lunedì 4 gennaio 2016

Due filastrocche di Vittorio Riera

FILASTROCCA MA CHE PALLE!

– Questo si fa, questo non si fa
non stare qui, non stare là.
Questo si tocca, questo non si tocca
e quando mangi non aprir la bocca.
Non dire mai questo mi piace
o peggio ancora questo mi spiace.
Non stare al sole, nemmeno all’ombra
se no, piccino, mamma s’adombra.
Questo puoi o non puoi mangiare
se il mal di pancia vuoi evitare.
Questo si beve e questo no
e se non m’ascolti, io te le do.
Indossa maglia, pullover, giubbotto,
guanti, calze ed anche il cappotto.
Su presto scendi, su vai a giocare
ma niente corse, niente saltare.–
– Ma mamma, ascolta, c’è tanto sole,
il prato è pieno d’erbe e viole.–
– T’ho fatto io perdinci e bacco,
tu m’appartieni come l’ombra al tacco.
Zitto, dunque, non replicare,
corri nel prato e non sudare.
(Maggio 1991)


FILASTROCCA DEL MIO RITORNO

Son tornato, miei bambini,
son tornato un po’ più vecchio,
come vino un po’ invecchiato
forte e aspro come aceto.

Spiritoso e un po’ più colto
spumeggiante nella rima
sonnecchiante sulla riva
d’un bel mare fantasioso.

Son tornato, miei bambini,
son tornato più gioioso
più focoso d’un destriero
con in groppa un bel fantino.

Sto cantando a più non posso
monti e valli valicando
vorticando nel mio cielo
rosso d’erbe e d’acque strane.

Oh! Le rane come verdi
nel pantano se ne stanno.
Come vanno lente e fiere
le lumache tutte in fila.

Infilando ad una ad una
le perline una bambina
tutta china se ne sta
coi pensieri alla sua rosa.

Senza posa è il mio sentire,
senza dire dico tutto.
Ecco il frutto tutto tondo
del mio mondo faticoso.

Ecco alfine il tempo è andato. 
Qua nel tempio tutto solo
muto parlo coi bambini
lindi e rossi di candore. 
(27.03.2000)


Nessun commento:

Posta un commento