di Giovanni Lugaresi
Trebbo Poetico: 60 anni fa a Cervia, nella sala dell’asilo comunale, Walter Della Monica introduceva, illustrando volta a volta poeti e poesie, e Toni Comello, di seguito, recitava: recitava con toni e pause e sentimenti che portavano al coinvolgimento di un uditorio abituato più alle voci stentoree dei comizianti dei vari partiti politici sempre assai polemici in Romagna, che ai toccanti accenti di una lirica del Pascoli o a quelli accorati di un Leopardi.
Prendeva avvio in quel momento un’avventura che avrebbe portato i due giovani appassionati di poesia, appunto, per le strade di tutta Italia e oltre, cioè pure all’estero, fra i nostri emigranti.
E quel 7 gennaio 1956 veniva coronato praticamente un progetto maturato nel tempo, a partire cioè dall’estate del 1953, quando il direttore del campeggio dell’Enal a Milano Marittima, Walter Della Monica aveva incontrato Toni Comello, e insieme avevano conversato di poeti e di poesia.
L’esperimento compiuto due anni dopo nello stesso campeggio davanti a un pubblico prettamente giovanile aveva dato un responso altamente positivo: l’interesse, l’entusiasmo di tutti. E allora, ecco un sogno farsi progetto, e quindi realtà nell’asilo di Cervia, per poi spiccare il volo alla conquista di un pubblico sempre più vasto, diversamente variegato, per così dire, ma sempre affascinato da quei due giovani aedi, che diedero vita, per usare le parole del poeta Giorgio Caproni al “più straordinario anacronismo del secolo”.
L’anniversario dei 60 anni da quell’evento comporta un interrogativo, oltre ad un viaggio a ritroso nel tempo.
Che cosa resta, quale retaggio, di 180 incontri da Cervia a Catania, da Torino a Tricarico, da Trieste a Fano, da Valdagno a Gradara da Bolzano a Roma, da Udine ad Acireale, da Finale Ligure a Bronte, da Albisola Marina a Caltanissetta, da Brescia a Siracusa, da Milano a Recanati, da Rapallo a Gardone, da Ravenna a Potenza (senza trascurare centri minori, paesi come Alfonsine, Castiglione, Cittadella, Conegliano, Lugo, Massa Lombarda, Faenza), con puntate oltre confine, grazie all’Enal, alla Società Dante Alighieri, ad Istituti italiani di cultura, e cioè Monaco di Baviera, Ludwisburg, Stoccarda, Rotterdam, Maastricht, Sittard, Brunssum, Leiden, L’Aja, Arnhem?
Restano centinaia di articoli di giornali e riviste, conversazioni radiofoniche e televisive, citazioni su tutti i vocabolari-dizionari della lingua italiana, in primis quello dell’Enciclopedia Treccani.
Restano le testimonianze di poeti e scrittori e giornalisti, fra i quali spiccò Ungaretti, se non altro per quella constatazione eloquentissima, emblematica che così suona: “Sono anni che non si sentiva parlare di tanto fervore per la poesia. Forse un fervore uguale non l’ho mai visto, nemmeno ai tempi del Futurismo e di Lacerba”.
Restano, poi, tre tesi di laurea nelle università di Macerata (Giovanni Sgardi), Bologna (Debora Aprigliano), Genova (Simona Poggi).
Restano, ancora, due piazze: a Cervia e a Ravenna, al Trebbo Poetico intitolate…
Resta insomma la memoria di una pagina culturale fra le più alte del secolo scorso. E uno degli esempi più significativi di come in provincia, e da due uomini di provincia (ma non affetti da provincialismo, sia chiaro!), possano nascere e svilupparsi idee, progetti di ampio respiro: un respiro, appunto, non provincialistico, ma straordinariamente coinvolgente un pubblico vario e variegato: dalle Alpi alle isole, nel segno, e con la voce della poesia, appunto.
E qui pare opportuna una digressione per rilevare come dalla provincia romagnola siano giunte fra Ottocento e Novecento, e poi per tutto il ventesimo secolo, alcune delle testimonianze culturali più alte a livello nazionale e oltre. Pensiamo a Pascoli, pensiamo ad Oriani, pensiamo al musicista Pratella; non si può non citare Renato Serra, della cui morte sul Podgora si è ricordato il centenario l’anno scorso – e quindi del fare cultura in provincia ma pensando in grande.
Come i due “giullari della poesia”, secondo la felice espressione di Sergio Zavoli, aedi moderni: Toni Comello, veneto di Mogliano, e Walter Della Monica, romagnolo di Ravenna, fecero, mettendo in repertorio i nostri grandi poeti: da San Francesco, Jacopone, Dante, Petrarca a Leopardi, Foscolo, Manzoni, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, e fino ad Ungaretti, Montale, Quasimodo, Sereni, Gatto, Betocchi, Valeri, Caproni, Scotellaro, ma anche autori d’Oltralpe, in primis Garcia Lorca.
Il Trebbo Poetico, dunque, appartiene alla storia della cultura e alla storia d’Italia tout court, per il carattere popolare che era insito nell’iniziativa, quella di considerare la poesia un bene di tutti, non riservato a determinate élite. Far sentire, far capire, alla gente le voci di autori dei quali il grande pubblico aveva magari sentito soltanto il nome. E la risposta della gente alla proposta di Comello e Della Monica fu sempre, in ogni luogo (città, paese, borgo, riunione, sala, oratorio, teatro, piazza, palestra), entusiasta, tale da attirarsi elogi a non finire dal fior fiore degli autori, dei critici, dei giornalisti, degli studiosi del tempo, di quell’arco di tempo compreso fra il 1956 e il 1960, quando l’avventura finì.
Ma c’è stato un seguito, e quale seguito, al Trebbo Poetico.
Ci riferiamo a quel Progetto Dante di Walter Della Monica (anche qui pensando in grande), che, avviato nel 1995 con la lettura completa e il commento della Divina Commedia di Vittorio Sermonti nel “bel San Francesco” ravennate, è poi proseguito con “La Divina Commedia nel mondo”, manifestazione ravennate che prosegue nel tempo, ogni mese di settembre. Sì da far conoscere la fortuna arrisa al Sommo Poeta ai quattro angoli della Terra.
Ecco, quindi, l’ombra del Trebbo Poetico proiettata nell’oggi…
Se un albero si vede dai frutti, occorre osservare che quello di 60 anni fa ha prodotto rami rigogliosi con frutti, appunto, eccellenti di cui cibarsi: cibare mente e anima.
Nessun commento:
Posta un commento