di Maurizio Schoepflin
Il <Discorso ai giovani> (Oratio ad adolescentes) non è certo l'opera più importante di Basilio di Cesarea (330-379), tuttavia si presenta come un testo denso di indicazioni interessanti e decisamente attuali. [...]. A Basilio preme innanzitutto far risaltare la superiorità della vita dello spirito rispetto a quella legata alle dimensioni dell'esteriorità e della materialità. Di qui scaturisce la certezza che compiti necessari e prioritari del cristiano siano la cura dell'anima e la riceca della salvezza eterna: la cultura pagana assume valore soltanto in rapporto a ciò, ovvero solamente per l'aiuto che può recare alla formazione di una spiritualità retta e forte. Per tale motivo, al cristiano si impone il dovere di vigilare con attenzione affinché non gli accada di accogliere idee errate o di approvare atteggiamenti peccaminosi. A questo proposito, Basilio raccomanda ai giovani di stare lontani da scritti blasfemi, licenziosi e scurrili. Altri gravi pericoli provengono da quei testi che sostengono il politeismo e descrivono con compiacimento storie di adulteri e di odi tra fratelli.
Una critica ben precisa viene riservata a oratori e retori che usano il linguaggio per ingannare i loro interlocutori. Scrive Basilio: <<E come mettendoci a cogliere dei fiori dal roseto evitiamo le spine, ugualmente, raccogliendo dai libri dei pagani quanto è utile, dobbiamo guardarci da quel che vi è di nocivo>>. [...].
Basilio non si stanca di invitare i giovani al discernimento, ricordando che non tutto è buono e concorre al bene: sarebbe un grave errore perdere di vista l'autentico scopo della nostra vita e assomigliare a <<navi senza zavorra, privi della guida della ragione al timone dell'anima, trascinati a caso qua e là nel corso della vita>>. Basilio si serve di un paragone assai significativo: il cristiano è come un atleta che non può distrarsi e non deve trascurare di allenarsi con impegno e costanza. Chi segue Gesù partecipa a una gara che prevede un premio di inestimabile valore - la vita eterna -, per ottere il quale è necessario operare scelte nette e inequivocabili. Il cristiano non deve essere schiavo del corpo e dei suoi istinti: la mollezza dei costumi è nemica della sobrietà evangelica e conduce alla perdizione. Si tratta - insiste Basilio - di sottrarsi alla tirannia delle passioni e di non assecondare i piaceri carnali. Il vero credente deve essere libero, non può lasciarsi dominare dalle voglie del corpo ed è necessario che si prenda cura dell'anima, come ha insegnato Platone. E' inoltre necessario che si tenga lontano dalle ricchezze e dalla sensualità, rifiutando di seguire le mode e gli atteggiamenti maggiormente diffusi. Non v'è dubbio - conclude Basilio - che il coronamento di tutti i buoni insegnamenti sia rappresentato dalla Sacria Scrittura, nella quale troviamo la pienezza della sapienza: le parole e gli esempi degli antichi possono comunque contribuire al miglioramento della mente e del cuore dei cristiani.
[...], una notevole importanza viene attribuita da Basilio agli esempi concreti offerti da uomini virtuosi dell'antichità: ecco dunque che il Santo Vescovo cita, fra gli altri, Pericle, Socrate e Alessandro Magno, personalità che, almeno in alcuni frangenti della loro esistenza, hanno praticato la virtù.
ALESSANDRO (castità)
"... dopo aver fatto prigioniere le figlie di Dario, pur famose per la loro straordinaria bellezza, non si degnò neppure di vederle, poichè giudicava vergognoso che chi aveva vinto degli uomini si lasciasse vincere da donne...".
ESIODO (esortazione alle virtù)
"Ottimo è colui che da se stesso vede ciò di cui ha bisogno; buono chi segue ciò che gli viene mostrato da altri; ma chi non è capace né dell'una né dell'altra cosa, è del tutto inetto".
PERICLE (tolleranza e pazienza)
"Un individuo della piazza insultava Pericle, senza che questi gli desse importanza; e così per tutto il giorno continuarono l'uno a ricoprirlo di insulti senza tregua, l'altro a non farci caso. Scesa ormai la sera e fattosi buio, quando quello si decise a malincuore ad andarsene, Pericle lo fece accompagnare con una torcia per non sprecare neanche quell'occasione di esercitare la virtù".
SOCRATE (porgere l'altra guancia)
"Un tizio, avventatosi contro Socrate, il figlio di Sofronisco, prese a colpirlo senza risparmio in pieno viso. Socrate non oppose resistenza, ma lasciò che il forsennato sfogasse tutta la sua rabbia, al punto che il viso gli diventò tutto gonfio dai pugni. Quando poi quello smise di picchiarlo, si dice che Socrate non fece altro che scriversi sulla fronte: "Opera del tale", proprio come uno scultore firma la sua statua. E questa fu la sua vendetta".
DIOGENE (disprezzo delle cose mondane)
"Aver poi eccessiva cura dei propri capelli e dell'abbigliamento è, come diceva Diogene, o da infelici o da delinquenti. E dico che dei ragazzi come voi dovrebbero ritenere vergognoso essere ed avere la nomea di bellimbusti esattamente come prostituirsi o insidiare le nozze altrui".
L'attualità della lezione contenuta nel <Discorso ai giovani> appare del tutto evidente: è opportuno che il cristiano si confronti in modo critico con la cultura del proprio tempo, accettando quanto di positivo essa comprende; ma egli ha il preciso dovere di rifiutare le idee nocive e i cattivi maestri che sono dannosi per l'anima come le malattie lo sono per il corpo.
Da: "il Timone", n. 141
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