".
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