di Fabio Trevisan
Nel terzo capitolo del saggio: “Ciò che non va nel mondo”
del 1910, Chesterton descriveva le caratteristiche della neo-ipocrisia:
“L’ipocrita di oggi è una persona i cui scopi sono in tutto e per tutto
religiosi, ma finge che siano mondani e pratici”. Si sente dire spesso, anche
oggi, che è necessario adattarsi alle nuove esigenze; si ripete con insistenza
che bisogna accompagnare, mettersi in cammino con l’altro; insomma, si finge
che gli scopi siano mondani e pratici, esattamente come li descriveva il grande
scrittore inglese. La dottrina e la teologia tutt’al più possono intervenire
dopo, quando e come verranno definite dalla “neo-ipocrisia”, esattamente come
più di un secolo fa paventava Chesterton: “La teologia è semplicemente nascosta
come un peccato”. Riprendendo l’illuminante frase iniziale in grassetto, si
vorrebbe ridicolmente proporre una bella passeggiata in alta montagna,
sull’orlo di un precipizio, quando c’è la nebbia! Chesterton riprendeva questa
pazzesca immagine per illustrare le condizioni della neo-ipocrisia: “Questa
parabola è perfetta per descrivere gli effetti della nostra moderna vaghezza,
che perde e allontana gli esseri umani come in una nebbia”.
Proprio perché vaga e indistinta come la nebbia, la neo-ipocrisia non poteva
raggiungere la persona umana, la quale se ne stava tranquillamente e
giustamente lontana, preferendo un cammino più sicuro e salubre in una bella
giornata di sole. Per Chesterton la sana dottrina (l’ortodossia) illuminava i
passi dell’uomo e si contrapponeva alla vaghezza di quello che chiamava il
“pregiudizio della neo-ipocrisia”: “Vi sono persone che non amano il termine
“dogma”. Fortunatamente, sono libere e dispongono di un’alternativa. La mente
umana conosce due cose, e solo due: il dogma e il pregiudizio. Il Medioevo fu
un’età razionale, un’epoca di dottrina. La nostra epoca, al massimo, è un’epoca
poetica, un’età di pregiudizio. Una dottrina rappresenta un punto definito, un
pregiudizio è una direzione”.
Chesterton aveva definito già nel 1905, con il saggio Eretici, riprendendo e
sviluppando in senso proprio il linguaggio aristotelico-tomistico, che cos’era
l’uomo, l’essenza della persona: “L’uomo è un animale che produce dogmi, ovvero
la sua mente è fatta per raggiungere delle conclusioni…”. Pertanto l’epoca
moderna, contrassegnata dal pregiudizio, formulava un giudizio prima di
conoscere esattamente come stavano le cose. Chesterton avversava questo fariseo
“dogmatismo degli antidogmatici” e osteggiava i pericoli delle nebbie
a-dottrinali: “L’argomento con il quale si giustificava la nostra vaghezza
priva di fede era che essa, se non altro, ci salvava dal fanatismo. Invece non
fa nemmeno questo. Al contrario, crea e alimenta il fanatismo con una forza del
tutto particolare”.
Il pregiudizio tipico della modernità produceva così l’irrazionalità e
l’intolleranza. Che cosa poteva porre freno ai pregiudizi dell’uomo moderno ed
ai pericoli del suo fanatismo? Chesterton non aveva ambiguità nel proporre la
corretta via d’uscita: “Se non disponiamo degli insegnamenti di qualche uomo
divino, tutti gli abusi possono essere giustificati, perché l’evoluzione può
trasformarli in usi…l’unica risposta efficace a questi argomenti moderni, che
rendono plausibile e giustificano l’oppressione, è ribadire che esiste un
ideale umano permanente che non deve essere alterato e distrutto”. Non era
quindi la dottrina, replicava il grande saggista di Beaconsfield, la causa dei
nostri guai ma, al contrario, lo era la “neo-ipocrisia” di un’età piena di
pregiudizi: “La dottrina, dunque, non è causa di dissidi. Anzi, una dottrina
può costituire da sola un rimedio contro i dissidi”.
Credo che non ci sia bisogno di sottolineare l’incredibile “attualità” di un
pensatore cattolico come Gilbert Keith Chesterton o di vederne rafforzata
sempre più la devastante neo-ipocrisia che tanto temeva.
da: Riscossa Cristiana, 1 ottobre 2015
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